tratto da leautonomie.it – a cura di Luigi Oliveri –
Il tema che propone Stefano Usai nell’articolo “La digitalizzazione impone l’atto unico negli affidamenti diretti”, pubblicato su La Gazzetta degli enti locali del 23.2.2024, è molto importante.
L’Autore si chiede se con la digitalizzazione l’adozione di un provvedimento di prenotazione della spesa a monte dell’affidamento diretto sia da considerare ormai anacronistico, posto che la digitalizzazione impone di acquisire il Cig non più all’avvio del sistema di affidamento, ma solo a conclusione.
In sostanza, l’Usai afferma che, non si sa quanto volontariamente, la digitalizzazione sia coerente con la previsione, in apparenza perentoria, dell’articolo 17, comma 2, del codice, sì da imporre, per gli affidamenti diretti, l’atto unico di affidamento; imposizione della quale, prima dell’avvio della digitalizzazione era più che lecito dubitare.
Le riflessioni proposte sono molto interessanti e profonde e inducono ad ampliare il quadro ad un problema di ben più vaste proporzioni, da sempre sotteso a qualsiasi informatizzazione o digitalizzazione.
Il problema generale è: si applicano le norme e le logiche, o si è sempre e comunque subordinati ad accettare e vincolarsi alle modalità operative fissate da programmi e piattaforme informatici e digitali?
La domanda è molto delicata, per una ragione importante e gravissima: è evidente che una volta scelta la strada della digitalizzazione in qualche misura il binario operativo è segnato. Ma, è altrettanto noto come molte volte le procedure digitali siano frutto di analisi operative carenti o manifestamente sbagliate, sicchè esse fondano “prassi” vincolate allo strumento, ma non considerabili realmente corrette. Questo perchè, purtroppo, spessissimo accade che la progettazione delle piattaforme sia rimessa al soggetto che digitalizza, il famoso “informatico”, senza un’analisi profonda della reingegnerizzazione del processo, spettante non all’ “informatico”, ma all’esperto del settore.
Ora in merito all’obbligatorietà o meno del provvedimento di affidamento “unico” e privo, a monte, di una prenotazione di spesa, indotta da un Cig che la digitalizzazione consente di acquisire solo a valle dell’affidamento diretto, si possono fare alcune considerazioni. Posto che per molti Rup la determinazione di prenotazione della spesa è come la cryptonite per Superman, a causa di una poco comprensibile e condivisibile idiosincrasia per la formulazione dei provvedimenti amministrativi pur necessari in una PA, sicchè molti hanno accolto il provvedimento “unico” in modo acritico come una “liberazione” e quindi l’adottano da subito, nella realtà a ben vedere nulla, nemmeno la digitalizzazione appare imporre l’adozione del provvedimento unico come un obbligo.
Leggiamo il testo dell’articolo 17, comma 2, del d.lgs 36/2023: “In caso di affidamento diretto, l’atto di cui al comma 1 individua l’oggetto, l’importo e il contraente, unitamente alle ragioni della sua scelta, ai requisiti di carattere generale e, se necessari, a quelli inerenti alla capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale”.
Si afferma, correttamente, in dottrina, che questo atto che conclude l’affidamento diretto propriamente non è una determinazione a contrattare, poichè esso interviene quando l’affidatario è stato già individuato.
Eppure, quanto il codice appare imperativo nell’affermare che nel caso di affidamento diretto si utilizzi la determina “unica”, allo stesso modo altrettanto imperativo nel disporre che tale provvedimento “unico” sia solo una specie del genere “provvedimento a contrattare”, quando lo riferisce all’atto di cui al comma 1, che regola proprio il provvedimento a contrattare.
Dunque, la norma fonda un’identità piena tra l’atto di cui al comma 1 e di cui al comma 2. Quello di cui al comma 2 non è un atto che cancella il provvedimento a contrattare: semplicemente fonde questo con il provvedimento di affidamento (che sarebbe l’aggiudicazione nelle procedure diverse dall’affidamento diretto).
In secondo luogo, anche se il codice dei contratti – molto inopportunamente – configura per l’affidamento diretto un’astratta possibilità di affidare ed impegnare la spesa solo in quel momento, tale modus operandi contrasta con il codice civile e con le regole di contabilità pubblica.
