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Nelle procedure negoziate poste al di sotto della soglia comunitaria non è consentito l’ingresso di ditte non inizialmente selezionate dall’amministrazione.

Nell’ipotesi di appalti di valore inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria non sussiste lo spazio giuridico e nel contempo operativo per permettere l’ingresso di ditte non inizialmente selezionate dall’Amministrazione, in quanto, conformemente all’insegnamento della più recente giurisprudenza, “consentire […] ad ogni operatore economico, non invitato dall’amministrazione, ma che sia venuto a conoscenza degli inviti (e, dunque, dell’esistenza di una procedura), di presentare la propria offerta significa, di fatto, ribaltare la sequenza delineata dall’art. 36 D. Lgs. n. 50 del 2016 e ripristinare l’ordinarietà, ma in palese contrasto con le indicazioni normative. […] Le quali, poi, si giustificano perché la procedura – di valore inferiore alle soglie comunitarie (anche se, invero, non certo modesta in senso assoluto) – possa svolgersi più rapidamente; rapidità – inutile negarlo – che deriva anche dal numero, che si vuole limitato, dei partecipanti”.

 
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Pubblicato il 09/12/2019
N. 00514/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00360/2019 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;

sul ricorso numero di registro generale 360 del 2019, proposto da

Se.Ge.Co. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alfredo Bianchini e Francesca Busetto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro
Comune di Trieste, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Maritza Filipuzzi, Valentina Frezza, Sara De Biaggi e Alda De Gennaro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso gli uffici della civica avvocatura in Trieste, via del Teatro Romano 7;
nei confronti
Cenedese S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gianni Zgagliardich, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

Juliafer S.r.l. non costituito in giudizio;

per l’annullamento
– della deliberazione della Giunta Comunale del Comune di Trieste n. 530 del 21 ottobre 2019, Dipartimento Lavori Pubblici, Finanza di Progetto e Partenariati, Servizio Edilizia Scolastica e Sportiva, Programmi Complessi, avente ad oggetto: “Cod. opera 17048 – Trenovia Trieste Opicina – Manutenzioni straordinarie – anno 2019. Intervento I: Rinnovamento dell’armamento dei “tre” tratti critici della Trenovia, rifacimento dei marciapiedi lungo le fermate e rinnovo tratto Obelisco-deposito di Opicina”. Approvazione del progetto esecutivo a seguito del Nulla Osta Tecnico ministeriale. Approvazione della “Relazione Tecnico Economica – aggiornamento luglio 2019” del programma degli interventi sulla Trenovia tra Regione FVG e Comune di Trieste”, pubblicata all’Albo Pretorio del Comune di Trieste dal 25 ottobre 2019 all’8 novembre 2019;
– della determinazione Dirigenziale del Comune di Trieste – Dipartimento Lavori Pubblici, Finanza di Progetto e Partenariati, Servizio Edilizia Scolastica e Sportiva, Programmi Complessi n. 3006/2019 del 21 ottobre 2019, avente ad oggetto: Cod. opera 17048 – Trenovia Trieste Opicina – Manutenzioni straordinarie – anno 2019. Intervento I: Rinnovamento dell’armamento dei “tre” tratti critici della Trenovia, rifacimento dei marciapiedi lungo le fermate e rinnovo tratto Obelisco-deposito di Opicina”. Determinazione a contrattare. Spesa complessiva del quadro economico Euro 1.090.000,00. Accertamento e prenotazione del contributo regionale di Euro 1.700.000,00” pubblicata all’Albo Pretorio del Comune di Trieste dal 5 novembre 2019 al 19 novembre 2019.
 
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Trieste e della Cenedese S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2019 il dott. Nicola Bardino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
 
FATTO e DIRITTO
1. Parte ricorrente impugna la deliberazione della Giunta Comunale del Comune di Trieste n. 530 del 21 ottobre 2019, contente l’approvazione del progetto esecutivo (a seguito del nulla osta tecnico ministeriale) oltre alla correlata relazione tecnico-economica, in ordine agli interventi sulla Trenovia Trieste-Opicina (anno 2019), riguardanti in particolare la rinnovazione dell’armamento dei tre “tratti critici” della Trenovia, il “rifacimento dei marciapiedi lungo le fermate” e il “rinnovo tratto Obelisco-deposito di Opicina” (c.d Intervento I).
