Tratto da: Giurisprudenzappalti  

L’Anac ha illegittimamente esteso, in misura del tutto sproporzionata, il segmento temporale tra la contestazione delle irregolarità e l’avvio del procedimento, ritenendo di valutare come termine finale di acquisizione “di tutta la documentazione utile ai fini dell’avvio del procedimento” quello fissato dalla conclusione del procedimento ai sensi dell’art. 70, co. 7, D.P.R. n. 207/2010 per la revisione dell’attestazione.

Così facendo ha, di fatto, reso tale termine – da qualificarsi come perentorio in ossequio alla consolidata giurisprudenza sopra citata – un termine mobile che le consente l’avvio nel momento in cui ritenga di aver acquisito sufficienti elementi per condurre l’istruttoria. E ciò, nonostante la condotta contestata facesse riferimento a fatti rilevati nel corso di un’ispezione svoltasi a sua cura nel mese di gennaio 2023 e conclusasi formalmente con un atto di giugno 2023, con avvio del procedimento a distanza di oltre sei mesi (quasi un anno se si considera la conclusione dell’attività ispettiva). Sotto questo profilo, infatti, non è da sottovalutare come tra lo svolgimento dell’attività ispettiva (eseguita nel mese di gennaio 2023) e l’avvio del procedimento (risalente al mese di dicembre 2023) siano passati circa undici mesi.

T.A.R. Lazio, I-Quater, 27 marzo 2025, n. 6216, con queste pesanti parole, ha annullato il provvedimento Anac con il quale aveva comminato ad una società organismo di attestazione la sanzione pecuniaria di euro 4.000, ai sensi dell’art. 222, co. 3, lett. a), d.lgs. n. 36/23, prevista dall’art. 13, co. 2, lett. b) dell’All. II.12 e aveva disposto, ai sensi dell’art. 20, co. 1, lett. b), del Regolamento sanzionatorio, l’inserimento nel Casellario informatico dell’annotazione relativa a tale sanzione.

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