Tratto da: EIUS
La Corte di giustizia UE ha dichiarato che: 1) l’art. 42, § 3, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, dev’essere interpretato nel senso che l’elenco, in tale disposizione, dei metodi di formulazione delle specifiche tecniche è esaustivo, fatte salve le regole tecniche nazionali obbligatorie compatibili con il diritto dell’Unione, ai sensi di detta disposizione, e fatto salvo l’art. 42, § 4, di tale direttiva; 2) l’art. 42, § 4, della direttiva 2014/24 dev’essere interpretato nel senso che le amministrazioni aggiudicatrici non possono, senza aggiungere la menzione «o equivalente», precisare, nelle specifiche tecniche di un appalto pubblico di lavori, da quali materiali debbano essere costituiti i prodotti proposti dagli offerenti, a meno che l’utilizzo di un determinato materiale risulti inevitabilmente dall’oggetto dell’appalto e non sia ipotizzabile alcuna alternativa fondata su una soluzione tecnica diversa; 3) l’art. 42, § 2, della direttiva 2014/24, in combinato disposto con l’art. 18, § 1, di tale direttiva, dev’essere interpretato nel senso che l’obbligo di concedere agli operatori economici pari accesso alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici e il divieto di creare ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza, enunciati in quest’ultima disposizione, sono necessariamente violati quando un’amministrazione aggiudicatrice elimina, mediante una specifica tecnica non compatibile con le regole enunciate all’art. 42, §§ 3 e 4, di detta direttiva, talune imprese o taluni prodotti.