01/07/2020 – Accesso documentale consentito anche per verificare il rispetto del principio di rotazione?

Accesso documentale consentito anche per verificare il rispetto del principio di rotazione?
di Domenico Irollo – Commercialista/revisore contabile/pubblicista
 
Deve essere accolta l’istanza di un operatore economico volta ad ottenere da una Stazione Appaltante pubblica l’esibizione, ai sensi dell’art. 22L. n. 241/1990 e dell’art. 53D.Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici), di tutti gli atti e i provvedimenti preliminari adottati, in un determinato arco temporale, in relazione agli affidamenti diretti e alle procedure negoziate ex art. 36 CCP finalizzati ad approvvigionamenti nel settore di riferimento dello stesso o.e. richiedente, ove detto accesso sia strumentale alla verifica della legittimità dell’operato della S.A. ed alla sua eventuale tutela giurisdizionale in caso di infrazioni al principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti che presiedono alla selezione del contraente privato nel cd. sotto-soglia semplificato. A statuirlo è il TAR Abruzzo con la sentenza n. 162/2020 in commento.
Secondo il G.A. pescarese, difatti, nel caso esaminato ricorrevano tutti presupposti per dare luogo all’accesso documentale e nello specifico:
– legittimazione attiva, in quanto l’operatore economico istante versava in una posizione differenziata rispetto ad un qualunque altro o.e. del mercato, avendo dato prova dello svolgimento a titolo professionale dell’attività relativa agli atti oggetto di “anelito” ostensivo (possesso delle attestazioni di qualificazione SOA per l’esecuzione di opere pubbliche), e perciò in tale veste di o.e. potenzialmente candidato ad un affidamento diretto ovvero idoneo ad essere invitato ad una procedura negoziata, astrattamente legittimato a ricorrere a qualunque forma di tutela, anche prima ed indipendentemente dall’effettivo esercizio di un’azione giudiziale (secondo un interpretazione estensiva del concetto di “difesa in giudizio” di cui al citato art. 53, comma 6, CCP, riferibile a ogni forma di tutela di posizioni giuridiche, sia giudiziale che stragiudiziale), avverso gli affidamenti diretti o le procedura negoziate di cui all’art. 36 CCP che non lo abbiano visto coinvolto. Detta norma, nella versione vigente, stabilisce difatti che si possa procedere ad affidamenti diretti, senza previa consultazione di due o più operatori economici (ma pur sempre nel rispetto del principio di rotazione degli affidamenti e degli altri ivi richiamati, tra cui quelli di cui all’art. 30 dello stesso Codice, ossia di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità), per commesse di importo inferiore a 40mila euro, ovvero ad affidamenti diretti previa valutazione, rispettivamente, di cinque o tre preventivi a seconda che si tratti di cifre comprese tra 40mila euro e sotto i 150.000 euro per i lavori, ovvero fino alle soglie comunitarie per le forniture e i servizi; preventivi da rilasciarsi a cura di operatori economici individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti. Inoltre, i lavori di importo pari o superiore a 150mila euro e inferiore a 350mila euro, nonché quelli di importo pari o superiore a 350mila euro ma inferiore al milione di euro possono essere affidati mediante procedura negoziata previa consultazione, ove esistenti, rispettivamente di almeno dieci o quindici operatori economici, individuati con le stesse modalità e con i medesimi crismi su indicati;
– interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata, poiché trattandosi di soggetto potenzialmente idoneo a partecipare alle procedure “in economia” oggetto di richiesta ostensiva, sarebbe evidente la ricorrenza in capo al medesimo di un interesse – qualificabile nei termini indicati – a verificare, anche a fini risarcitori (per cui il diritto all’accesso difensivo non verrebbe meno a seguito del decorso del termine utile per intraprendere azioni giurisdizionali volte ad esperire la tutela impugnatoria ai fini caducatori, non esaurendo questa lo spettro di forme di difese in giudizio del non aggiudicatario, ben potendo, anche nella stessa sede giurisdizionale amministrativa, azionare l’autonoma e concorrente tutela risarcitoria nel più ampio spatium temporis ivi previsto), che i criteri su menzionati a tutela della concorrenza, della trasparenza e della parità di trattamento siano stati osservati, indipendentemente dalla lesione in concreto da parte della P.A. di una determinata posizione di diritto o interesse legittimo, facente capo alla sua sfera giuridica;
