01/04/2016 – Doppia condanna per il dipendente pubblico che usa il computer dell’ufficio per scopi personali

Doppia condanna per il dipendente pubblico che usa il computer dell’ufficio per scopi personali

di Francesco Clemente

 

 

Il dipendente pubblico che modifica il software del computer della Pubblica amministrazione per usare internet a scopi personali risponde sia del danno patrimoniale per retribuzione ingiustificata sia del danno da disservizio poiché mette in pericolo il sistema informatico dell’ente e lo costringe a bloccare l’attività pubblica per ripristinare la postazione con aggravio di tempo e costi.

La decisione

La Corte dei conti, nella sentenza 22/2016 della sezione giurisdizionale per la Liguria, ha condannato così un dipendente del ministero del Lavoro a risarcimento di 4.353 euro tra danni patrimoniali e da disservizio per aver «abusivamente installato, sul Pc in uso per ragioni di ufficio, un sistema operativo estraneo, al fine di navigare in internet per motivi personali con l’intenzione di eludere i controlli». 

Il comportamento contestato

Secondo gli accertamenti della Procura contabile, l’impiegato aveva utilizzato una chiavetta usb con il sistema operativo Linux per accedere a Facebook, siti porno e altri non rilevanti per ragioni d’ufficio, su un periodo di sei mesi e per un totale di 132 ore e 14 minuti. Per le stesse ragioni era stato già condannato in sede penale per peculato con la pena di quattro mesi di reclusione e l’interdizione per cinque anni dagli uffici pubblici (poi sospesa con non menzione), ma assolto dal reato di accesso abusivo a sistema informatico. L’impiegato ha ammesso i fatti, ma ha chiesto la sospensione prima di una sentenza irrevocabile nel procedimento penale. Nel merito, ha sostenuto che il danno patrimoniale non fosse quantificabile, poiché per poter utilizzare il sistema operativo ufficiale dell’ente non era necessario riavviare l’altro sistema in quanto da quest’ultimo era comunque possibile svolgere le attività di servizio. Inoltre, ha contestato il danno da disservizio poiché il tempo necessario al ripristino avrebbe potuto compensarlo con altre mansioni. 

Lo «spreco»

Il collegio ha respinto la domanda di sospensione ribadendo che il Codice di procedura penale ha superato il principio della pregiudizialità del giudizio penale e precisando che in questo caso non ci sono esigenze istruttorie che possano giustificare la sospensione facoltativa del processo considerata la documentazione raccolta dalla Procura. I giudici, quindi, dati i rilievi della Polizia postale che hanno accertato l’«uso esclusivo dell’apparecchiatura» per fini personali con Linux, hanno stabilito che il dipendente pubblico «ha provocato un evidente spreco di energie lavorative che dovevano obbligatoriamente essere investite a favore della Pa» poiché «l’erogazione della retribuzione presuppone l’esclusiva destinazione dell’orario di lavoro al servizio dell’amministrazione di appartenenza». 

Fatti che in questi casi, come è stato sottolineato nella sentenza, compromettono l’efficienza e il buon andamento della Pubblica amministrazione, provocando anche un danno da disservizio. Nel caso in esame, secondo il collegio, l’ente ha dovuto sospendere per due giorni la postazione lavorativa, sostituire il computer utilizzato dal dipendente e configurarne un altro con «aggravio di tempo, di costi e di risorse per l’Amministrazione». 

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