Tratto da: Giurisprudenzappalti
In assenza di una norma espressa che lo consenta, va ribadita l’impossibilità giuridica di applicare il cumulo alla rinfusa alle reti di imprese, in quanto istituto di carattere eccezionale valevole per i soli consorzi stabili e dunque insuscettibile – in assenza di formale previsione ad hoc – di applicazione al di fuori dei casi espressamente previsti.
Il Consiglio di Stato accoglie l’appello, dopo una efficace ricostruzione delle nozioni di rete di imprese, di consorzio stabile e di cumulo alla rinfusa.
Questo quanto stabilito da Consiglio di Stato, Sez. V, 27/10/2025, n. 8289:
Il motivo è fondato.
Vanno preliminarmente precisate, a definire il quadro giuridico nel quale si inserisce la fattispecie controversa, le nozioni di rete di imprese, di consorzio stabile e di cumulo alla rinfusa.
Come già evidenziato nel precedente di questa Sezione n. 1985 dell’11 marzo 2025, la nozione di rete di impresa, inizialmente elaborata in sede comunitaria (Decisione del Parlamento e del Consiglio europei n. 1639/2006), è stata introdotta nell’ordinamento italiano dall’art. 6bis della l. n. 133 del 2008, ancorché alla disciplina puntuale dell’istituto di sia giunti solo con il successivo d.l. 10 febbraio 2009, n. 5, convertito con modificazioni in l. 9 aprile 2009, n. 33 (art. 3, commi 4ter, 4quater e 4quinquies), recante “misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi” e con le successive modifiche di cui alla l. 17 dicembre 2012, n. 221.
In particolare, il detto art. 3 così prevedeva, nella formulazione originaria:
“con il contratto di rete due o più imprese si obbligano ad esercitare in comune una o più attività economiche rientranti nei rispettivi oggetti sociali allo scopo di accrescere la reciproca capacità innovativa e la competitività sul mercato. Il contratto è redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, e deve indicare:
a) la denominazione sociale delle imprese aderenti alla rete;
b) l’indicazione delle attività comuni poste a base della rete;
c) l’individuazione di un programma di rete, che contenga l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascuna impresa partecipante e le modalità di realizzazione dello scopo comune da perseguirsi attraverso l’istituzione di un fondo patrimoniale comune, in relazione al quale sono stabiliti i criteri di valutazione dei conferimenti che ciascun contraente si obbliga ad eseguire per la sua costituzione e le relative modalità di gestione, ovvero mediante ricorso alla costituzione da parte di ciascun contraente di un patrimonio destinato all’affare, ai sensi dell’articolo 2447-bis, primo comma, lettera a), del codice civile;
d) la durata del contratto e le relative ipotesi di recesso;
e) l’organo comune incaricato di eseguire il programma di rete, i suoi poteri, anche di rappresentanza, e le modalità di partecipazione di ogni impresa all’attività dell’organo.
Il contratto di rete è iscritto nel registro delle imprese ove hanno sede le imprese contraenti.
Alle reti delle imprese di cui al presente articolo si applicano le disposizioni dell’articolo 1, comma 368, lettera b), della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni”.
Successivamente alla novella apportata dal d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito in l. 30 luglio 2010, n. 122), veniva ampliata la portata e l’ambito di applicazione dell’istituto, nei termini per cui “lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato” poteva essere perseguito dagli imprenditori partecipanti “sulla base di un programma comune di rete”, non solamente al fine di “esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa”, ma anche per “[…] collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica”.
Veniva quindi prevista la possibilità di istituire un fondo patrimoniale comune e di nominare un organo comune, incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l’esecuzione del contratto o di singole parti (o fasi) dello stesso: in tal modo venivano a delinearsi due tipologie di contratto di rete, una a rilevanza meramente interna, l’altra a rilevanza esterna.