Contesta ancora la susseguente determinazione dirigenziale (doc. 2 – determinazione a contrattare), con la quale, per quanto qui interessa, si è stabilito:
– di procedere all’individuazione dell’appaltatore a cui affidare i lavori di cui alla suddetta deliberazione della giunta comunale (n. 530/2019), mediante “l’indizione di una gara d’appalto a procedura negoziata”, ai sensi dell’art. 36, 2° co. , lettera c bis) del D. Lgs. n. 50 del 2016 “con consultazione di almeno quindici operatori economici, aventi i requisiti e le qualificazioni richieste, individuati sulla base di indagine di mercato o tramite elenchi di operatori economici”;
– “di dare atto che l’appalto di cui al punto 1, per l’importo di Euro 888.376,71 (Euro 847.282,39 per lavori ed Euro 41.094,32 per oneri per la sicurezza) + IVA 10%” con un importo complessivo di € 977.214,38 (comprensivo dell’Iva);
2. A fondamento del gravame, la ricorrente censura, con il primo motivo, l’adozione della procedura negoziata, prevista nel citato art. 36, 2° co., lett. c bis), D. Lgs. n. 50 del 2016, della quale non sussisterebbe il necessario presupposto applicativo, trattandosi di un appalto il cui valore si collocherebbe al di sopra della soglia comunitaria, individuato, ai sensi del precedente art. 35, 2° co, lett. c), in un milione di euro; osserva, sotto questo profilo, che il suddetto valore andrebbe stabilito computando, a tal fine, oltre all’importo dei lavori e agli oneri della sicurezza (€ 977.214,38, come precisato nella determinazione dirigenziale impugnata), agli incentivi (art. 113, D. Lgs. n. 50 del 2016) per € 6.396,32, agli imprevisti per € 48.389,30 e agli importi connessi alla direzione lavori e al coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione, complessivamente ammontanti (peraltro unitamente agli oneri e all’Iva) ad € 58.000,00, pari ad un “totale pagabile dalla Amministrazione” di € 1.001.162,33 (1° motivo, punto a).
Eccepisce, inoltre, che la suddivisione in lotti darebbe luogo ad una artificiosa frammentazione dell’appalto, in realtà unitario, mediante la sua ripartizione in più segmenti tutti di valore inferiore alla soglia comunitaria. Ne deduce l’indebita elusione delle procedure ordinarie, resa ancor più avvertibile dalla mancata allegazione, da parte dell’Amministrazione, di una motivazione congrua, idonea a giustificare la contestata suddivisione, con conseguente violazione dell’art. 35, commi 6, 8, 9 e 10, D. Lgs. n. 50 del 2016, anche in relazione alle indicazioni contenute sul punto nelle Linee Guida ANAC n. 4 (1° motivo, punto b).
Infine, con il secondo motivo, la ricorrente contesta il mancato invito a partecipare alla procedura negoziata de qua, ricordando di avere formulato una esplicita richiesta in tal senso (nota del 22 novembre 2019), la quale, peraltro, sarebbe rimasta del tutto inascoltata.
3. Costituitesi in giudizio, l’Amministrazione comunale e la controinteressata (evocata in giudizio prima della comunicazione della propria offerta) hanno entrambe resistito nel merito, formulando rilievi di inammissibilità, specie in riferimento alla legittimazione della ricorrente e (con riguardo al secondo motivo) alla concreta sussistenza dell’interesse sotteso alla pronuncia caducatoria richiesta.
Discussa nella camera di consiglio del 4 dicembre 2019, fissata per la trattazione della domanda cautelare, la causa è stata quindi trattenuta in decisione.
4. Il ricorso è manifestamente infondato in relazione a ciascuno dei motivi dedotti, sicché sussistono i presupposti per definire il giudizio nella presente sede cautelare, con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a., eventualità di cui le parti sono state ritualmente informate nel corso dell’udienza, come attestato nel relativo verbale.
