05/03/2016 – Tempi più duri per corrotti e corruttori?

Tempi più duri per corrotti e corruttori?

 
04.03.16
Alberto Vannucci
 
 

Nei suoi primi due anni il governo Renzi ha rafforzato i poteri dell’Autorità anticorruzione e ne ha affidata la guida al magistrato Raffaele Cantone. Ha poi inasprito le pene per corrotti e corruttori, anche dal punto di vista economico. Varie le occasioni mancate e le lacune da colmare.

La lotta alla corruzione è stato uno dei cavalli di battaglia del governo Renzi fin dalle sue prime fasi. Si è trattato di una risposta pressoché obbligata e a tratti emergenziale alla lunga teoria di inchieste giudiziarie e scandali (tra cui Mose, Expo, Mafia capitale) che negli ultimi due anni hanno investito il sistema politico-amministrativo italiano, I provvedimenti anticorruzione fin qui approvati con un piglio “rottamatore”, tentando di proiettare un’immagine di cesura rispetto al passato, si possono ricondurre a tre filoni distinti. Sotto il profilo della prevenzione e della vigilanza nel settore dei contratti pubblici è stato progressivamente rafforzato il ruolo dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac). Si è intervenuti anche sul versante repressivo, riformando alcuni articoli del codice relativi a reati contro la pubblica amministrazione. Sono state infine approvate misure che incidono in aree contigue, potenzialmente utili a rafforzare gli strumenti disponibili per far emergere o sanzionare tali reati.

L’Autorità guidata da Cantone

La prima carta giocata dal governo Renzi è stata la nomina nel marzo 2014 a presidente dell’Anac del magistrato Raffaele Cantone, il quale gode di una considerevole credibilità pubblica in virtù dei suoi successi nella lotta alla criminalità mafiosa. Ne è seguito il progressivo rafforzamento dell’Autorità, dal giugno 2014 ampliata tramite l’incorporazione dell’ex-Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, con una crescita significativa della sua dotazione di risorse organizzative e professionali. I nuovi poteri dell’Anac le attribuiscono un ruolo attivo di vigilanza e regolazione nel settore sensibile degli appalti, cui si accompagna la facoltà di proporre al prefetto commissariamento di imprese aggiudicatarie di contratti pubblici in situazioni sintomatiche di possibili illeciti. Sono riconoscibili nel provvedimento le “impronte digitali” dello scandalo Expo 2015, che ha spinto verso l’attribuzione al presidente di poteri straordinari di sorveglianza e garanzia nell’organizzazione del grande evento, secondo un modello replicato in successive vicende di corruzione. Ne emerge un accentramento di responsabilità nel coordinamento delle politiche di prevenzione della corruzione e di vigilanza sugli appalti in capo all’Autorità, come previsto anche dal nuovo codice degli appalti. A ciò si accompagna una marcata personalizzazione di tali politiche, con un ruolo di grande visibilità sulla scena pubblica del presidente Cantone, il cui intervento in molteplici ambiti – tra cui da ultimo persino quello degli arbitrati bancari – è stato ripetutamente evocato in sede governativa come garanzia di serietà. Nel febbraio 2016, peraltro, lo stesso Cantone ha segnalato i severi vincoli di bilancio imposti all’Anac, che mettono a repentaglio un efficace esercizio delle sue crescenti responsabilità.

La legge anticorruzione

Sul fronte della repressione penale è andata a incidere la legge anticorruzione approvata nel maggio 2015. A caratterizzarla sono l’innalzamento delle pene detentive previste per tutti i reati di corruzione, con l’obbligo di restituzione delle somme indebitamente ricevute, l’introduzione di meccanismi premiali per chi collabora con la giustizia, l’obbligo di pagamento del prezzo o profitto del reato per essere ammessi al patteggiamento. La maggiore severità delle sanzioni si accompagna a un contenuto innalzamento dei tempi di prescrizione, per legge agganciati alla pena massima prevista. Non è stato tuttavia riformato il meccanismo di calcolo dei tempi di prescrizione, ritenuto dagli osservatori internazionali principale lacuna dell’ordinamento e fonte delle alte aspettative di impunità, in quanto oggetto di un distinto disegno di legge ad oggi bloccato in Parlamento. Ugualmente stralciate in provvedimenti ad hoc – ad alto rischio di fallimento nell’iter parlamentare – o ignorate sono altre possibili misure raccomandate dagli esperti: tutela in caso di segnalazione degli illeciti, conflitti di interesse, introduzione degli agenti sotto copertura, non punibilità dei collaboratori di giustizia, semplificazione delle molteplici fattispecie penali, revisione dei reati di traffico di influenze e corruzione privata, introdotti nel 2012 e rivelatisi inefficaci.

Falso in bilancio: reato sentinella

La legge anticorruzione ha rivisto e reintrodotto pene detentive per il reato sentinella di falso in bilancio –nelle cui indagini i magistrati talvolta si imbattono in fondi neri impiegati per il versamento di tangenti. Sentenze contraddittorie della Corte di cassazione hanno però evidenziato il rischio che l’ambiguità di una non esplicita menzione delle “valutazioni” come oggetto di falsità materiale possa addirittura estendere i margini di impunità. L’introduzione nel dicembre 2014 del reato di autoriciclaggio ha colmato una lacuna dell’ordinamento italiano, segnalata in più occasioni in quanto propiziatrice di svariate forme di criminalità politica ed economica. D’atro canto, segnali di una maggiore tolleranza nei confronti di alcune forme di illecito propedeutiche anche alla corruzione – come l’innalzamento a 3 mila euro della soglia per i pagamenti in contanti o la riduzione delle sanzioni per gli evasori fiscali, previsti dalla legge di Stabilità 2016 – mostrano l’ambiguità dello sforzo riformatore, a conferma della difficile missione assegnata all’Autorità anticorruzione.

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