Con il d.l. 22 giugno 2012, n. 183 (convertito in l. 7 agosto 2012, n. 134), veniva poi modificato il comma 4quater dell’art. 3 ult. cit., relativamente agli adempimenti pubblicitari delle reti; quindi, con il d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito in l. 17 dicembre 2012, n. 221), si prevedeva che il conferimento della soggettività giuridica alla rete con attività esterna costituiva una semplice “facoltà” delle parti (in tal modo innovandosi la formulazione del comma 4ter, ultima parte), altresì precisando che, laddove il contratto ne prevedesse l’istituzione, lo stesso avrebbe indicato “il nome, la ditta, la ragione o la denominazione sociale del soggetto prescelto per svolgere l’ufficio di organo comune per l’esecuzione del contratto o di una o più parti o fasi di esso, i poteri di gestione e di rappresentanza conferiti a tale soggetto, nonché le regole relative alla sua eventuale sostituzione durante la vigenza del contratto. L’organo comune agisce in rappresentanza della rete, quando essa acquista soggettività giuridica e, in assenza della soggettività, degli imprenditori, anche individuali, partecipanti al contratto salvo che sia diversamente disposto nello stesso, nelle procedure di programmazione negoziata con le pubbliche amministrazioni, nelle procedure inerenti ad interventi di garanzia per l’accesso al credito e in quelle inerenti allo sviluppo del sistema imprenditoriale nei processi di internazionalizzazione e di innovazione previsti dall’ordinamento, nonché all’utilizzazione di strumenti di promozione e tutela dei prodotti e marchi di qualità o di cui sia adeguatamente garantita la genuinità della provenienza” (così il riformulato comma 4ter, lett. e), altresì precisando, al comma 4quater, quanto agli adempimenti pubblicitari, che “per acquistare la soggettività giuridica il contratto deve essere stipulato per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, ovvero per atto firmato digitalmente a norma dell’articolo 25 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82”.
Alla luce dei progressivi interventi del legislatore, come sopra riassunti, si deve quindi distinguere tra reti costituite per la realizzazione di uno scopo comune, attraverso l’esercizio di una o più attività economiche ovvero l’espletamento di una collaborazione suscettibile di produrre vincoli e rapporti obbligatori soltanto tra le parti (le reti cd. a rilevanza interna) e reti destinate, invece, a operare con i terzi (ossia a rilevanza esterna).
Tra queste ultime, inoltre, è possibile operare un’ulteriore distinzione tra quelle sprovviste (le cc.dd. reti-contratto) e quelle provviste (le cc.dd. reti-soggetto) di soggettività giuridica: al riguardo va evidenziato che l’art. 3, comma 4ter, ult. cpv. della l. n. 33 del 2009 prevede che, in linea di principio, le reti con rilevanza esterna, ancorché dotate di un organo comune e di un fondo patrimoniale, non siano comunque munite di soggettività giuridica.
E’ tuttavia facoltà delle parti far acquistare alla rete la soggettività, ricorrendo agli adempimenti pubblicitari (iscrizione del contratto presso il registro delle imprese) indicati dal comma 4quater.
Quanto sopra trova altresì riscontro nella determinazione dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici n. 3 del 23 aprile 2013, che inquadra le reti di impresa in tre distinti moduli:
a) il primo consiste in una rete di imprese regolata da un contratto plurilaterale con comunione di scopo, che individua la partecipazione congiunta alle gare come uno degli scopi strategici inclusi nel programma tra le imprese, senza individuazione di un organo comune ovvero con la dotazione di un organo comune, ma privo del potere di rappresentanza;
b) il secondo consiste in una rete di imprese la cui organizzazione prevede un organo comune dotato di potere di rappresentanza, ma che resta sprovvisto del requisito della soggettività giuridica;
c) il terzo consiste in una rete di imprese, caratterizzata non soltanto da un organo comune dotato di potere di rappresentanza delle imprese aderenti alla rete, ma anche del requisito della soggettività giuridica.
Le diverse categorie, ancorché non sovrapponibili né assimilabili agli stessi, sono in qualche modo riconducibili ora alla ratio dell’istituto del raggruppamento temporaneo di concorrenti, ora a quella dei consorzi ordinari di concorrenti, ora alle forme di aggregazione continuata tra imprese: obiettivo comune delle diverse tipologie del contratto di rete di imprese – uno strumento caratterizzato dall’ampio ruolo riconosciuto all’autonomia privata, che si contrappone alla tipicità del diritto societario – è in ogni caso esclusivamente la finalità di consentire agli imprenditori di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato.
Mediante tale strumento i detti imprenditori si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio della propria attività imprenditoriale, ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica, ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa.
La rete si distingue dalle altre forme di collaborazione tra imprese, in quanto focalizza l’attenzione sul perseguimento di obiettivi strategici comuni di crescita: svolge una funzione di interazione tra i partecipanti, laddove (a differenza, in particolare, dei raggruppamenti temporanei e dei consorzi, in primis quelli a rilevanza esterna) l’assunzione delle decisioni strategiche non è delegata ad una capogruppo ma rimane in capo a ciascuna impresa.
