Tratto da: leautonomie.it

tratto da lentepubblica.it – a cura di Luigi Oliveri –

Il parere del Mit 26.2.2024, n. 1922 è l’ennesimo che affronta il problema del diritto transitorio ed ennesima soluzione abbastanza di fantasia.

Non bastando la confusione creata dalla circolare 13 luglio 2023 e dalla successiva giurisprudenza dei Tar che, in vario modo ed estensione l’ha smentita, stabilendo la definitiva disapplicazione del d.lgs 50/2016, il Mit fa tornare in auge l’ultrattività parziale del d.lgs 50/2016.

In attesa di una pace logico giuridica tra interpreti, amministrazioni e giudici, non resta che constatare l’ennesimo gravissimo difetto di un codice, il d.lgs 36/2023, scritto davvero troppo male e troppo frettolosamente, sì da aver creato veri e propri garbugli inestricabili in troppe proprie parti, oltre tutto cruciali.

E’ davvero assurda la mancanza di una norma chiara, semplice e precisa rispetto al diritto transitorio. E risulta incomprensibile la scelta di non aver nemmeno provato a far fare ad un codice il proprio “mestiere” di codice: cioè riunire in modo coerente un’intera disciplina.

Era così difficile rivedere le disposizioni emergenziali, riscriverle ed adattarle all’impianto normativo nuovo, così da eliminare la frammentazione dei d.lgs 76/2020 e 71/2020?

Il Legislatore, poi, ha rincarato la dose con una serie di decreti “Pnrr”, a loro volta episodici e frammentari, che un po’ richiamano il d.lgs 50/2016, un po’ si rifanno alla nuova disciplina.
Ne esce fuori un sistema normativo impazzito ed impossibile da portare ad unità. Sicchè, poi, ogni interpretazione di qualsiasi autorità, ministeriale o giurisdizionale che sia, può valere a seconda di come si intenda stiracchiare la norma.

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