14/03/2016 – Da Sanremo a Varazze; il principio di separazione appare sempre più fasullo

Da Sanremo a Varazze; il principio di separazione appare sempre più fasullo

 

Mentre scoppia (ma sembra si tratti di un “minicicciolo”) il caso Varazze, stamattina La7 ha mandato in onda il diario settimanale di un suo talk show. Inutile dire che era incentrato sulla storia dei c.d. “furbetti del cartellino” di Sanremo. Per l’ennesima volta abbiamo così rivisto le immagini del signore che timbrava in mutande.

Il caso di Varazze (evidentemente scatta una sorta di emulazione), a dire il vero, sa di buco nell’acqua. Mesi di appostamenti, pedinamenti e telecamere nascoste per monitorare tutti i dipendenti del Comune ed alla fine il p.m. (secondo quanto riferisce il corriere) “ha archiviato le loro posizioni “per tenuità del fatto” (andavano a prendere il classico caffè al bar). Solo in tre sarebbero rimasti impigliati nelle rete a strascico… dei quali uno nel frattempo è andato “in pensione quindi potrà coltivarsi l’orto con tutto agio”. Tutto l’immaginabile dispiego di forze e di tecnologia, sempre secondo quanto riferisce il Corriere, sarebbe stata messa in atto per accertare comportamenti anomali che sarebbero costati “al contribuente secondo i calcoli dei carabinieri 700 euro”. Spero che manchi qualche zero a questa cifra irrisoria perché credo; temo; è facile ipotizzare che indagini di quel tipo ed i conseguenti processi sono costati e costeranno alla collettività molto ma molto di più. E, se è vero che – come enfatizza sempre il Corrierone – “è il principio che conta”, è anche vero che esiste un principio di proporzionalità . Se investo 100 per ricavare 10, non ho fatto un’operazione ragionevolmente in perdita ma un’operazione del tutto fallimentare… C’è poco da fare.

In ogni caso, il Corriere fa una insinuazione estremamente pericolosa: “Resta – come per Sanremo – l’interrogativo sul personale dei piccoli Comuni forse eccessivo se ha tanto tempo da dedicare alle proprie personali attività.”…. Intanto mi pare sorprendente apprendere che Sanremo, con oltre 55.000 abitanti, sia ormai considerato un piccolo comune. Sarebbe poi il caso di rilevare come i personaggi maggiormente coinvolti in quest’ultima vicenda di Varazze sono “due operai e un giardiniere”, ossia personale che opera (dovrebbe operare) all’esterno della struttura comunale.

In tanti comuni, i responsabili dei servizi, oberati ormai da tantissimi adempimenti formali e documentali (elaborazione di assurdi piani/programmi di obiettivi e performance; sulla trasparenza; inutili mappature di procedimenti; questionari vari; statistiche, crono programmi e briefing per verificare e mettere a punto tutta quella montagna di carte e files), hanno ormai pochissimo tempo da dedicare alla verifica di quello che realmente fanno i loro dipendenti. Così, mentre ci si distrae, correndo dietro a mille adempimenti formali, inutili quanto obbligatori, quel poco di prevenzione effettiva e reale che potrebbe esercitarsi va a farsi benedire. Siamo, temo, cioè davanti ad una clamorosa eterogenesi dei fini. Più ci impegnano in adempimenti cartolari e formali e più cresce il rischio di comportamenti anomali e di inefficienze. Non vi pare? Non andrebbe denunciato questo evidente paradosso? Non dovremmo prendere spunto da questi fatti per fare noi ricostruzioni di quel che vediamo anziché consentire al Corriere di sparare, all’opinione pubblica sempre più frastornata, la balla che Sanremo sia un “piccolo comune”?

Torniamo alla città dei fiori della riviera di ponente.

Il programma televisivo di stamattina dava ampio risalto al ruolo del Sindaco, chiamato a fronteggiare l’emergenza creatasi a seguito della sospensione e/o del licenziamento di decine di dipendenti. Così Alberto Banchieri è stato intervistato ed incalzato con ripetute domande su quanto avvenuto e quanto sta avvenendo.

Nessuna menzione del segretario che pure si sta prodigando in queste settimane in un durissimo superlavoro.

Ecco il punto: la gente, la stampa, la pubblica opinione non conosce per nulla il “principio di separazione”.

Se quel principio fosse vero, ossia: se fosse socialmente riconosciuto ed accettato, gli autori del servizio giornalistico non sarebbe andati ad interpellare il Sindaco; non gli avrebbero chiesto insistentemente conto di cosa va e di cosa non va nella controversa vicenda di quel comune. Sarebbero andati a bussare all’uscio del segretario comunale o, diversamente, a quello del responsabile dell’ufficio disciplinare.

Nulla di ciò…. Le istituzioni vivono nella società… non nei testi di legge o nei principi astrattamente elaborati dalla sezione tale o tale altra di questo o quell’altro giudice…. Questa è accademia. Le istituzioni si muovono e vivono nella Storia e quindi nella società….

Il principio di separazione va rivisto… Come tutti i principi fasulli, esso genera mostri e quindi conseguenze paradossali.

Quasi tutte le nuove competenze imposte dalla più recente evoluzione dell’ordinamento: trasparenza; anticorruzione; pari opportunità; programmazioni e performance; benessere organizzativo e responsabilità in materia di sicurezza sul lavoro; controlli interni… vede la classe politica ormai estranea ed esente da responsabilità dirette e quindi indifferente se non ostile rispetto ad adempimenti ed oneri che, vedendola estranea, essa non vuole curare e che guarda anche con sospetto. Chi di voi non si è sentito dire: “segretà non perdere tempo appresso a queste cose”?

Cantone (o meglio chi glielo ha segnalato) si è reso conto dello iato crescente che si è determinato tra l’anticorruzione e la classe politica locale e si è inventato la storia del “coinvolgimento” del Consiglio comunale, nella forma rabberciata prevista nella determinazione 12/2015….

Non è quella la soluzione. Quella è una pezza che ha finito solo per evidenziare ancora di più il buco che esiste e che si va sempre più allargando. Non so in quanti comuni la materia ha veramente interessato e seriamente (non strumentalmente) coinvolto i consiglieri. Se il passaggio in consiglio è servito a qualche ora di permesso in più; a fare passerella o, peggio, a creare le condizioni per poter impallinare meglio chi “fa”, allora siamo di fronte all’ennesimo fallimento. Se vi è stato addirittura totale disinteresse, come pure è spesso accaduto,  la risposta è stata per lo meno sincera.

Cerchiamo di riflettere su questi temi. Su di essi si gioca la nostra credibilità e quella del nostro lavoro. Iniziamo a far sentire la nostra voce… Non lasciamo che siano sempre e solo gli altri a parlare di noi…. Specie se lo fa il Corriere come oggi sul caso Varazze.

 

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