Le imprese che la compongono rimangono dunque formalmente indipendenti, limitandosi a porre in essere “relazioni di co-produzione” attraverso accordi incentrati su meccanismi di comunicazione e di coordinamento.
Quanto poi, più nello specifico, alla possibilità per le reti di imprese di prendere parte alle gare pubbliche, con d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito in l. 17 dicembre 2012, n. 221) venivano modificati l’allora art. 34 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, con l’introduzione del comma primo, lett. e-bis), che ammetteva a partecipare alle procedure pubbliche di appalto anche “le aggregazioni di imprese aderenti al contratto di rete ai sensi dell’articolo 3, comma 4-ter, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5” e l’art. 37, con l’aggiunta del comma 15-bis, a mente del quale “le disposizioni di cui al presente articolo trovano applicazione, in quanto compatibili, alla partecipazione alle procedure di affidamento delle aggregazioni tra le imprese aderenti al contratto di rete, di cui all’articolo 34, comma 1, lettera e-bis”.
Quindi, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, con l’art. 45, comma 2, lett. f) le aggregazioni tra le imprese aderenti al contratto di rete venivano espressamente ricomprese tra i soggetti ammessi a partecipare alle gare pubbliche; a sua volta, anche l’art. 48, comma 14, del medesimo decreto chiariva che le disposizioni ivi contenute “trovano applicazione, in quanto compatibili, alla partecipazione alle procedure di affidamento delle aggregazioni tra le imprese aderenti al contratto di rete”.
Nel vigore di tale disciplina, Cons. Stato, III, 17 novembre 2020, n. 7136 distingueva, in merito alla titolarità dei requisiti di partecipazione alla procedura pubblica di affidamento, a seconda che la rete fosse: a) dotata di organo comune, ma privo del potere di rappresentanza, ovvero sprovvista di un organo comune; b) dotata di organo comune provvisto del potere di rappresentanza, ma priva di soggettività giuridica; c) dotata di organo comune e di soggettività giuridica.
Nel caso sub a), l’aggregazione delle imprese retiste avrebbe potuto partecipare alla gara pubblica secondo le regole previste per i raggruppamenti, ricorrendo al conferimento di mandato collettivo speciale con rappresentanza in favore di una delle partecipanti alla gara, ai fini della stipula del relativo contratto; nell’ipotesi di cui alla lettera b), l’organo comune avrebbe potuto svolgere il ruolo di mandatario, a condizione di essere in possesso dei necessari requisiti di qualificazione e qualora il contratto di rete espressamente conferisse mandato a presentare domande di partecipazione o offerte per le procedure di gara.
Quindi, nel caso di cui alla lettera c), “l’aggregazione tra le imprese aderenti al contratto di rete partecipa a mezzo dell’organo comune, esso stesso parte della rete e qualora in possesso dei requisiti di qualificazione previsti per la mandataria”.
Infine, con il vigente Codice dei contratti pubblici di lavori, forniture e servizi (d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36) ricomprende tra gli operatori economici ammessi a partecipare alle procedure di affidamento, all’art. 65, comma 2 lettera g) anche “le aggregazioni tra le imprese aderenti al contratto di rete ai sensi dell’articolo 3, comma 4-ter del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33”.
Quindi, il successivo art. 68, comma 20 del medesimo decreto, recante la disciplina applicabile ai raggruppamenti temporanei ed ai consorzi ordinari di operatori economici, precisa che “il presente articolo trova applicazione, in quanto compatibile, nella partecipazione alle procedure di affidamento delle aggregazioni tra le imprese aderenti al contratto di rete di cui all’art. 65, comma 2, lettera g)”.
Ne consegue che nella vigenza dell’attuale Codice dei contratti pubblici la disciplina prevista per il RTI ed i consorzi ordinari è potenzialmente estesa anche alla forma aggregativa delle reti di impresa, in quanto compatibile, ossia da verificarsi – in modo sostanziale – caso per caso.
Venendo quindi alla nozione di “consorzio stabile”, va rilevato come si tratti di una sottocategoria di consorzi, regolamentata (quanto alla disciplina generale) dal Codice civile e (in ordine al profilo della partecipazione alle gare pubbliche) dal Codice dei contratti pubblici.