– rapporto di strumentalità tra la richiesta ostensiva e l’interessa fatto valere, trattandosi di documentazione che costituisce mezzo utile per la difesa dell’interesse giuridicamente rilevante.
Le conclusioni cui è giunto il TAR Abruzzo appaiono invero alquanto discutibili, anche alla luce delle coordinate ermeneutiche tracciate di recente dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la fondamentale sentenza n. 10/2020. Con il cennato verdetto, il Supremo Consesso della nomofilachia amministrativa, oltre a dirimere il contrasto esistente in giurisprudenza circa l’applicabilità dell’accesso civico generalizzato agli atti delle procedure di gara – avendo chiarito che la disciplina dei FOIA è applicabile anche agli atti delle procedure di gara, ferma restando la verifica di compatibilità dell’accesso con le eccezioni di cui all’art. 5-bis, commi 1 e 2, D.Lgs. n. 33/2013, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza – ha altresì puntualizzato che perché possa dirsi concreto, attuale e diretto, l’interesse all’accesso del richiedente deve preesistere all’istanza di accesso e non deve, invece, esserne conseguenza; in altri termini, l’esistenza di detto interesse deve essere anteriore all’istanza di accesso documentale che, quindi, non va impiegata e piegata a “costruire” ad hoc, con una finalità esplorativa, le premesse affinché sorga ex post. Diversamente, infatti, l’accesso documentale assolverebbe ad una finalità, espressamente vietata dalla legge, perché preordinata ad un non consentito controllo generalizzato sull’attività, pubblicistica o privatistica, delle pubbliche amministrazioni (art. 24, comma 4, L. n. 241/1990).
Orbene, questa sembra essere proprio la situazione dell’operatore economico che, come nella fattispecie esaminata dal TAR di Pescara, intenda accedere agli atti preliminari di tutte le procedure semplificate sotto-soglia di una S.A. pubblica in un determinato arco temporale, per appurare un’ipotetica violazione del principio di rotazione. Né giova opporre che l’accesso documentale è proprio finalizzato a fornire la prova di questo interesse, come sembra postularsi nella sentenza in esame, perché altro è il bisogno di conoscere per tutelare un interesse collegato ad una situazione violativa già esistente o chiaramente delineatasi, e altro, evidentemente, il desiderio di conoscere per sapere se questa situazione possa crearsi per l’occasione, del tutto eventuale, di una riscontrata inosservanza dei principi di rotazione. E proprio nella distanza che intercorre tra bisogno di conoscenza e desiderio di conoscenza sta del resto il tratto distintivo che, al di là di ulteriori aspetti, connota l’accesso documentale rispetto a quello civico generalizzato, nel quale la conoscenza si atteggia quale diritto fondamentale (c.d. right to know), in sé, che è premessa autonoma e fondamentale per l’esercizio di qualsivoglia altro diritto.
Alla luce di tali premesse, nel caso di specie appare però insussistente un interesse anche solo strumentale, nel senso sopra descritto, alla conoscenza di tali atti in capo all’o.e., che nemmeno sembra aver adombrato nella propria istanza l’esistenza di un qualsivoglia inadempimento della S.A., essendosi limitata ad allegare, nella stessa domanda, almeno così pare dalla lettura della pronuncia de qua, l’intendimento di verificare che gli affidamenti della specie, nel sessennio 2014-2019, non siano avvenuti in spregio ai generali principi di imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità e rotazione.
Una volta chiarito che la posizione sostanziale è la causa e il presupposto dell’accesso documentale e non la sua conseguenza e che la sua esistenza non può quindi essere costruita sulle risultanze, eventuali, dell’accesso documentale, non può dunque che rilevarsi, per contro, che, nel caso di specie, l’istanza di accesso era tesa nella fattispecie all’acquisizione di documenti che non impedivano od ostacolavano il soddisfacimento di una situazione sostanziale, già delineatasi chiaramente, ma era piuttosto volta a invocare circostanze, da verificare tramite l’accesso, che in un modo del tutto eventuale, ipotetico, dubitativo avrebbero potuto condurre all’azionamento di rimedi, anche risarcitori per violazioni nemmeno seriamente delineate, requisito che appare invece necessario per radicare un interesse concreto e attuale.

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