La rilevata infondatezza del gravame consente inoltre di prescindere dal vaglio dei possibili rilievi di inammissibilità (specie in riferimento alla dubbia impugnabilità della determinazione a contrarre, atteso il carattere strettamente interno ed organizzatorio proprio di tale atto – cfr., in senso negativo, T.A.R. Veneto, Sez. III, n. 225 del 2019), dovendosi senz’altro preferire, specie perché maggiormente satisfattiva degli interessi delle parti, la decisione delle questioni meritali declinate nella controversia.
5. Quanto al primo motivo di impugnazione, va ricordato che il calcolo del valore dell’appalto “è basato sull’importo totale pagabile, al netto dell’IVA, valutato dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore” (art. 35, 4° co., D. Lgs. n. 50 del 2016).
5.1 A prescindere dal rilievo secondo cui, come traspare dalla chiara formulazione testuale, la determinazione del valore dell’appalto attiene alla sfera della discrezionalità tecnica, per se stessa riservata all’Amministrazione ed insuscettibile di sindacato giurisdizionale (se non nei noti limiti dell’illogicità e dell’incongruità manifesta), deve essere ricordato che tale somma comprende oltre all’”importo dei lavori stessi”, il “valore complessivo stimato di tutte le forniture e servizi messi a disposizione dell’aggiudicatario dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore, a condizione che siano necessari all’esecuzione dei lavori” (art. 35, 8° co.), categoria nella quale non sono tuttavia annoverabili gli imprevisti e gli incentivi per le funzioni tecniche di cui all’art. 113, D.Lgs. n. 50 del 2016 (la cui consistenza incerta ed eventuale ne preclude l’inclusione nel coacervo degli importi astrattamente pagabili, ossia del valore dell’appalto considerato ai fini dell’osservanza delle soglie comunitarie) e gli ulteriori oneri connessi all’attività dei professionisti incaricati della direzione lavori e del coordinamento della sicurezza nella fase di esecuzione, trattandosi di prestazioni non strettamente riconducibili alla nozione di “forniture e servizi” evocata dalla disposizione in esame.
5.2 A ciò aggiungasi che, quand’anche fosse accolta l’impostazione suggerita dalla ricorrente e fossero quindi sommate al valore stimato dell’appalto le voci di spesa accessorie (esclusa l’Iva sui lavori), attualmente accantonate dall’Amministrazione comunale ed inserite, nel quadro economico, all’interno della categoria residuale denominata “somme a disposizione” (cfr. la determinazione n. 3006 del 2019, quadro economico, lett. D – doc. 2), la soglia di rilevanza comunitaria (un milione di euro), prevista dall’art. 35, 2° co, lett. c), D. Lgs. n. 50 del 2016, non risulterebbe comunque superata.
La ricorrente ritiene infatti (1° motivo, punto 1.a) che il valore dell’appalto andrebbe stimato in € 1.001.162,33 e che la soglia di rilevanza comunitaria risulterebbe quindi superata di appena € 1.162,33, così da precludere l’adozione della procedura negoziata avviata ai sensi dell’art. 36, D. Lgs. n. 50 del 2016.
Essa trascura tuttavia di considerare che gli importi preventivati per la direzione lavori e per l’attività di coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione, complessivamente ammontanti ad € 58.000,00 (e computati per l’intero al fine di dimostrare il contestato superamento della soglia), risultano comprensivi delle somme dovute ai fini dell’Iva e che queste ultime non possono essere giuridicamente ricondotte al valore dell’appalto, essendone espressamente vietata l’inclusione ai sensi dell’art. 35, 4° co., D. Lgs. n. 50 del 2016, secondo il quale l’importo importo totale pagabile (per l’appunto: il valore dell’appalto) deve essere sempre stimato “al netto dell’IVA”.
L’incidenza dell’Iva dovuta sulle spese per la direzione lavori e per il coordinamento della sicurezza (benché computata sulla base dell’aliquota agevolata del 10%) risulta peraltro superiore alla differenza (€ 1.162,33), rilevata dalla ricorrente allo scopo di comprovare il superamento della soglia comunitaria, superamento che, pertanto, non potrebbe verificarsi nemmeno quando fossero computate (evidentemente al netto dell’Iva) le suddette spese tecniche.
