30/04/2020 – Costituzione: inutile tirare in ballo presunte violazioni nell’emergenza Covid-19

Costituzione: inutile tirare in ballo presunte violazioni nell’emergenza Covid-19
 
Dopo una quarantina di giorni dal lock down, qualcuno si sta accorgendo (con discutibile tempestività), che i decreti del Presidente del consiglio dei ministri sarebbero incostituzionali.

La motivazione addotta è: il Presidente del consiglio decide da solo, con atti che sono provvedimenti amministrativi e non passano dal Parlamento, nè sono soggetti alla promulgazione del Capo dello Stato.

Peccato che questo ragionamento sul piano giuridico, quello, cioè, della presunta violazione della Costituzione, non regga minimamente.

Basta, infatti, dare uno sguardo con un minimo di attenzione alla sequenza di decreti legge adottati da quando, con deliberazione del Consiglio dei ministri 31.1.2020, è stato dichiarato lo stato d’emergenza. Non è difficile: la sequenza dei decreti è puntualmente elencata nella parte motivazionale dei vari Dpcm (tra i vari “visto”).

Ora, ciascuno di quei decreti contiene norme finalizzate ad attuare le misure di contenimento, accompagnate da altre norme che individuano le autorità competenti, ciascuno per la propria parte, ad adottarle.

Queste autorità, sono: il Presidente del consiglio dei ministri, il Ministro della sanità, i presidenti delle regioni ed i sindaci.

Perchè, dunque, la Costituzione non è vulnerata? Perchè il Parlamento non è affatto “scavalcato” dall’adozione dei Dpcm e delle ordinanze. Tali ultimi provvedimenti sono adottati, infatti, in applicazione di decreti legge, adottati in via d’urgenza dal Governo (e non pare possa essere messa in discussione la condizione d’urgenza), passati per l’esame del Quirinale e per la successiva conversione in legge da parte del Parlamento.

Quindi, il Parlamento ha fin qui scelto liberamente di far adottare al Governo (e ai presidenti delle regioni ed ai sindaci, in limitata parte) i provvedimenti amministrativi (amministrativi: non legislativi), necessari per attuare le norme.

Il Governo, occorrerebbe ricordare a chi urla per la presunta violazione della Costituzione, questo fa: amministra. Con atti amministrativi. Come i Dpcm.

Il Parlamento, se avesse ritenuto di ingerirsi nella gestione amministrativa e attrarre al potere legislativo l’amministrazione diretta delle misure per gestire l’emergenza, avrebbe potuto emendare, con le leggi di conversione dei decreti che assegnano al Presidente del consiglio (e a presidenti delle regioni e sindaci) le competenze all’adozione dei Dpcm (e delle ordinanze).

Questa scelta non è mai stata adottata. Il Parlamento, quindi, sin qui ha implicitamente ritenuto che il Governo, le regioni ed i comuni hanno legittimamente adottato gli atti amministrativi di propria competenza.

Per altro, non si deve dimenticare quanto dispone l’articolo 16 della Costituzione: “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche“.

Sono stati, sin qui, decreti legge, quindi atti legislativi, rispettosi dell’articolo 16 della Costituzione, a fissare i criteri per stabilire in via generale limitazioni alla libertà di soggiorno e circolazione, per motivi di sanità, demandando alle autorità amministrative l’adozione dei provvedimenti attuativi necessari, tutti, per altro, debitamente adottati con la precisazione di specifiche scadenze di durata. E nessuno caratterizzato da “ragioni politiche”.

Che, poi, la reiterazione dei provvedimenti determini conseguenze negative sull’economia e sui rapporti sociali, è sotto gli occhi di tutti. Ma, queste sono questioni di opportunità e di merito tecnico, per altro fortemente condizionate dall’emergenza sanitaria e, dunque, da valutazioni imprescindibilmente scientifiche. La violazione della Costituzione non c’entra: è tutt’altra cosa. Si sarebbe avuta se il Presidente del consiglio oppure presidenti delle regioni e sindaci avessero “avocato” a sè “pieni poteri”, al di fuori del (complicato) quadro descritto dalle norme.

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