Print Friendly, PDF & Email
Coronavirus – Obbligatoria la ricognizione dei contratti in essere
di Daniela Ghiandoni e Elena Masini
 
 
Lo stop imposto dal Coronavirus a molte attività pubbliche e ai servizi erogati dagli enti locali, iniziata con la scuola e man mano estesa a tutti i settori non essenziali, richiede ai dirigenti e ai responsabili di servizio un’attenta ricognizione dei contratti in essere, al fine di valutare l’effettiva esigibilità della prestazione e adottare gli atti conseguenti, inerenti sia la gestione del rapporto negoziale che i conseguenti aspetti contabili. A questo proposito diverse sono le casistiche che si possono presentare e che meritano un diverso approccio, connesso non solo alla natura e all’oggetto della prestazione, ma anche alle clausole sottoscritte. Senza la pretesa di esaustività, proviamo a delineare le situazioni più frequenti che si possono presentare:

opere pubbliche: sicuramente più semplice è il caso degli appalti di lavori che subiscono un fermo per l’emergenza. Il direttore lavori dovrà accordare in base all’articolo 107 del codice dei contratti la sospensione alle attività per cause di forza maggiore, attività che riprenderanno senza particolari modifiche una volta superata l’emergenza. L’articolo 91 del Dl 18/2020 esclude a questo proposito qualsiasi responsabilità in capo all’appaltatore per inadempimento dovuto al rispetto delle norme sanitarie. Dal punto di vista contabile ciò renderà necessario un aggiornamento dei cronoprogrammi (con adozione di variazione di esigibilità), senza tuttavia che vi siano ricadute sostanziali sulle risorse utilizzate a copertura della spesa, che continueranno a rimanere preordinate allo scopo;

altri contratti d’opera: per altre tipologie di contratti d’opera, occorrerà capire se l’oggetto della prestazione rimane possibile alla luce delle attuali restrizioni (e in questo caso il contraente potrà portare a termine la sua attività e l’ente sarà obbligato al pagamento) ovvero se, al contrario, la prestazione risulta impossibile alla luce dell’attuale situazione contingente. In quest’ultimo caso (si pensi ad esempio ad un contratto per una rappresentazione teatrale, musicale o culturale annullata per l’emergenza), fermo restando la facoltà per l’ente di riprogrammare le attività e quindi mantenere in vita il rapporto, si potrebbe invocare la causa di forza maggiore che rende impossibile la prestazione, liberando così le parti da qualsiasi obbligo. Occorrerà comunque analizzare le clausole contrattuali per capire se, in questi casi, l’ente sarà chiamato a corrispondere un indennizzo ovvero a rimborsare le spese sostenute. La decisione che verrà assunta influirà sulle risorse del bilancio, che potrebbero essere liberate per la parte non necessaria;

• contratti di somministrazione: se riferiti ad attività interdette, la prestazione in tutto o in parte non resa non potrà dare luogo – di regola – ad alcun pagamento. Anche in questo caso sarà opportuno procedere con la sospensione del contratto in base all’articolo 107 del codice, prorogando se del caso la scadenza per il periodo interessato dalla sospensione. In queste situazioni si liberano le risorse destinate in bilancio alla remunerazione di tali attività, per effetto della sospensione ovvero dei minori consumi legati alla riduzione dell’utilizzo degli edifici comunali (si pensi, ad esempio, alle utenze o ai servizi di pulizia degli immobili). Sfuggono da queste regole gli appalti dei servizi socio-assistenziali ed educativi e scolastici ai quali l’articolo 48 del decreto legge 18/2020 dedica una norma speciale volta a garantire la remunerazione dell’appaltatore ed evitare quindi la cassa integrazione per i lavoratori interessati;

• concessioni di servizi o concessioni di costruzione e gestione: nell’ambito delle concessioni di servizi o delle concessioni di costruzione e gestione con tariffazione sugli utenti, l’operatore economico sarà di certo interessato da una contrazione dei ricavi non necessariamente compensata da una equivalente riduzione dei costi. La pandemia che è alla base di tale situazione del tutto eccezionale può facilmente rappresentare una causa di forza maggiore che, in base agli accordi sottoscritti, giustifica il riequilibrio del sinallagma contrattuale. Le parti quindi saranno chiamate, nei prossimi mesi, ad avviare un procedimento che porterà alla revisione del Pef e al ripristino dell’equilibrio economico finanziario (con eventuale allungamento della durata) o, in caso di mancato accordo, alla risoluzione del contratto;

• contratti con le partecipate: per questa categoria di atti occorrerà riuscire a contemperare la posizione del socio, che deve tendere a tutelare il patrimonio dell’ente, con quello del corretto riconoscimento dei corrispettivi per servizi affidati. Sarà necessario per l’ente monitorare in toto le attività messe in campo dagli amministratori, comprese quelle dell’eventuale rinegoziazione delle clausole contrattuali, con conseguente eventuale richiesta di cassa integrazione per i dipendenti.

Analoghe ripercussioni possono verificarsi per tutti i nuovi affidamenti dei servizi (compresi quelli in corso di affidamento) e delle attività ora interessate dalla sospensione. Anche in questi casi l’amministrazione dovrà valutare l’interesse alla prestazione (nel qual caso si provvederà ad un mero differimento dell’inizio del contratto) ovvero il venir meno di tale interesse, che potrebbe anche condurre alla mancata sottoscrizione del contratto. In tali casi si ritiene non sussista responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione, in quanto non si ravvisa alcuna condotta contraria a principi di correttezza e di lealtà che la giurisprudenza ha riconosciuto come condizione legittimante per ottenere il risarcimento dei danni (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 5/2018). Siamo tuttavia convinti che l’eccezionalità della situazione generata dal coronavirus renderà difficilmente applicabili i modelli giuridici e i principi ad oggi codificati dalla giurisprudenza e richiederà nuove valutazioni, i cui esiti sono tutt’altro che scontati.

Torna in alto