tratto da quotidianogiuridico.it
Conversione “Cura Italia”: le novità in tema di malattia, ammortizzatori sociali, licenziamenti
giovedì 30 aprile 2020
di Bossotto Livio – Counsel Studio Legale Allen & Overy

Chiarella Claudio – Associate presso Studio Legale Allen & Overy

 
Breve sintesi delle principali innovazioni apportate dalla Legge 24 aprile 2020 n. 27 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 29 aprile 2020, n. 110 S.O.) che ha convertito il D.L. Cura Italia con riguardo alle più importanti questioni, sotto il profilo giuslavoristico e della protezione dei dati personali.
 
 
Dopo poco più di un mese dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il Decreto Legge 17 Marzo 2020 n. 18 (c.d. “Cura Italia”) è stato convertito nella legge n. 27 del 24 aprile 2020 (la “Legge di Conversione”). Sotto un profilo giuslavoristico, tale Decreto ha introdotto una serie di misure a sostegno dei datori di lavoro, lavoratori nonché liberi professionisti, a seguito dei vari provvedimenti emergenziali adottati dal Governo italiano, a partire dalla fine dello scorso febbraio, per contrastare il diffondersi dell’epidemia del Covid-19.
La Legge di Conversione ha disposto alcune modifiche, non solo introducendo nuove norme ad hoc – come per esempio l’introduzione di un nuovo articolo in materia di data protection – ma anche riformulando alcuni istituti di natura giuslavoristica per favorirne l’applicazione in questo contesto emergenziale.
Innanzitutto, in materia di ammortizzatori sociali, è stata inserita anche in questo testo normativo la modifica – già introdotta con il Decreto Legge 8 aprile 2020, n. 23 (c.d. “Decreto Liquidità”) – secondo la quale le misure per la cassa integrazione ordinaria (CIGO) e l’assegno ordinario, ai sensi degli articoli 19 e 22 del Cura Italia, si applicano anche ai lavoratori assunti tra il 24 febbraio 2020 e il 17 marzo 2020. Secondo le norme precedenti, invece, tali misure di sostegno al reddito erano destinate solamente ai lavoratori che risultavano alle dipendenze dell’azienda alla data del 23 febbraio 2020.
In sede di conversione, è stato riscritto l’articolo 19 comma 2, cancellando il periodo secondo cui i datori di lavoro – al momento della richiesta per il trattamento ordinario di integrazione salariale o di accesso all’assegno ordinario con causale “emergenza COVID-19” – avrebbero dovuto svolgere la consultazione e l’esame congiunto con le organizzazioni sindacali, anche in via telematica, entro 3 giorni a partire dalla comunicazione preventiva alle organizzazioni sindacali. Pertanto, secondo la nuova previsione, la CIGO e l’assegno ordinario per emergenza Covid-19, oltre a non essere sottoposte alle normali regole procedurali nonché ai limiti di durata disciplinati dal D.lgs n. 148/2015, non imporranno più neanche quel minimo di consultazione con le organizzazioni sindacali fino ad ora richiesto. Tale scelta appare in linea con quanto era stato disciplinato anche dal Decreto Legge 2 marzo 2020, n. 9, che aveva introdotto le prime misure di sostegno al reddito per le c.d. “zone rosse”.
All’articolo 22, in riferimento alla cassa in deroga viene specificato che, in buona sostanza, non è necessario alcun accordo sindacale tra organizzazioni sindacali e Regione competente non solo per i datori di lavoro che occupano fino a 5 dipendenti ma anche a tutti quei “datori di lavoro che hanno chiuso l’attività in ottemperanza ai provvedimenti di urgenza emanati per far fronte all’emergenza epidemiologica da COVID-19“, limitando così, a nostro avviso, l’ambito di applicazione degli accordi-quadro OO.SS/Regioni per la cassa in deroga sinora stipulati.
Inoltre, sono state disciplinate due ipotesi aggiuntive di cassa integrazione, alle quali solo i datori di lavoro residenti nei comuni della ex “zona rossa” (cfr. allegato 1, DPCM 1 marzo 2020), nonché i datori con dipendenti residenti in tali zone, potranno avere accesso. In particolare, per questi soggetti, è stato previsto, da una parte, un trattamento di integrazione salariale per un massimo di altri 3 mesi; dall’altra, viene disposta la possibilità per le Regioni della Lombardia, Emilia e Veneto di regolare una cassa in deroga ulteriore, di massimo 4 settimane, sempre destinata ai datori di lavoro sopra menzionati.
