ALTI DIRIGENTI STATALI PRONTI ALLA GUERRA CONTRO PREMIER E MINISTRO MADIA
DI PAOLO PADOIN – LUNEDÌ, 03 OTTOBRE 2016
Dopo il preavviso dato a Renzi dai magistrati e dall’Anm, anche i 30.000 dirigenti statali, toccati e sacrificati dalla riforma Madia, partono in guerra lancia in resta contro ministro, premier e governo. Minacciano azioni forti e giovedì scorso si sono riuniti per decidere la protesta. Sono pronti a scendere in piazza, magari con un singolare e inedito flash mob davanti a Palazzo Chigi o con altri strumenti più «sottili» di protesta (dei quali ancora non parlano).
Il fatto nuovo è che le norme contestate stanno producendo una coesione di interessi che fa presagire la nascita di un’unica federazione dei vari sindacati che, finora, hanno rappresentato singolarmente le istanze dei direttori nelle contrattazioni per i rinnovi salariali. Alla riunione romana convocata dal comitato nazionale dei dirigenti pubblici per la difesa dell’articolo 97 e 98 della Costituzione, nato per contestare la riforma Madia, hanno infatti partecipato anche iscritti a sigle di organizzazioni di lavoratori del ministero degli esteri, della sanità, della funzione pubblica e dell’economia. Insieme vogliono mettere in campo azioni di contrasto alle nuove regole che, a loro avviso, depauperano e precarizzano un’intera classe di manager pubblici.
Il 7 ottobre il comitato sarà in audizione davanti alla Commissione Affari costituzionali della Camera, la prossima settimana avranno la data dell’audizione davanti alla omologa del Senato e il 10 ottobre, dopo forti insistenze, come detto, avranno un colloquio anche con la ministra Madia, la più rigida oppositrice a qualunque modifica della riforma che porta il suo nome.
I manager dello Stato temono che le riorganizzazioni che saranno avviate producano una decimazione dei posti disponibili, lasciando senza incarico decine di dirigenti che sulla base delle nuove regole vedrebbero decurtato severamente il loro stipendio. La grana creata dalla contestazione al decreto che cambia lo status dei direttori potrebbe arrivare fino al premier. Sotto le sue finestre a Palazzo Chigi potrebbe trovarsi un presidio di superdirigenti per una protesta spontanea sullo stile di quelle organizzate con i social dai movimenti studenteschi. Nella sua casella postale, poi, Renzi potrebbe trovare anche una diffida per comportamento antisindacale. A sentire gli interessati infatti la riforma lederebbe il principio dell’autonomia contrattuale.
Il rapporto che regola il trattamento dei dipendenti della Pubblica amministrazione è stato infatti privatizzato e tutta la disciplina della dirigenza è diventata oggetto di contrattazione negoziale tra funzione pubblica e sindacati. I risparmi ipotizzati con la riscrittura delle regole sarebbero già stati ipotecati nella nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza. Che di risorse a disposizione sembra averne veramente poche. Così nell’era di Renzi si assisterà a un inedito spettacolo. Potrebbero scendere in piazza quasi contemporaneamente o in rapida successione una maggioranza silenziosa di alti burocrati che, visto le posizioni che occupano, non mancheranno di fare molto rumore e la più battagliera categoria dei magistrati, che hanno addirittura ipotizzato uno sciopero. Dunque un autunno pieno di gatte da pelare per il premier, in attesa dell’esito del referendum.
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