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Per i fondi decentrati tetto da calcolare in base alla somma «regolare» del 2016

di Giovanni G.A. Dato

Un ente locale, dopo aver premesso che nel 2016, nel rispetto del comma 236 della legge 208/2015, è stato costituito un fondo per la contrattazione decentrata, composto di una parte stabile e di una variabile, ha avanzato una richiesta di parere per conoscere se, alla luce dell’articolo 23 del Dlgs n. 75/2017, il tetto previsto per il 2017 si deve riferire all’importo del fondo 2016 costituito come da delibera, incrementato della spesa per le indennità di posizione organizzativa e di risultato, oppure, al totale di quanto effettivamente liquidato di competenza dell’anno 2016. La questione è stata affrontata dalla deliberazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Veneto, nella delibera 425/2017.

La ricostruzione normativa 

La delibera evidenzia che la recente disciplina introdotta dall’articolo 23 del Dlgs n. 75/2017 (secondo cui l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche non può superare il corrispondente importo determinato per l’anno 2016) si pone in linea di continuità con la normativa vincolistica precedente (articoli 9, comma 2-bis, del Dl n. 78/2010 e 1, comma 236, della legge n. 208/2015), di contenuto pressoché analogo sia pure nella riconosciuta diversità dei tetti di spesa succedutisi. La sostanziale continuità delle modalità attuative dei provvedimenti vincolistici e la oggettiva sovrapponibilità delle disposizioni in questione fa sì che le problematiche applicative si riproducono in termini sostanzialmente analoghi in costanza del nuovo limite di spesa introdotto nel 2017. Pur in presenza di un mutamento del quadro ordinamentale all’interno del quale si collocano le disposizioni vincolistiche in esame (comunque caratterizzate dalla sostanziale riproduzione della struttura del limite di spesa, eccezion fatta per il diverso riferimento temporale), appare utile richiamare la giurisprudenza contabile secondo cui il legislatore ha voluto porre un limite alla crescita dei fondi della contrattazione integrativa destinati alla generalità dei dipendenti dell’ente pubblico e le sole risorse di alimentazione dei fondi da ritenere non ricomprese nell’ambito applicativo della norma sono quelle destinate a remunerare prestazioni professionali tipiche di soggetti individuati o individuabili.

Inoltre, va ricordato che sui vincoli al trattamento economico accessorio posti dall’articolo 9, comma 2-bis, del Dl n. 78/2010, la giurisprudenza ha ritenuto, dapprima, che la possibilità di integrare le risorse finanziarie variabili destinate alla contrattazione decentrata integrativa in deroga al tetto di spesa è subordinata al conseguimento di effettive economie di spesa risultanti dai processi di attuazione dei Piani triennali di razionalizzazione e riqualificazione della spesa quale effetto di specifiche iniziative volte al raggiungimento di puntuali obiettivi di incremento della produttività individuale da realizzare mediante il diretto coinvolgimento delle unità lavorative in mansioni suppletive rispetto agli ordinari carichi di lavoro; successivamente, ha affermato che le risorse del bilancio che i Comuni di minore dimensione demografica destinano, ai sensi dell’articolo 11 del Ccnl 31 marzo 1999, al finanziamento del trattamento accessorio degli incaricati di posizioni organizzative in strutture prive di qualifiche dirigenziali, rientrano nell’ambito di applicazione del citato articolo 9, comma 2-bis, del Dl n. 78/2010.

Il parere 

Secondo la delibera, quindi, la regola generale voluta dal legislatore è quella di porre un limite alla crescita dei fondi della contrattazione integrativa destinati alla generalità dei dipendenti, a parte i casi eccezionali nei quali le risorse destinate al trattamento accessorio possano considerarsi “sterilizzate” e affluire al Fondo senza violare i vincoli sopra indicati.

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