05/10/2016 – «Sui dirigenti Renzi fa l’americano. Ma sbaglia»

«Sui dirigenti Renzi fa l’americano. Ma sbaglia»

Intervista a Beato (Nuova Etica Pubblica): «La riforma Madia si ispira al sistema dello spoil system Usa. Che è stato soppresso 130 anni fa»

 
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Il governo Renzi con la riforma Madia per la dirigenza pubblica cerca di imitare il modello Usa dello spoil system all’americana. Il problema è che scimmiottiamo quello che fanno gli altri paesi, e copiamo pure male. Perché negli Stati Uniti solo il 10% dei dirigenti esce con gli scatoloni dagli uffici quando cambia il presidente» spiega a Il Tempo, Giuseppe Beato, dirigente generale in pensione, responsabile editoriale del sito web dell’Associazione Nuova Etica Pubblica.

Ma come così ci fa crollare un mito? 

«Abbiamo fatto una ricerca sulla legislazione federale americana. Dati alla mano emerge che lo spoil system in Usa non esiste più da 130 anni. Da quando cioè la legge Pendleton Act abolì la facoltà dei presidenti di cambiare tutta l’amministrazione al suo ingresso alla Casa Bianca. Per entrare fu introdotto il concorso pubblico e i licenziamenti possibili per motivi disciplinari e per scarso rendimento. Si passo al sistema del merito» .

E i capi che escono con gli scatoloni?

«Vale solo per le corporation private e per i vertici dell’amministrazione. Il presidente può nominare i suoi uomini di fiducia solo nelle più alte cariche e cioè a capo delle agenzie e comunque sempre con un atto di consenso del Senato. Ma si tratta del 10% delle persone. Il restante 90% sta all’interno di una lista che si chiama Senior Executive service».

Sa tanto di ruolo unico che prevede la Madia. 

«Esatto. Ma funziona in maniera differente rispetto a quanto ipotizzato dalla riforma di Renzi. Vi si accede per selezione pubblica e il 70% degli scrutinati per il concorso d’accesso provengono già dalla pubblica amministrazione. Non solo. La garanzia fondamentale è che non si hanno incarichi a tempo determinato. E dall’albo si esce o per motivi disciplinari o per cattive performance».

Con quali criteri si giudica il lavoro dei dirigenti negli Usa?

«Esiste un metodo di valutazione i cui criteri sono stabiliti dalle varie Amministrazioni pubbliche sulla base di criteri generali omogenei dettati da un’agenzia ad hoc che si chiama Office of personnel management (Opm) paragonabile al nostro Dipartimento della funzione pubblica. L’Opm può approvare o meno i criteri predisposti dalle Agenzie: se queste ultime non sono in linea, i premi di rendimento dei loro dirigenti sono inferiori a quelli pagati dalle agenzie che rispettano i criteri dettati dall’Opm. Un altra agenzia “strategica”, il Government accountability office (Gao), controlla per conto del Congresso Usa la correttezza e l’affidabilità dei sistemi di valutazione dei dirigenti. Il sistema funziona Il dirigente pubblico ha la stabilità del posto salvo che dia performance inadeguata».

Insomma Renzi vuole fare l’americano con i dirigenti? 

«La sua riforma introduce un elemento che indebolisce la burocrazia grazie alla previsione dell’incarico a tempo determinato che è sconosciuto non solo negli Usa ma anche in Francia e in Inghilterra. Solo una dirigenza di carriera assicura l’imparzialità. Non è un caso che negli Usa i posti più sensibili dal punto di vista della neutralità e dell’integrità come quelli che riguardano appalti, concessioni e autorizzazioni sono riservati ai dirigenti di carriera. In Italia è l’opposto: la politica chiama il dirigente di sua fiducia e lo mette nei posti nevralgici»

Il suo giudizio sulla legge Madia? 

«Rischia di aumentare il livello di corruzione nella Pa. Si mette sotto ricatto la dirigenza che essendo a tempo non si metterà mai di traverso nei confronti della politica».

Filippo Caleri

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