Se ne deduce l’infondatezza della censura in esame, non idonea, per le considerazioni che precedono, a vanificare il presupposto quantitativo (valore dell’appalto inferiore alla soglia comunitaria) sulla cui base l’Amministrazione ha dato corso alle procedure negoziate, di cui all’art. 36, D. Lgs. n. 50 del 2016.
5.3 Deve essere inoltre respinto l’ulteriore rilievo, proposto anch’esso nel primo motivo di ricorso (punto 1.b), con il quale la ricorrente contesta la suddivisione in lotti dei lavori, ritenendo (anche sulla scorta delle indicazioni adottate dall’ANAC nelle Linee Guida n. 4 – deliberazione n. 636 del 2019) che si sarebbe dato luogo ad un’artificiosa frammentazione dell’appalto (da intendersi come sostanzialmente unitario), finalizzata a ripartirne il valore tra più procedure, così da collocarne ciascuna al di sotto della soglia di rilevanza comunitaria.
In merito, va premesso che la suddivisione dell’appalto in lotti è da ritenere espressiva di un’opzione discrezionale, soggetta, come tale, al sindacato di logicità e ragionevolezza (da ultimo: T.A.R. Campania, Sez. I, n. 1308 del 2019) nel cui alveo deve essere fatto rientrare lo scrutinio, reclamato in questa sede dalla ricorrente, avente innanzitutto ad oggetto la verifica dell’osservanza del divieto (introdotto dall’art. 35, 6° co., secondo periodo, D. Lgs. n. 50 del 2016) di mero frazionamento della procedura “allo scopo di evitare l’applicazione delle norme del … codice”, ovvero, in seconda battuta, l’accertamento delle ragioni che giustificherebbero non tanto il frazionamento in sé, ma piuttosto (come traspare dal dato testuale della norma considerata) la scelta di disapplicare la disciplina comunitaria (scelta da reputarsi non illegittima quando tale scopo sia oggettivamente giustificato) mediante la segmentazione della procedura in più appalti di valore inferiore alle soglie di riferimento.
La censura, propriamente riferibile alla contestazione in merito alla connotazione elusiva della scelta, adottata dall’Amministrazione, di procedere alla suddivisione in lotti, non può essere condivisa.
Tale scelta deve essere ricongiunta alla chiara esigenza di dare corso nell’immediato, in accordo con le disponibilità finanziarie erogate dalla Regione, ai lavori dichiarati indispensabili per porre nuovamente in esercizio la linea tranviaria, per una tratta, per quanto limitata, sufficiente a porre in collegamento il centro cittadino con il quartiere di Opicina, in modo da ristabilire la gran parte del percorso originario, con piena fruizione da parte dell’utenza.
In questo senso, lo scorporo dell’appalto riguardante le ulteriori infrastrutture presenti in piazza Oberdan (originario capolinea) appare giustificato dalla mancata incidenza dei lavori sulle tempistiche di riapertura della tratta tranviaria, nonché dai rilievi, di natura essenzialmente tecnica, riguardanti la particolarità dell’intervento, da ritenersi non assimilabile, per caratteristiche e dislocazione (nel pieno centro cittadino) a quello svolto sulla restante (e ben più ampia) porzione del percorso.
A comprova devono essere richiamate le considerazioni svolte sul punto dalla Giunta Comunale, nell’impugnata deliberazione n. 530 del 2019, nel cui contesto si è tra l’altro osservato che “relativamente al lavoro di adeguamento del terminale di piazza Oberdan – essendo questo circoscritto e con una tipologia di esecuzione diversa rispetto all’intervento di cui sopra (centro cittadino, su sedime stradale per un tratto limitato ad 80 ml) – si è valutato di procedere all’intervento in lotto a sé stante in quanto non vincolante alla riapertura della linea e in quanto sarà possibile prevedere uno spostamento temporaneo del capolinea in piazza Dalmazia sugli esistenti marciapiedi”.