Da ultimo, in relazione agli ammortizzatori sociali, la modifica più interessante introdotta con la legge di conversione risulta sicuramente quella disposta all’articolo 19-bis, secondo il quale – anche in caso di cassa integrazione o di interventi di mobilità collettiva– le aziende potranno rinnovare o prorogare (seppur anche in questo caso con una formulazione “infelice”) i contratti a termine e i contratti di somministrazione, in deroga pertanto all’articolo 20 e all’articolo 32, comma 1, lett. c) del D.Lgs. 15 giugno 2015, n.81. Inoltre, sempre al fine di favorire proroghe e riassunzioni a tempo determinato, si deroga anche all’articolo 21 comma 2 del medesimo decreto legislativo, il quale prevede che qualora il lavoratore sia riassunto a tempo determinato entro 10 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a 6 mesi, ovvero 20 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a sei mesi, il secondo contratto si trasforma automaticamente in contratto a tempo indeterminato.
Per quanto riguarda, invece, le disposizioni sull’istituto della malattia da Covid-19, la Legge di Conversione non ha apportato alcuna modifica a quanto già disposto dal Decreto Cura Italia, confermando che il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva (come disposto dal certificato medico) debba essere equiparato ad assenza per malattia, nonché non computabile ai fini del periodo di comporto.
Altra modifica apportata dalla Legge di Conversione, riguarda poi la discussa norma in materia di sospensione delle procedure di licenziamento collettivo e di divieto, per i datori di lavoro, di intimare licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, per 60 giorni dall’entrata in vigore del Cura Italia stesso. In particolare, a seguito delle numerose critiche che erano state rivolte dalla pressoché totalità dei commentatori, viene modificata la rubrica dell’art. 46 del Cura Italia, che in precedenza erroneamente era “Sospensione delle procedure di impugnazione dei licenziamenti”, laddove nel testo dell’articolo non si disponeva la sospensione delle “impugnazioni” dei licenziamenti, quanto piuttosto dei licenziamenti stessi. Dunque, viene ora precisato che l’articolo 46 riguarda “Disposizioni in materia di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo”, e non le impugnazioni.
Il testo di conversione si premura poi di precisare che il divieto in questione non si applica qualora il personale interessato dal licenziamento sia impiegato nell’ambito di un appalto cessato e venga riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d’appalto medesimo.
Sul punto, sarebbe stato auspicabile, come già segnalato in precedenza, avere una precisazione normativa, al fine di evitare un contenzioso che, a questo punto, sembra inevitabile, sull’inclusione (o meno) nel divieto di talune tipologie di licenziamento apparentemente escluse o comunque dubbie (quali, a mero titolo esemplificativo, il licenziamento dei dirigenti, per superamento del periodo di comporto, etc.). Sul punto, in passato, ogni qual volta si è introdotto un nuovo istituto inerente alla disciplina dei licenziamenti (si pensi, ad esempio, in occasione dell’introduzione delle decadenze di cui all’art. 32 della l .n. 183/2010 ovvero della procedura preventiva di licenziamento a seguito della l. n. 92/2012) si è inizialmente spesso discusso, soprattutto a livello giurisprudenziale, su quali tipologie di licenziamenti fossero compresi oppure esclusi dalla nuova norma di volta in volta in vigore. Su questo specifico punto, si segnala che fonti giornalistiche riportano – ad oggi – l’intenzione del Governo di prorogare, con ulteriore e distinto provvedimento, di ulteriori 60 giorni il divieto in esame, alla luce della probabile estensione delle misure sugli ammortizzatori sociali, anch’essa da stabilirsi.
Nessuna particolare novità viene invece introdotta con riguardo alla disciplina dei congedi da lavoro per i lavoratori che necessitano di assentarsi da lavoro per accudire i figli, laddove la legge di conversione propone delle modifiche di mero coordinamento del testo della norma originaria (l’art. 23 del Cura Italia). Per quanto riguarda, invece, l’aumento dei giorni di permesso usufruibile ai sensi della l. n. 104/1992, viene precisato che il personale delle forze di polizia, dei Vigili del Fuoco, delle Forze armate e della Polizia Penitenziaria e, per le città metropolitane, la polizia locale, potrà godere di tali giorni di permesso compatibilmente con le esigenze di servizio e dell’impegno che tali forze ripongono nelle attività correlate all’emergenza, analogamente a quanto già originariamente previsto con riguardo al personale sanitario.
