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Affidamento diretto del servizio di riscossione coattiva all’Agenzia delle Entrate-Riscossione
di Cristina Montanari – Responsabile dell’Area Finanziaria-Tributi del Comune di Serramazzoni e Vicesegretario Comunale
 
Con la sentenza 30 giugno 2020, n. 4135, il Consiglio di Stato-sez. V, conferma l’esito del giudizio di primo grado (TAR Campania, sez. II, sentenza n. 4002/2019), che aveva visto soccombente una società privata di riscossione la quale aveva impugnato l’affidamento diretto del servizio di riscossione coattiva all’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ADER) disposto da un comune.
La deliberazione consiliare impugnata (con cui è stato statuito di affidare in via diretta all’Agenzia delle Entrate-Riscossione il servizio di riscossione coattiva del ruolo TARI 2016), si è basata sul combinato disposto degli artt. 1, comma 3, e 2, comma 2, D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito con modificazioni dalla L. 1° dicembre 2016, n. 225, ai sensi del quale – con decorrenza dal 1° luglio 2017 – le amministrazioni locali potevano deliberare di affidare all’ADER, in alternativa alle modalità ordinarie di gestione, le attività di riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate tributarie o patrimoniali proprie; in forza della richiamata normativa, dunque, a decorrere dal 1° luglio 2017, i Comuni che intendono continuare ad utilizzare come strumento di riscossione coattiva anche il ruolo, dovranno procedere all’approvazione di apposita delibera da adottare ai sensi dell’art. 52D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 e, pertanto, di competenza consiliare (non essendo previsto un termine entro il quale deliberare, fintato che non sarà approvata la suddetta delibera sarà precluso all’ente l’utilizzo del ruolo, residuando quello dell’ingiunzione di pagamento).
Tra i motivi di ricorso in appello, parte ricorrente lamenta il contrasto dell’art. 2D.L. n. 193/2016 (su cui si basa l’affidamento) con i principi comunitari di tutela della concorrenza, nonché l’incostituzionalità della predetta disposizione normativa per asserita lesione dei principi di eguaglianza e di libera iniziativa economica, ovvero ancora delle prerogative organizzative e gestionali delle autonomie locali: secondo l’appellante, il meccanismo della c.d. “supremazia” dell’affidamento diretto si porrebbe in aperta elusione dell’art. 106 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), a mente del quale “Gli Stati membri non emanano né mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme dei trattati, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 18 e da 101 a 109 inclusi. Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi dell’Unione.“, giacché i principi della concorrenza e della libera iniziativa economica sarebbero irrimediabilmente compromessi, “laddove il mercato dei servizi di accertamento e riscossione venisse distorto da affidamenti diretti”.
I giudici di Palazzo Spada confermano, come detto, la sentenza resa dal TAR, evidenziando in proposito che:
– né nelle disposizioni del TFUE, né nel testo delle direttive di cui ai nr. 23, 24 e 25 del 2014, è rinvenibile un indicatore di preferenza in favore del ricorso all’affidamento del servizio in argomento ad operatori privati, ovvero in favore di un modello gestionale dei servizi pubblici esternalizzato: la scelta è, infatti, rimessa alle strategie organizzative dell’ente pubblico titolare del servizio, che può liberamente optare per la gestione diretta dello stesso (“in economia” o tramite il ricorso all'”in house providing“), ovvero per il suo affidamento a terzi, secondo le regole della concorrenza di mercato;
– va inoltre escluso il contrasto dell’art. 2D.L. n. 193/2016, con l’art. 43 Cost., in quanto l’affidamento diretto all’ADER del servizio di riscossione risponde, da un lato, a finalità di utilità generale che consentono, in conformità proprio al richiamato articolo della Costituzione, la riserva a favore di enti pubblici di determinate attività economiche che si riferiscono a servizi pubblici essenziali; per altro verso, essendo facoltativo e non obbligatorio, tale affidamento è rimesso all’opzione discrezionale dell’ente locale ed alla sua autonomia gestionale.
In ultima analisi, il Consiglio di Stato respinge l’appello e dispone che le spese seguono la soccombenza.

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