Analogamente, va ritenuta estranea alla lamentata finalità elusiva (con specifico riferimento alla contestata violazione dell’art. 35, commi 8, 9 e 10 del citato D. Lgs. n. 50 del 2016), la scelta del Comune di dare corso ad ulteriori procedure, volte all’acquisizione dei binari e delle traversine da posare lungo il tracciato della linea, dovendosi considerare le non brevi tempistiche normalmente previste per la loro consegna (l’anticipata disponibilità del suddetto materiale costituisce, in questa ottica, la necessaria precondizione per dare corso, senza ulteriore indugio, ai lavori di ripristino) e la condivisibile opportunità, realizzata attraverso l’interlocuzione diretta con i fornitori, di ottenere prezzi maggiormente favorevoli e contenere, in tal modo, gli elevati costi preventivati.
Sulla base dei rilievi sin qui esposti, anche tale profilo di doglianza deve essere dunque disatteso.
6. Va infine respinto il secondo motivo di gravame, con il quale la ricorrente, ricordando di avere chiesto espressamente (con nota del 22 novembre 2019 – doc. 11) la propria ammissione alla procedura, benché in sovrannumero rispetto all’elenco di quindici operatori selezionati ai sensi dell’art. 36, 2° co., lett. c bis), D. Lgs. n. 50 del 2016, si duole in questa sede di non essere stata invitata a presentare la propria offerta.
Occorre premettere che va tenuto in disparte il rilievo, svolto dalle difese dell’Amministrazione e della controinteressata, secondo cui l’invito alla ricorrente sarebbe stato in ogni caso precluso, pena la violazione del principio di rotazione, in quanto la ricorrente risulterebbe cessionaria del ramo d’azienda precedentemente condotto da altro soggetto, a suo tempo incaricato di eseguire alcuni lavori sul tracciato tranviario, trattandosi di questione che, a giudizio del Collegio e benché contrastata dalla medesima ricorrente nella propria memoria, appare del tutto estranea all’oggetto del presente giudizio, non essendo stata considerata nel contesto delle censure ritualmente introdotte e, prima ancora, all’interno degli atti impugnati (tra i quali non viene annoverato alcun esplicito provvedimento di diniego o di esclusione, né risulta contestato il silenzio, in ipotesi illegittimo, serbato riguardo all’istanza di ammissione).
Nondimeno l’invito a partecipare alla procedura, preteso dalla ricorrente (e da questa sollecitato poco prima della instaurazione del gravame), non poteva in effetti ritenersi dovuto.
Una volta chiarito che la suddetta procedura di selezione del contraente è stata correttamente avviata nella forme negoziali, indicate dall’art. 36, D. Lgs. n. 50 del 2016, vertendosi di un appalto di valore inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria (come si è precisato nel corso dell’esame del precedente motivo), deve inevitabilmente concludersi che non sussiste lo spazio giuridico e nel contempo operativo per permettere l’ingresso di ditte non inizialmente selezionate dall’Amministrazione, in quanto, conformemente all’insegnamento della più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. V, n. 6160 del 2019), “consentire […] ad ogni operatore economico, non invitato dall’amministrazione, ma che sia venuto a conoscenza degli inviti (e, dunque, dell’esistenza di una procedura), di presentare la propria offerta significa, di fatto, ribaltare la sequenza descritta [ndr.: delineata dal citato art. 36] e ripristinare l’ordinarietà, ma in palese contrasto con le indicazioni normative. […] Le quali, poi, si giustificano perché la procedura – di valore inferiore alle soglie comunitarie (anche se, invero, non certo modesta in senso assoluto) – possa svolgersi più rapidamente; rapidità – inutile negarlo – che deriva anche dal numero, che si vuole limitato, dei partecipanti”.
In definitiva, evidenzia ancora il Consiglio di Stato, qualora si accedesse alla tesi proposta dalla ricorrente, “il numero degli operatori presenti in gara sarebbe destinato ad aumentare, teoricamente senza limiti, poiché non è preventivamente immaginabile quanti operatori possano venire a conoscenza della procedura ed avere interesse a prendervi parte, ed una procedura ipotizzata come di rapida conclusione finirebbe con il richiedere tempi (per l’esame dei requisiti di ammissione e delle offerte proposte, ma anche, è possibile pensare, per le eventuali contestazioni dell’operato della stazione appaltante) molto più lunghi di quelli preventivati; sicuramente, ad ogni modo, l’amministrazione non sarebbe più in grado di governare i tempi della procedura”.
