06/11/2018 – Ampia discrezionalità alla PA sulle sorti del superamento del periodo di prova del dipendente pubblico

Ampia discrezionalità alla PA sulle sorti del superamento del periodo di prova del dipendente pubblico

di Vincenzo Giannotti – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone
La vicenda
Ad un dirigente assunto per pubblico concorso, presso una pubblica amministrazione, veniva comunicata la risoluzione contrattuale per mancato superamento del periodo di prova prima della scadenza dei sei mesi previsti dal contratto collettivo. Avverso tale provvedimento espulsivo, il dirigente impugnava la risoluzione innanzi al giudice del lavoro che, in primo grado lo ha rigettato. A differenza del primo giudice, la Corte di Appello, adita dal dipendente, ha da un lato non considerato illegittimo il comportamento dell’ente, ma al tempo stesso ha riconosciuto al dirigente una indennità risarcitoria a fronte di un apprezzamento complessivo dell’ente privo di una motivazione sufficientemente specifica ed a tratti contraddittoria rispetto alla realtà di fatto. Pertanto, esclusa la nullità del recesso e la conseguente reintegrazione nel posto di lavoro, la Corte ha affermato che dal non corretto adempimento degli obblighi datoriali di motivazione e apprezzamento della prova derivasse un risarcimento del danno stimato equitativamente in dieci mensilità.
Avverso la citata sentenza ricorre in Cassazione il dirigente sostenendo come nel rapporto di lavoro pubblico la motivazione dell’atto di recesso assurge a elemento essenziale dello stesso, la cui assenza ne determina la nullità per violazione della lex specialis, anche per violazione dell’art. 21-septiesL. n. 241 del 1990, per cui la Corte di Appello avrebbe errato a negare la reintegrazione nel posto di lavoro. Si difende l’ente con ricorso incidentale precisando come vi sia stato errore da parte della Corte di Appello nel momento in cui nella motivazione della sentenza ha preteso che le motivazioni addotte per il recesso dovessero assumere le severe caratteristiche normalmente richieste per un recesso per giusta causa o giustificato motivo.
Le indicazioni dei giudici di legittimità
Secondo i giudici di Piazza Cavour il ricorso incidentale dell’ente è da considerarsi fondato per le seguenti rilevanti motivazioni:
– le assunzioni alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche sono assoggettate all’esito positivo di un periodo di prova, e ciò avviene ex lege (art. 70, comma 13, D.Lgs. n. 165 del 2001) e non per effetto di un patto inserito nel contratto di lavoro dall’autonomia contrattuale, la quale ultima è abilitata esclusivamente alla determinazione della durata del periodo di prova per il tramite della contrattazione collettiva;
– sul periodo di prova è intervenuta in diverse occasioni la Corte Costituzionale precisando come l’obbligo delle parti a consentire e a fare l’esperimento che forma oggetto del patto di prova (art. 2096, comma 2, c.c.), ne ha fatto discendere un primo limite alla discrezionalità dell’imprenditore, nel senso che la legittimità del licenziamento da lui intimato durante il periodo di prova può efficacemente essere contestato dal lavoratore quando risulti che non è stata consentita, per la inadeguatezza della durata dell’esperimento o per altri motivi, quella verifica del suo comportamento e delle sue qualità professionali alle quali il patto di prova è preordinato. E’ stato, in altri termini affermato che la discrezionalità dell’imprenditore si esplica nella valutazione delle capacità e del comportamento professionale del lavoratore, così che il lavoratore stesso il quale ritenga e sappia dimostrare il positivo superamento dell’esperimento nonché l’imputabilità del licenziamento ad un motivo illecito ben può eccepirne e dedurne la nullità in sede giurisdizionale (sentenza 22 dicembre 1980, n. 189). Con successive sentenza la Consulta ha precisato particolari ragioni di tutela del lavoratore quale quella dei soggetti appartenenti a categorie protette, avviati per il collocamento obbligatorio, e quella della donna in gravidanza o puerperio (sentenze n. 255 del 1989 e n. 172 del 1996);
– il giudice di legittimità si è da sempre adeguato alle indicazioni della Consulta, precisando come tali principi sono applicabili anche nell’ambito dei rapporti di lavoro “privatizzati” alle dipendenze di una pubblica amministrazione (ex multis Cass. civ. n. 9296 del 2017Cass. civ. n. 655 del 2015). Inoltre, il recesso del datore di lavoro nel corso del periodo di prova ha natura discrezionale e dispensa dall’onere di provarne la giustificazione diversamente da quel che accade nel licenziamento. D’altra parte, nel periodo di prova vi è la tutela di un interesse comune in quanto diretto ad attuare un esperimento mediante il quale sia il datore di lavoro che il lavoratore possono verificare la reciproca convenienza del contratto, accertando il primo le capacità del lavoratore sia da un punto di vista professionale che comportamentali e quest’ultimo, a sua volta, valutando l’entità della prestazione richiestagli e le condizioni di svolgimento del rapporto. Il giudice di legittimità ha anche chiarito come non è configurabile un esito negativo della prova ed un valido recesso qualora le modalità dell’esperimento non risultino adeguate ad accertare la capacità lavorativa del prestatore in prova, tale situazione si realizza ad esempio in presenza di un periodo esiguo o quando il prestatore espleti mansioni diverse da quelle per le quali era pattuita la prova. Sicuramente invalido è, inoltre, il recesso in presenza del perseguimento di finalità illecite;
– in merito alla richiesta motivazione avanzata dal dipendente, precisa la Cassazione che ferma l’applicabilità anche alla P.A del principio secondo il quale il recesso del datore di lavoro per esito negativo della prova ha natura discrezionale e dispensa dall’onere di provarne la giustificazione, al rapporto di lavoro privatizzato non si estende l’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi previsto dall’art. 3L. 7 agosto 1990, n. 241, trattandosi di atto gestionale del rapporto di lavoro adottato con le capacità e i poteri del privato datore di lavoro (Cass. civ. n. 16224 del 2013). Inoltre, anche nel caso in cui i contratti collettivi prevedano un obbligo di motivazione, resta sempre devoluta al giudice ordinario la verificabilità giudiziale della coerenza delle ragioni del recesso rispetto, da un lato, alla finalità della prova e, dall’altro, all’effettivo andamento della prova stessa, ma senza che resti escluso il potere di valutazione discrezionale dell’amministrazione datrice di lavoro, non potendo omologarsi la giustificazione del recesso per mancato superamento della prova a quella della giustificazione del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo.
Conclusioni
Nell’accoglimento del ricorso incidentale dell’ente, con conseguente rinvio della trattazione della causa alla Corte territoriale in diversa composizione, la Suprema Corte emana il seguente principio di diritto cui i giudici di appello avranno l’obbligo di conformarsi:
“Il lavoratore, anche ove dipendente di una pubblica amministrazione, che impugni il recesso motivato dal mancato superamento della prova deve allegare e provare o che le modalità dell’esperimento non risultassero adeguate ad accertare la sua capacità lavorativa oppure il positivo esperimento della prova ovvero la sussistenza di un motivo illecito o estraneo all’esperimento stesso, restando escluso che l’obbligo di motivazione possa far gravare l’onere della prova sul datore di lavoro e che il potere di valutazione discrezionale dell’amministrazione possa essere oggetto di un sindacato che omologhi la giustificazione del recesso per mancato superamento della prova alla giustificazione del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo”.

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