29/11/2019 – Dirigenti a contratto con laurea – Incaricare un dipendente senza titoli è danno erariale

Corte conti Veneto chiarisce il corretto modo di reclutare e il rapporto tra sindaco e segretario
Dirigenti a contratto con laurea – Incaricare un dipendente senza titoli è danno erariale
Pagina a cura di Luigi Oliveri
Incaricare un dirigente a contratto è danno erariale e per il sindaco responsabile non può valere l’esimente politica.
La sentenza della Corte dei conti, sezione giurisdizionale per il Veneto, 20 novembre 2019, n. 182 rappresenta un arresto giurisprudenziale estremamente chiaro e rilevante, per evidenziare il corretto modo di reclutare i dirigenti a contratto e la reale struttura dei rapporti tra sindaco e segretario comunale.
 
Requisiti dei dirigenti a contratto
Non ci vorrebbe molto a comprendere che se alla dirigenza per concorso si accede necessariamente con la laurea, tale titolo va preteso anche per gli incarichi a contratto. Tanto più che l’articolo 110, comma 1, del dlgs 267/2000 da sempre consente il ricorso agli incarichi a contratto «fermi restando ì requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire».
La sentenza della magistratura contabile rigetta integralmente l’argomentazione difensiva secondo la quale il sindaco doveva essere considerato non responsabile per particolare ambiguità e complessità della norma. La Corte dei conti evidenzia che gli articoli 19, comma 6 (che si applica congiuntamente all’articolo 110 del Tuel) e 28 del dlgs 165/2001, costituiscono regola generale valevole per ogni amministrazione: e l’articolo 28 impone la laurea per l’accesso alla dirigenza.
Attribuire, quindi, un incarico dirigenziale a contratto ad un dipendente del medesimo ente, privo di laurea, è una violazione plateale delle norme. Anche perché, spiega la sentenza, le norme sugli incarichi a contratto sono state pensate dal legislatore allo scopo di «acquisire professionalità estranee, tali da presentare qualità aggiuntive e comunque non minori rispetto ai già elevati requisiti previsti per le nomine di funzionari appartenenti ai ruoli dirigenziali».
La sola esperienza professionale non basta. E, occorre aggiungere alla sentenza, non basta nemmeno la sola laurea: i requisiti di professionalità imposti dall’articolo 19, comma 6, del dlgs 165/2001 evidenziano il possesso di così elevate e speciali competenze, tali da rendere possibile un reclutamento senza vero e proprio concorso.
Quindi, il conferimento di incarico dirigenziale a dipendente non laureato costituisce responsabilità erariale, caratterizzata da colpa grave.
 
No all’esimente politica
La Sezione ha respinto l’esimente politica, osservando che «il decreto di conferimento dell’incarico è, formalmente e sostanzialmente, atto proprio del sindaco, adottato nell’ambito di funzioni ad esso attribuite in via esclusiva dal Tuel e dal regolamento comunale di organizzazione».
L’esimente può essere presa in considerazione solo quando, in violazione del riparto delle competenze tra organi di governo e gestionali, i primi siano coinvolti in decisioni di non propria spettanza.
Nel caso degli incarichi dirigenziali, la combinazione tra articoli 110, comma 1 e 50, comma 10, del Tuel evidenziano una competenza propria ed esclusiva del sindaco. Né la circostanza che la giunta avesse previsto l’assunzione del dirigente a contratto nel piano occupazionale vale ad escludere la responsabilità del sindaco: infatti, tale deliberazione vale come scelta sul modo di reclutare, ma non incide sulla scelta, illegittima, della persona incaricata.
 
Rapporti tra politica ed apparato
La difesa del sindaco ha provato a discolpare il sindaco evidenziando da un lato una presunta mancata evidenziazione (in particolare del segretario comunale) dell’illegittimità dell’incarico, e dall’altro sottolineando che l’apparato ha elaborato gli atti, senza formalizzare indicazioni contrarie.
La sentenza respinge questi assunti. Nota che il personale apicale degli uffici, come ance il segretario, siano «tenuti alla predisposizione dell’atto», dal momento che l’apparato è chiamato ad attuare le indicazioni politiche. Ma, questo non «vale ad escludere in capo al sindaco la responsabilità dell’atto stesso, a ripartirla o ad attenuarla: si tratta, infatti, di compito di mera redazione materiale del documento, non di una (com)partecipazione alla formazione della volontà». È un passaggio estremamente importante: la Corte dei conti, diversamente dall’erronea sentenza della Corte costituzionale 23/2019, è consapevole che il segretario comunale ed i vertici dei comuni non formano l’indirizzo politico (a differenza dei massimi vertici ministeriali), ma lo trasfondono tecnicamente in atti, che se di competenza degli organi di governo, sono da imputare, nella volontà e nell’indirizzo, esclusivamente ai medesimi organi di governo.

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