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Un argine ai criteri su misura  

di PAOLO CIRASA E CHIARA DI MARIA – Italia Oggi Sette – Lunedì, 22 Ottobre 2018

In tema di concorsi pubblici, la commissione di valutazione degli elaborati ovvero delle qualità di un candidato deve predeterminare nella prima riunione i criteri di valutazione ai quali si atterrà nello scrutinio delle prove e ciò deve avvenire prima che siano conosciute le generalità dei concorrenti, onde scongiurare il rischio che la confezione dei criteri predetti avvenga su misura, in modo da poter favorire taluno dei competitors. Così si è pronunciato il Tar Roma con la sentenza n. 9714 del 3 ottobre 2018. Nel caso portato all’ attenzione del collegio, un candidato impugnava gli atti afferenti a una procedura concorsuale indetta dall’ agenzia spaziale italiana per la copertura di un posto a tempo indeterminato nel profilo di tecnologo, lamentando la violazione dell’ art. 12 del dpr n. 487/1994 che impone alle commissioni esaminatrici di stabilire i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali nella prima riunione utile.

Sosteneva, infatti, il ricorrente che la commissione si sarebbe limitata a stabilire solo dei criteri di valutazione di massima non accompagnati dalla necessaria fissazione dei relativi pesi valutativi, non consentendo di conoscere ex post quanto ciascuna delle enucleate caratteristiche possa aver concorso nella formazione del giudizio finale di ogni candidato. Da ciò discenderebbe l’ illegittimità del conseguente voto numerico attribuito ai candidati, insufficiente ad esplicitare le motivazioni ad esso sottese secondo tutti i criteri o solo alcuni di essi. Chiamato a decidere la controversia, il collegio ha avuto modo di precisare come, ai sensi dell’ art. 12 dpr 9 maggio 1994 n. 487, la predeterminazione di adeguati criteri valutativi assurga ad elemento essenziale nello svolgimento di un concorso pubblico.

Il principio di trasparenza dell’ attività amministrativa, infatti, pone l’ accento sulla necessità che la determinazione e verbalizzazione dei criteri di valutazione avvenga in un momento in cui non possa sorgere il sospetto che questi ultimi possano essere volti a favorire o sfavorire alcuni concorrenti, individuando la fase immediatamente antecedente alla concreta valutazione degli elaborati come l’ ultimo momento utile per la valida individuazione dei criteri guida. Ciò posto, osserva il collegio come la commissione di valutazione si sia solo limitata a predisporre una serie di canoni di massima e generali (quali l’ aderenza dell’ elaborato alla traccia scelta, la chiarezza espositiva et similia) che, non essendo accompagnati dalla necessaria fissazione dei relativi pesi, finiscono con l’ arrestarsi a caratteristiche e qualità degli elaborati piuttosto che a criteri motivazionali. Detta rassegnata mancanza rende illegittimo il procedimento di concorso per violazione dell’ art. 12 del dpr n. 487/1994.

Osserva, inoltre, il collegio come, nel caso di specie, il voto numerico sia comunque insufficiente a motivare le ragioni della valutazione di un elaborato, atteso che il regolamento del personale applicabile alla struttura prevede comunque che la valutazione debba essere effettuata tramite punteggi numerici e giudizi sintetici. Ed infatti, sebbene costituisca ormai diritto vivente il principio della idoneità del voto numerico a sintetizzare il giudizio tecnico discrezionale della commissione sulle prove scritte o orali di un concorso pubblico (o di un esame di abilitazione), contenendo il voto in sé la sua motivazione senza bisogno di ulteriori spiegazioni e chiarimenti, detto principio può trovare applicazione solo ove disposizioni specifiche e settoriali non stabiliscano una diversa regula iuris, sancendo, come nel caso di specie, la necessità che venga allestito, in aggiunta all’ espressione di un voto numerico, anche un giudizio discorsivo quantunque sintetico.

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