19/12/2019 – Un colpo al “controllo collaborativo” della Corte dei conti, che non ha mai davvero funzionato?

Un colpo al “controllo collaborativo” della Corte dei conti, che non ha mai davvero funzionato?
Il progetto di legge di bilancio 2020 interviene in maniera drastica sulla funzione di controllo collaborativo attribuito alle sezioni regionali di contollo della Corte dei conti, con la seguente disposizione:
Allo scopo di favorire l’adozione di indirizzi applicativi univoci da parte degli enti regionali e territoriali in materia di contabilità pubblica, è istituita la Sezione centrale consultiva della Corte dei conti, con sede in Roma, cui è attribuita, in via esclusiva, la funzione consultiva già prevista dall’articolo 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131.
1-quater. All’articolo 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131, sono apportate le seguenti modificazioni: a) le parole: « , nonché pareri in materia di contabilità pubblica », sono soppresse;
b) l’ultimo periodo è soppresso“.
 
Il testo risultante dell’articolo 7, comma 8, della legge 131/2003, dunque, se la legge venisse approvata definitivamente con questo testo, sarebbe: “Le Regioni possono richiedere ulteriori forme di collaborazione alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, nonche’ pareri in materia di contabilita’ pubblica. Analoghe richieste possono essere formulate, di norma tramite il Consiglio delle autonomie locali, se istituito, anche da Comuni, Province e Citta’ metropolitane. Richieste di parere nella medesima materia possono essere rivolte direttamente alla Sezione delle autonomie della Corte dei conti: per le Regioni, dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e dalla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome; per i Comuni, le Province e le Citta’ metropolitane, dalle rispettive componenti rappresentative nell’ambito della Conferenza unificata“.
 
Chi scrive è sempre stato critico sulla funzione di “controllo collaborativo” della Corte dei conti. Fino al 2008, di fatto, non ha quasi funzionato: i pareri espressi erano pochissimi e la maggior parte di inammissibilità delle domande per formalistiche questioni connesse alla sottoscrizione (che si è sempre pretesa da parte del sindaco, pur rivestendo la gran parte dei quesiti aspetti solo tecnici, che con la funzione politica non hanno nulla a che vedere).
Dal 2008 i pareri sono divenuti un diluvio, anche perchè gli enti locali ne hanno chiesti a profusione. Segno della necessità di un appoggio concreto a problematiche interpretative ed operative reali.
Tuttavia, quel diluvio ha sempre più prodotto pareri pletorici nelle loro lunghissime esposizioni sull’ammissibilità, tardivi e in forte contraddizione tra una sezione e l’altra, tanto da indurre a regolare la funzione di nomofilachia prima per le Sezioni Unite, poi per la Sezione Autonomie.
La gragnuola di pareri contraddittori, spesso così formulati anche per le esigenze di astrazione e generalità dei quesiti, tali da non permettere analisi approfondite degli specifici casi, ha prodotto situazioni spesso al limite del paradosso: pareri della magistratura contabile per anni in insanabile contrasto con la giurisdizione ordinaria (si pensi ai diritti di rogito dei segretari comunali, oppure alla questione dell’Irap sugli incentivi tecnici); o, peggio, pareri davvero totalmente opposti sugli effetti dell’articolo 67, comma 7, del Ccnl 21.5.2018, risolti solo a metà ottobre dalla Sezione Autonomie, con la conseguenza di uno slittamento dei contratti decentrati praticamente di tutti gli enti locali a dicembre.
L’iniziativa normativa appare null’altro che una presa d’atto non possiamo dire del fallimento del sistema dei controlli collaborativi, bensì  della sua attuale inadeguatezza alla linearità interpretativa.
Il tentativo di concentrare su una sola sezione centrale i pareri è evidentemente finalizzato a cancellare lo spettacolo dei pareri discordi, che per altro poi da molti enti locali sono intesi come una sorta di “liberi tutti” per attuare norme e comportamenti di qualsiasi genere.
Di certo, comunque, se non si tratta di una bocciatura, non è nemmeno una promozione. Il fatto è, però, che è proprio il sistema dei controlli collaborativi di fatto inutile.
Agli enti locali non servono pronunce astratte e generalizzanti: occorrono supporti concreti su fatti operativi e gestionali “vivi” e “specifici”, che controlli affidati ad un giudice non possono assicurare.
Il Legislatore ha imboccato la via giusta, ma è lontano dall’arrivo. La vera scelta, drastica, è abbandonare i controlli collaborativi e reintrodurre i controlli preventivi di legittimità, a carico di orgai esterni di controllo, magari da porre funzionalmente alle dipendenze della Corte dei conti, ma caratterizzati da una funzione di amministrazione e non giurisdizionale. Così da poter consentire agli enti un’interlocuzione sui minimi fatti concreti e gestionali ed anche una richiesta di tutela nel caso di esiti di controllo non condivisi.
L’assenza di controlli preventivi consente la sottoscrizione di contratti decentrati dannosi, pieni di clausole illecite e basati su fondi mal costituite, l’attivazione di procedure di gara per contratti pubblici in violazione di moltissime norme del codice dei contratti, l’assegnazione di contributi costituenti evidenti sprechi, l’assunzione di dirigenti a contratto privi del benchè minimo requisito tra quelli richiesti dall’articolo 19, comma 6, del d.lgs 165/2001, scelte operative sulle società partecipate avventate, l’assunzione di dirigenti a contratto senza laurea, e così via. I pareri consultivi non hanno affatto contribuito a fermare questa deriva, peggiorata, poi, con la recrudscenza dello spoil system verso i segretari, privati dello strumento dell’interlocuzione un tempo utilizzata con i Co.Re.Co.
Il ridimensionamento del “parerificio” è un buon inizio. Ma, il Legislatore farà davvero un passo in avanti, se ne farà uno indietro importante, cancellando uno degli errori più clamorosi delle riforme Bassanini degli anni ’90, l’eliminazione dei controlli preventivi esterni.

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