La quale procedura, come si è sottolineato poc’anzi (punto 5.3 della presente decisione), è qualificata, nel caso di specie, da comprovati profili di urgenza che, in quanto tali, non soltanto giustificano il frazionamento degli interventi in ragione del più rapido ripristino della tratta tranviaria nel suo percorso principale, ma, nel contempo, rendono del tutto ragionevole, in linea con l’arresto giurisprudenziale richiamato, la delimitazione della platea dei soggetti, chiamati dall’Amministrazione a partecipare all’interlocuzione negoziale, al numero minimo di operatori (quindici) prescritto dall’art. 36, 2° co., lett. c bis), D. Lgs. n. 50 del 2016.
Come ricorda il citato arresto giurisprudenziale, “resta da precisare […] che l’esito descritto, di esclusione dell’operatore economico non invitato, non contrasta con il principio di parità di trattamento, che imporrebbe di considerare tutti gli operatori, invitati o meno, sullo stesso piano per aver presentato un’offerta, per l’evidente ragione che le situazioni di partenza sono diverse: l’uno è stato scelto dall’amministrazione affinché presentasse la sua offerta, l’altro si è insinuato nella procedura senza esservi stato chiamato” (ancora: Cons. Stato, Sez. V, n. 6160 del 2019).
Deve infatti soggiungersi che, qualora si fosse ritenuto di includere la ricorrente, come da essa richiesto, in ragione della propria irrituale richiesta di ammissione, tale esito, opposto a quello avallato dalla recente pronuncia del Consiglio di Stato, avrebbe dato luogo ad una inaccettabile sperequazione a vantaggio di quelle sole ditte che avessero accidentalmente appreso della procedura (che avrebbero potuto esservi ammesse su semplice domanda, oltrepassando il filtro rappresentato dalla selezione compiuta dall’Amministrazione) e a discapito dei restanti operatori ai quali, rimasti ignari, sarebbe rimasta preclusa ogni forma di partecipazione, senza che, tuttavia, sussistesse alcun accettabile criterio discretivo, capace di giustificare la concreta differenziazione posta tra le due categorie di soggetti (consapevoli e inconsapevoli della gara): le quali categorie, a ben vedere, sono invece da considerarsi come del tutto identiche, proprio perché uniformemente accomunate dalla mancata scelta da parte della stazione appaltante e non anche differenziate da una giuridicamente irrilevante asimmetria informativa.
Nel caso (qui considerato) delle procedure negoziate poste al di sotto della soglia comunitaria, è proprio la scelta operata dall’Amministrazione, in sé ampiamente discrezionale, ad assicurare, sempreché non affetta da vizi di illogicità o di manifesta incongruità (qui peraltro non dedotti), la originaria parità di trattamento tra gli operatori economici (la cui tutela si svolge pertanto nella fase di individuazione degli interlocutori invitati alla gara): il che tuttavia conduce ad escludere la reclamata possibilità di concedere l’ingresso postumo a favore di altri operatori (proclamatisi pretermessi), il cui accesso alla procedura, non mediato dalla selezione preliminare compiuta dalla stazione appaltante ma neppure garantito a tutti i potenziali interessati (ma solo a quei soggetti che accidentalmente siano venuti a conoscenza della procedura), non potrebbe che porsi in antitesi con l’osservanza del richiamato principio di parità di trattamento.
Ne consegue che la ricorrente, non invitata alla procedura di gara indetta ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. c bis), D.Lgs. n. 50 del 2016, non vanta, per le considerazioni anzidette, alcun titolo per prendervi parte, benché, come detto, essa ne sia venuta a conoscenza e abbia così potuto formulare un’esplicita richiesta di ammissione.
Anche tale motivo d’impugnazione deve essere quindi disatteso, con la conseguente complessiva reiezione del ricorso.
7. Le spese di lite possono essere integralmente compensate tra le parti, sussistendone giusti motivi, anche in considerazione della parziale novità delle questioni esaminate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2019 con l’intervento dei Magistrati:
 
 
Oria Settesoldi, Presidente
Manuela Sinigoi, Consigliere
Nicola Bardino, Referendario, Estensore

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