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RIFORMA MADIA

Il Servizio Bilancio del Senato sulla riforma della dirigenza: i dubbi sui reali costi

L’impatto dello schema di decreto sulla riforma della dirigenza PA sulla finanza pubblica

Il Servizio Bilancio del Senato, nel suo dossier in merito alla riforma della dirigenza pubblica, con particolare riferimento alle previsioni di cui all’art. 10, relative all’abolizione della figura del Segretario comunale, rileva quanto segue:

“Sui commi 1-3, dal momento che ivi si provvede ad abolire la figura dei Segretari comunali e provinciali di fascia A e B, facendoli transitare quali dirigenti nelle amministrazioni locali presso cui prestano attualmente servizio, nei limiti delle relative disponibilità organiche (comma 2), disponendone la contestuale iscrizione nel relativo Ruolo unico, andrebbe in primis chiarito se tale determinazione comporti – anche solo medio tempore – il sostenimento di nuovi e/o maggiori oneri per gli enti interessati, atteso che l’inquadramento del citato personale nel profilo organico dirigenziale degli enti locali, determinerebbe un differente trattamento economico stabilito ai sensi dalla contrattazione collettiva vigente, rispetto a quello ordinariamente spettante ai Segretari, per cui potrebbero presentarsi differenze retributive. Si evidenzia peraltro il carattere evidentemente associabile a componente obbligatoria della spesa degli enti, e considerato anche che l’ultimo periodo del comma 1 fa espressamente salva la durata degli incarichi in essere per i Segretari – ed il relativo trattamento economico in essere – sino alla loro naturale scadenza. In merito al comma 4, andrebbe valutato se l’automaticità della decadenza del dirigente-ex segretario, trascorsi quattro anni dalla iscrizione del relativo ruolo unico senza aver assolto ad un incarico dirigenziale, possa innescare contenziosi da cui potrebbero derivare maggiori oneri per l’Amministrazione. Sul comma 5, relativamente alla possibilità di procedere all’inquadramento nel ruolo dirigenziale da parte degli enti locali, anche dei Segretari comunali e provinciali di fascia C, previo esperimento di un progetto formativo ad hoc almeno di durata biennale, andrebbe chiarito come l’assegnazione dei segretari agli enti possa avvenire solo “nell’ambito delle risorse disponibili” ma anche in “soprannumero”. L’inquadramento in soprannumero infatti di per sé configurerebbe il sostenimento per le amministrazioni di un nuovo e maggiore onere rispetto alla legislazione vigente, per cui andrebbe a rigore individuata un’idonea copertura finanziaria. In proposito, si rammenta che l’articolo 6, comma 1, del T.U.P.I. pone l’espresso divieto per le pubbliche amministrazioni alla creazione di situazioni di soprannumerarietà, ancorché temporanee, allorché si sia in presenza anche di “vacanze” di organico. Un ulteriore profilo di interesse, sempre attinente alla norma iscritta al comma 5, quarto periodo – per cui si prevede che, nel caso il numero dei progetti dovesse risultare inferiore rispetto al numero dei Segretari di fascia C interessati all’accesso alla dirigenza, la Commissione sia tenuta all’assegnazione di questi ultimi alle “amministrazioni statali”- è da individuarsi nel fatto che non è chiaro se all’esito di tale assegnazione e del relativo “esperimento” biennale, si debba poi procedere all’inquadramento dei Segretari di fascia C, nel ruolo unificato della dirigenza statale, ovvero, sempre in quella della dirigenza locale come sembrerebbe dal tenore della norma. Con riferimento al comma 6, in cui si stabilisce che gli enti locali al momento privi di un direttore generale nominato ai sensi dell’articolo 108 del T.U.E.L., procedano al conferimento di un incarico di dirigenza “apicale” ai soggetti indicati al commi 1 e 5 33 (Segretari di fascia A, B o C) “senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”, andrebbe chiarito come tale nomina possa avvenire senza nuovi o maggiori oneri. Sembrerebbe più appropriato fare riferimento alle risorse finanziarie già disponibili a legislazione vigente.

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