Infatti, si espone l’ente al rischio che un suo Rup, senza che nessuno lo sappia e in assenza di qualsiasi provvedimento propedeutico almeno di natura contabile (e persino in mancanza di qualsivoglia programmazione: gli affidamenti diretti non vanno nei programmi triennali delle opere pubbliche, forniture e servizi e negli enti si registra una fortissima reticenza anche a programmarli nel Piao o nel Pdo, per quanto, invece, sia necessario), attivi delle negoziazioni con terzi, che per ragioni contabili o di fatto possano non andare a buon fine.
L’assenza della copertura finanziaria o la circostanza che la negoziazione si riveli finalizzata ad una prestazione che in effetti l’ente non intendeva realmente acquisire, espongono l’ente a:
- responsabilità extra contrattuale, per aver indotto l’operatore economico a trattative non seriamente e fondatamente finalizzate alla successiva sottoscrizione del contratto;
- a responsabilità erariale per debito fuori bilancio;
- a responsabilità gestionale e dirigenziale connessa ad iniziative non programmate e non coerenti con gli intenti organizzativi.
C’è da chiedersi davvero cui prodest agire con un provvedimento che emerga all’improvviso, come un fungo, dall’opacità e faccia apparire per magia un affidamento.
E’ immaginabile che un codice informatico, il Cig, che oggi è possibile acquisire solo a cose fatte, sia posto ad impedire il corretto flusso giuscontabile che deve imporre sempre la preventiva prenotazione della spesa?
Il Cig non costituisce per nulla il presupposto necessario, nè operativo, nè di legittimità, di un affidamento diretto.
Nel nuovo sistema digitale, come nel vecchio, vi è tutta una fase che non viene digitalizzata: è quella dell’istruttoria volta ad individuare l’operatore economico con cui negoziare. I metodi, come noto, consigliati dall’Anac, dal buon senso e dall’operatività sono: la consultazione di listini on line; l’utilizzo di parametri offerte precedenti per commesse identiche o analoghe; l’analisi dei prezzi praticati ad altre amministrazioni per i medesimi oggetti; il confronto dei preventivi di spesa.
Sono tutte attività compiute al di fuori della procedura digitalizzata, compreso il confronto dei preventivi, che nella corretta applicazione (nonostante moltissimi enti ed operatori continuino a non comprenderlo) non è un confronto competitivo e selettivo, ma solo un elemento istruttorio, cui consegua la negoziazione poi in piattaforma.
Ora, specie laddove si scelga di individuare il contraente a valle di un’indagine fondata su preventivi, per quanto nella richiesta di preventivo si inseriscono – come opportuno – clausole chiaramente rivolte a spiegare che la richiesta non è finalizzata nell’immediato alla costituzione di un rapporto obbligatorio, non costituisce invito a offrire e il preventivo non è considerato come proposta contrattuale, in ogni caso si compulsa un imprenditore ad un inizio di trattative.
I principi di buona fede e correttezza, disposti dal codice civile, si applicano anche a questo genere di trattative, le quali inducono comunque un imprenditore ad investire tempo e denaro. La chiusura brusca delle trattative, proseguite magari fino ad una negoziazione anche in piattaforma volta a passare dal preventivo istruttorio alla vera e propria proposta contrattuale, perchè si scopre a valle che i soldi non c’erano o la prestazione non era prevista e considerata utile, scatena tutte le responsabilità viste prima.
E per tracciare un filo rosso che colleghi un provvedimento di prenotazione della spesa antecedente all’avvio dell’affidamento diretto con l’affidamento finale, è in tutto e per tutto sufficiente l’identificazione univoca dell’oggetto della prestazione. Il Cig è un codice necessario all’Anac, non all’amministrazione procedente.
Pertanto, anacronistica o meno, la determinazione di attivazione della procedura di affidamento diretto serve ancora eccome, e non è minimamente intaccata dalla digitalizzazione: serve per avere la certezza che la negoziazione non comporti responsabilità civili, contabili e disciplinari; serve per rendere edotta la struttura e l’ente dell’iniziativa assunta, a maggior ragione se l’ente scelga (erroneamente) di non programmare nel Piao e/o Pdo affidamenti che possono anche essere rilevanti (con 140.000 euro si arreda quasi un’intera scuola d’infanzia).