Gli elementi necessari affinché una specifica cooperazione tra più imprese costituisca un consorzio stabile e non piuttosto un’altra fra le molteplici forme consortili previste dal d.lgs. n. 36 del 2023 sono tassativamente indicati all’art. 65, comma 2, lett. d) del suddetto decreto, a mente del quale i consorzi (non necessari) in questione sono “costituiti anche in forma di società consortili ai sensi dell’articolo 2615-ter del codice civile, tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro; i consorzi stabili sono formati da non meno di tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa”.
Primo elemento che distingue i consorzi stabili da quelli ordinari (a loro volta contemplati, unitamente ai raggruppamenti temporanei, all’art. 68 del d.lgs. n. 36 del 2023) è la “autonoma personalità giuridica, distinta dalle imprese consorziate”, che li rende delle “aggregazioni durevoli di soggetti che nascono da un’esigenza di cooperazione ed assistenza reciproca e che, operando come un’unica impresa, si accreditano all’esterno come soggetto distinto” (ex multis Cons. Stato, III, 10 giugno 2024, n. 5180).
A riguardo, affinché possa parlarsi di consorzio stabile, è consolidato l’orientamento che ritiene indispensabile la contemporanea presenza del cd. requisito teleologico e della comune struttura di impresa: il primo consiste nella astratta idoneità del consorzio, esplicitamente indicata nello statuto consortile, di operare con un’autonoma struttura di impresa, in grado di eseguire, anche senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate, le presentazioni previste nel contratto.
Il consorzio stabile può invero partecipare alle procedure di gara in nome e nell’interesse proprio, ovvero nell’interesse di tutte o solo parte delle consorziate.
Quanto invece alla “comune struttura di impresa”, la stessa andrebbe intesa “nel senso civilistico di complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa” (Cons. Stato, V, 8 gennaio 2024, n. 266).
Quanto alla nozione di comune struttura di impresa, Cons. Stato, V, 8 gennaio 2024, n. 266 ha chiarito che tale requisito può conseguirsi per duplice via, “mediante la creazione ex novo di una struttura aziendale con l’assunzione in capo al consorzio di proprio personale unitamente all’acquisizione di propri macchinari, attrezzature e strumenti, con i quali, al pari delle imprese consorziate, dotarsi di capacità tecnico – professionali idonee ad eseguire commesse pubbliche”, ma anche (“rientrandovi nei limiti consentiti dalla nozione civilistica di ‘azienda’ quale ‘complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa’”) “acquisendo la sola disponibilità giuridica di personale e mezzi che, al momento opportuno, il [management] consortile possa organizzare per procedere all’esecuzione diretta del contratto. In quest’ultimo caso, in definitiva, il consorzio potrà attingere dalle singole consorziate il personale, i mezzi e le attrezzature, ma anche, eventualmente, le risorse finanziarie, che, organizzate in maniera originale, consentiranno l’esecuzione diretta del contratto” (così, in termini, già Cons. Stato, V, 14 dicembre 2021, n. 8331).
Ne consegue che a rilevare, ben più delle formali previsioni statutarie (o di eventuali accordi interni formalizzati tra gli operatori partecipanti), ciò che determina il sorgere di un consorzio stabile è l’effettiva capacità materiale o giuridica di poter predisporre ed organizzare le risorse necessarie alla propria partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica.
Secondo consolidata formula descrittiva, si tratta di operatori economici dotati di autonoma personalità giuridica rispetto alle consorziate, costituiti in forma collettiva e con causa mutualistica, che operano e partecipano in proprio alle gare, oppure, “in base allo stabile rapporto organico con le imprese associate giovandosi senza necessità di ricorrere all’avvalimento, dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria delle consorziate stesse, secondo il criterio del cumulo alla rinfusa” (Cons. Stato, V , 28 marzo 2023, n. 3148).
Secondo la formula normativa già richiamata (art. 65, comma 2, lett. d cit.), si tratta di consorzi costituiti tra almeno tre imprese, che abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici per un periodo non inferiore a cinque anni, istituendo a tale fine una comune struttura di impresa.
Tale definizione, di carattere generale ed astratto, va peraltro meglio specificata nei termini che seguono.
Quanto all’aspetto che qui interessa, il consorzio stabile è disciplinato all’art. 65, comma 2 lett. d) del d.lgs. n. 36 del 2023, che lo include tra gli operatori economici ammessi a partecipare alle procedure di affidamento degli appalti pubblici. La qualificazione di tali consorzi è invece disciplinata all’art. 67 e dall’emanando regolamento sulla qualificazione degli operatori economici di cui all’art. 100 (recte, 266bis) del medesimo decreto.
