tratto da le autonomie.it

di Arturo Bianco

Nella spesa del personale che viene calcolata per determinare, ai sensi delle previsioni dettate dall’articolo 33 del d.l. n. 34/2019, le capacità assunzionali dei comuni, delle province, delle città metropolitane e delle regioni non devono essere inseriti i costi derivanti dal pagamento degli arretrati determinati dal contratto del triennio 2022/2024, mentre vanno inseriti i maggiori oneri derivanti a regime dall’applicazione di tale documento.

Tali aumenti vanno invece in deroga rispetto al tetto di spesa del personale del triennio 2011/2013 o, per gli enti che non erano assoggettati al patto di stabilità, dell’anno 2008.

Sono queste le principali indicazioni relativamente ai costi aggiuntivi contenute nella ipotesi di contratto del personale del comparto delle funzioni locali che è stata stipulata lo scorso 3 novembre e per il quale si attende l’approvazione da parte del Governo, la verifica della Corte dei Conti e la stipulazione definitiva.

Le amministrazioni devono nel frattempo prepararsi per dare attuazione agli aumenti del trattamento economico fondamentale disposti da tale documento, aumenti che dovranno essere corrisposti entro il mese successivo alla stipula del contratto nazionale. Successivamente, ad invarianza di costi e senza effetti sui compensi percepiti -tranne gli aumenti che si producono per lo straordinario, la turnazione e le attività aggiuntive per le attività svolte nei giorni festivi, in quanto compensi commisurati allo stipendio tabellare- le amministrazioni dovranno spostare una parte della indennità di comparto nel trattamento economico fondamentale.

IL RISPETTO DEL TETTO DI SPESA DEL PERSONALE

Sulla base delle previsioni dettate dall’articolo 3, comma 4 ter, del dl. n. 36/2022, gli oneri derivanti dagli arretrati per i rinnovi contrattuali vanno in deroga dalla spesa del personale che serve per il calcolo delle capacità assunzionali ex articolo 33 d.l. n. 34/2019, mentre i maggiori oneri derivanti a regime dai rinnovi contrattuali vanno inseriti in tale spesa. Tale disposizione si applica a tutti i rinnovi contrattuali a partire da quello del triennio 2019/2021 e, quindi, anche al rinnovo per il triennio 2022/2024.

Per cui, a far data dal rinnovo del contratto nazionale si determina un aumento dei costi del personale ed i comuni, le province, le città metropolitane e le regioni sono obbligati a tenerne conto ai fini della determinazione delle proprie capacità assunzionali, visto che si determina un aumento della spesa del personale.

Si deve aggiungere che, per quanto riguarda la spesa del personale di cui ai commi da 557 a 562 della legge n. 296/2006, cioè il rispetto del tetto medio degli anni 2011/2013 per gli enti che erano assoggettati al patto di stabilità e dell’anno 2008 per quelli che non erano assoggettati a tale vincolo, cioè i comuni fino a 1.000 abitanti, le unioni dei comuni, le comunità montane, i consorzi etc, tutti i maggiori oneri derivanti dall’applicazione del nuovo contratto, quindi sia gli arretrati sia i costi a regime, vanno in deroga.

GLI AUMENTI DEL TRATTAMENTO ECONOMICO FONDAMENTALE

La ipotesi di contratto del personale per il triennio 2022/2024 dispone incrementi del trattamento economico fondamentale a decorrere dall’ 1 gennaio 2024, essendo per gli anni 2022 e 2023 gli incrementi pari alla indennità di vacanza contrattuale di cui alla legge n. 234/2021.

Tali aumenti sono differenziati per la 4 aree e non vi sono più differenziazioni per le singole posizioni di progressione economica, fermo restando che non viene incrementato il valore di ogni posizione differenziale stipendiale previsto dal CCNL del 16 novembre 2022.