Prive di modifiche, inoltre, sono poi le norme del Cura Italia riguardanti la previsione dell’indennità in favore dei liberi professionisti titolari di partita IVA (non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie e per i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata dell’INPS. Sul punto, fonti giornalistiche hanno riportato l’intenzione del Governo di replicare tale pagamento (che ad oggi è previsto solo una tantum, per il mese di marzo), anche nel mese di aprile, con un aumento dell’importo dello stesso fino ad Euro 800, da prevedersi con separato decreto ancora da emanarsi.
La Legge di Conversione ha poi ulteriormente allargato il diritto di talune categorie di lavoratori ad usufruire del regime di lavoro in “smart working“, ai sensi del D.Lgs. 81/2017. Difatti, sembrerebbe che vengano incluse nelle categorie di lavoratori che hanno diritto a poter lavorare da remoto (oltre ai disabili o coloro che assistono familiari disabili ai sensi della l. n. 104/1992) anche coloro che sono immunodepressi mentre sembrerebbe che i familiari di questi lavoratori possano solamente aver diritto alla priorità nell’accoglimento delle istanze – formulate nei confronti dei rispettivi datori di lavoro – a poter lavorare nella modalità del lavoro agile. Sul punto, si rileva, il comma che estende tale diritto non gode, ancora una volta, di una formulazione chiara in quanto – laddove menziona, appunto, i “lavoratori immunodepressi” ed i “familiari conviventi di persone immunodepresse” – non è totalmente preciso nel definire quale categoria di lavoratori ha diritto a cosa. Ad ogni modo, per tutti i soggetti coinvolti viene esteso il diritto allo smart working sino alla fine dell’emergenza epidemiologica nazionale, e non solo fino al 30 aprile 2020, come inizialmente sancito.
Da ultimo, interessante è l’introduzione, nella Legge di Conversione di uno specifico articolo (il 17-bis) volto a dettare una disciplina transitoria per i trattamenti di dati sanitari e di dati relativi a condanne penali e reati effettuati nel corso dell’emergenza sanitaria. Tale previsione rappresenta un’importante implementazione della normativa italiana ed europea in materia di protezione dei dati personali, i cui principi fondamentali, stante quanto espressamente affermato dal legislatore, rimangono pienamente applicabili anche in tale contesto eccezionale. In particolare, viene specificato che tali dati potranno essere trattati (e scambiati tra le medesime) dalle autorità competenti alla gestione e contrasto dell’emergenza, quali, ad esempio, la Protezione Civile, il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità, le strutture pubbliche e private del servizio sanitario nazionale, purché i trattamenti siano necessari all’espletamento delle loro funzioni nell’ambito dell’emergenza sanitaria. Una soglia più elevata di scrutinio viene invece stabilita per le comunicazioni di tutti gli altri dati personali o delle comunicazioni effettuate nei confronti dei soggetti che non appartengono alle suddette autorità. In tal caso, i trattamenti saranno infatti giustificati solo se indispensabili (e non semplicemente necessari) all’espletamento delle funzioni collegate alla gestione dell’emergenza.
La diversità di disciplina ricollegata al tipo di soggetto operante il trattamento dei dati personali è sancita anche con riferimento ad altre disposizioni della normativa privacy. Difatti, il legislatore prevede per le sole autorità competenti individuate dall’articolo delle modalità semplificate di adeguamento ad alcuni adempimenti previsti dalla normativa. Pertanto, tali enti potranno designare i soggetti autorizzati al trattamento anche in via orale e decidere di non espletare l’obbligo di informativa o espletarlo in via semplificata.
Tuttavia, viene da ultimo precisato che, considerata la natura transitoria delle disposizioni, al termine dello stato di emergenza tutti i soggetti sopramenzionati dovranno adottare ogni misura necessaria a ricondurre i trattamenti effettuati in tale contesto all’ambito delle ordinarie competenze e delle regole che disciplinano i trattamenti di dati personali.
In conclusione, la Legge di Conversione ha, a nostro avviso, chiarito molti dei principali dubbi espressi dai commentatori, talvolta anche esemplificando taluni istituti (si v., ad esempio, l’abolizione della procedura di informazione e consultazione successiva in materia di Cassa Integrazione e FIS) lasciando tuttavia ancora spazio a qualche residuo dubbio su altri, comunque piuttosto centrali.

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