I consorzi stabili possono eseguire le prestazioni oggetto di gara sia direttamente con la propria struttura, sia tramite i consorziati indicati in sede di gara, con la precisazione, in questo secondo caso, che non si è in presenza di un subappalto e resta ferma la responsabilità solidale (del consorzio e della consorziata esecutrice) nei confronti della stazione appaltante.
E’ inoltre previsto che la partecipazione alla gara – in qualsiasi altra forma – della consorziata esecutrice determini l’esclusione del consorzio laddove emergano rilevanti indizi di riferibilità delle offerte di tali operatori economici ad un unico centro decisionale, salvo che il consorzio non dimostri che la circostanza non ha influito sulla gara, né è idonea a incidere sulla propria capacità di rispettare gli obblighi contrattuali.
La giurisprudenza definisce i consorzi stabili come aggregazioni durevoli di soggetti che, operando come un’unica impresa, si accreditano all’esterno come soggetto distinto rispetto alle consorziate: elemento qualificante è infatti la comune struttura di impresa, da intendersi quale azienda consortile idonea ad eseguire in proprio, ossia senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate, le prestazioni affidate a mezzo del contratto.
Tale elemento – che si riverbera nel principio della responsabilità solidale degli esecutori nei confronti della stazione appaltante – differenzia in modo sostanziale la posizione delle consorziate del consorzio stabile rispetto a quella delle mandanti dei raggruppamenti temporanei di imprese, i quali sono invece privi di personalità giuridica autonoma.
Il consorzio stabile è l’unico soggetto che presenta domanda di ammissione alla gara e che di conseguenza stipula il contratto con l’amministrazione (in nome proprio), anche se per conto delle consorziate; altresì – come si è detto – è il consorzio ad essere responsabile dell’esecuzione delle prestazioni, pure nel caso in cui si avvalga, a tal fine, delle imprese consorziate (le quali in tal caso risponderanno solidalmente al consorzio per l’esecuzione).
Al riguardo, l’Adunanza plenaria di questo Consiglio ha avuto modo di chiarire (Cons. Stato, Ad plen. 18 marzo 2021, n. 5) che “I partecipanti […] danno infatti vita ad una stabile struttura di impresa collettiva, la quale, oltre a presentare una propria soggettività giuridica con autonomia anche patrimoniale, rimane distinta e autonoma rispetto alle aziende dei singoli imprenditori ed è strutturata, quale azienda consortile, per eseguire, anche in proprio (ossia senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate), le prestazioni affidate a mezzo del contratto”.
Elemento caratteristico di tale figura è dunque la concreta (e reale) idoneità del consorzio ad agire come autonoma struttura di impresa, ferma restando la facoltà per lo stesso di eseguire le prestazioni – nei limiti in cui ciò sia consentito dalle disposizioni vigenti – anche attraverso le consorziate: tale possibilità è invece assente nel consorzio ordinario (di cui all’art. 65, comma 2, lett. f del d.lgs. n. 36 del 2023), che dunque sotto tale profilo è assimilabile al raggruppamento temporaneo di imprese (il quale, del resto, può comprendere anche dei consorzi stabili al proprio interno),
L’alterità che connota il consorzio stabile rispetto ai propri componenti (e che vale, come detto, a differenziarli sia rispetto ai raggruppamenti temporanei che ai consorzi ordinari) trova conferma nella possibilità, a determinate condizioni (ut supra), di una partecipazione congiunta alla medesima gara; di conseguenza il consorzio stabile si presenta nella gara come un operatore economico unitario anche se la gara è suddivisa in lotti e, per ciascun lotto, sono indicate imprese esecutrici diverse.
Venendo quindi all’istituto del cd. “cumulo alla rinfusa”, lo stesso rappresenta un meccanismo che consente ai consorzi stabili di potersi qualificare, cumulando i propri requisiti di capacità tecnica ed economica a quelli maturati dalle imprese consorziate, in una sorta di avvalimento ex lege. Si tratta, in particolare, di uno strumento – ispirato dal favor partecipationis – inscindibilmente connesso ad una specifica forma di aggregazione di soggetti, vale a dire l’organizzazione d’impresa collettiva di cui all’art. 65, comma 2, lett. d) del d.lgs. n. 36 del 2023, ossia il consorzio stabile.