Occorre ricordare che questi aumenti inglobano la indennità di vacanza contrattuale disposta a partire dall’anno 2022 e la sua maggiorazione di 6,7 volte disposta per tutti gli enti dal gennaio del 2024 sulla base delle previsioni dettate dalla legge n. 213/2023, ivi comprese le erogazioni una tantum disposte da alcune amministrazioni nel dicembre del 2023 sulla base delle previsioni dettate dal d.l. n. 145/2023.

Continuerà invece a dovere essere corrisposta la indennità di vacanza contrattuale erogata a partire dallo scorso mese di aprile e in misura più elevata a partire dal mese di luglio del 2025 sulla base delle previsioni dettate dalla legge n. 207/2024, cd di bilancio 2025: essa sarà inglobata negli aumenti contrattuali che saranno disposti dal CCNL del triennio 2025/2027.

LO SPOSTAMENTO DELLA INDENNITA’ DI COMPARTO NEL TRATTAMENTO FONDAMENTALE

Dallo 1 gennaio dell’anno successivo alla stipula definitiva del contratto nazionale, quindi molto probabilmente dall’1 gennaio 2027, una quota fissata dal CCNL della indennità di comparto sarà inserita nel trattamento economico fondamentale.

Tale quota è fissata in 14,37 euro al mese per 13 mensilità per i funzionari, in 12,68 euro al mese per 13 mensilità per gli istruttori, in 10,89 euro al mese per 13 mensilità per gli operatori esperti ed in 8,97 euro al mese per 13 mensilità per gli operatori.

Di conseguenza per i dipendenti diminuirà la misura della indennità di comparto, con una invarianza del trattamento economico in godimento, e le risorse necessarie per la corresponsione di questa forma di compenso dovranno essere sottratte al fondo per la contrattazione decentrata. Per cui siamo in presenza di una scelta che direttamente non determina oneri aggiuntivi.

Si deve evidenziare che si determinano numerose ed importanti conseguenze. In primo luogo, l’aumento del trattamento economico fondamentale determina un incremento delle indennità che sono calcolate come suo valore percentuale, quindi la turnazione, il lavoro straordinario ed i compensi per le attività aggiuntive svolte nelle giornate festiva, il che produce conseguenze sulla ripartizione del fondo per la contrattazione decentrata.

Si determina inoltre un altro importante effetto: queste risorse vengono escluse dal taglio del trattamento economico accessorio che il legislatore ha previsto dal 2008 per i primi 10 giorni di ogni assenza per malattia, taglio che quindi si riduce per il personale dipendente, per il quale questa decurtazione produce effetti assai limitati.

LA CORRESPONSIONE DEGLI AUMENTI

Sulla base delle previsioni dettate dall’articolo 2, comma 3, della ipotesi di contratto, disposizione che riprende le indicazioni dettate da tutti i precedenti contratti collettivi nazionali di lavoro, gli “istituti a contenuto economico e normativo con carattere vincolato ed automatico sono applicati dalle amministrazioni entro 30 giorni dalla data di stipulazione”. Quindi, con la busta paga del mese successivo a quello della stipulazione definitiva, gli enti dovranno calcolare e corrispondere gli arretrati che sono maturati e dovranno dare corso alla erogazione degli aumenti contrattuali.

Ricordiamo che le amministrazioni, per finanziare tali oneri, avrebbero dovuto inserire nei bilanci preventivi degli anni gli aumenti disposti dalle leggi di bilancio, aumenti che hanno un vincolo di destinazione e che, quindi, diventano immediatamente erogabili con la stipula del contratto nazionale, non essendo compresi nei vincoli dettati dalla normativa contabile per gli avanzi di amministrazione. Ovviamente, le amministrazioni che non hanno rispettato, anche in modo parziale, tale vincolo devono dare corso alla variazione di bilancio necessaria per potere finanziare questi incrementi, che si ricorda hanno un carattere vincolato ed obbligatorio per tutti gli enti del comparto, ivi compresi quelli che si trovano in condizione di “anomalia” finanziaria, cioè gli enti dissestati e/o strutturalmente deficitari e/o in cd predissesto.

Torna in alto