Come evidenzia, da ultimo, il precedente di Cons. Stato, V, 3 gennaio 2024, n. 71 (riferito ad una fattispecie concreta disciplinata dal d.lgs. n. 50 del 2016, ma esprimente principi applicabili in toto anche al caso qui in esame), l’art. 47, comma primo del predetto decreto prevede(va) il cumulo alla rinfusa per la qualificazione del consorzio stabile – da intendersi senza limiti alla luce della interpretazione autentica ai sensi dell’art. 225, comma 13, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 – mentre il successivo comma 2 precisa(va) che il consorzio stabile esegue la prestazione in proprio o tramite le consorziate, senza che questo possa essere qualificato come subappalto, con responsabilità solidale del consorzio e della consorziata esecutrice.
Dal combinato disposto dei due commi deve dunque desumersi che:
a) la qualificazione è richiesta in capo al consorzio stabile e non in capo alle singole consorziate, poiché la qualificazione delle singole consorziate rileva solo ai fini del cumulo alla rinfusa (onde verificare che il consorzio stabile sia qualificato);
b) una volta che si accerti che il consorzio stabile è qualificato, non rileva verificare anche la qualificazione (o meno) delle singole consorziate;
c) il cumulo alla rinfusa previsto dal comma primo dell’art. 47 determina un avvalimento ex lege, che si deve intendere bidirezionale alla luce del comma 2 della stessa norma;
d) l’esecuzione diretta o tramite consorziate, con responsabilità solidale, presuppone appunto un avvalimento ex legeche opera in senso bidirezionale;
e) non ha alcuna rilevanza che la consorziata esecutrice non sia qualificata, poiché da un lato è richiesta solo la qualificazione del consorzio e comunque, laddove quest’ultimo decida di incaricare una consorziata non qualificata dell’esecuzione, sarà comunque responsabile in solido, venendo ad operare (il consorzio) come una ausiliariaex lege.
In estrema sintesi, il cumulo alla rinfusa va inteso come un avvalimento ex lege, con il relativo regime di responsabilità: deve infatti ragionarsi in termini di unicità del soggetto composto da consorzio stabile e consorziate, indipendentemente da chi abbia i requisiti e da chi esegua, dal momento che in un avvalimento ex lege sono solidalmente responsabili sia i soggetti che hanno i requisiti, sia quelli che in concreto eseguono.
Solo ragionando in termini di unicità, secondo la logica dell’avvalimento ex lege, può infatti comprendersi la scissione tra il soggetto che ha i requisiti di qualificazione – ma non esegue – e quello che esegue ma non ha i requisiti di qualificazione.
I principi di cui sopra trovano applicazione anche nella vigenza del d.lgs. n. 36 del 2023, il cui art. 225, comma 13, secondo periodo interpreta (come già ricordato, autenticamente) l’art. 47, comma 2bis, del Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, nel senso che consente ai consorzi stabili di far ricorso in modo generalizzato al cumulo alla rinfusa ai fini dell’affidamento di servizi e forniture e, dunque, di poter integrare i requisiti previsti dalla lex specialis mediante quelli posseduti dalle proprie consorziate non esecutrici (in termini, già la consolidata giurisprudenza: ex multis, Cons. Stato, V, 4 luglio 2023, n. 6533; 5 maggio 2023, n. 1761; ord. 5 maggio 2023, n. 1761; 14 aprile 2023, n. 1424).
In questo quadro di insieme si colloca anche l’art. 68, comma 20 del d.lgs. n. 36 del 2023, norma che secondo il primo giudice consentirebbe alle reti (ancorché nella sola ipotesi di assimilazione, in via sostanziale, ad un consorzio stabile), di beneficiare del cd. cumulo alla rinfusa.
L’interpretazione riportata nella sentenza appellata non è corretta.
Il comma 20 del detto art. 68, infatti, nel prevedere che “Il presente articolo trova applicazione, in quanto compatibile, nella partecipazione alle procedure di affidamento delle aggregazioni tra le imprese aderenti al contratto di rete, di cui all’articolo 65, comma 2, lettera g); queste ultime, nel caso in cui abbiano tutti i requisiti del consorzio stabile di cui all’articolo 65, comma 2, lettera d), sono ad esso equiparate ai fini della qualificazione SOA”, espressamente si riferisce, in termini specifici, alla “qualificazione SOA”, ossia attiene esclusivamente ai presupposti per potere ottenere la detta attestazione.
La precisazione normativa circoscrive dunque la portata dell’equiparazione, che non si estende (come ritiene il primo giudice) alla “qualificazione” alla gara in quanto tale (e men che mai attiene al cumulo alla rinfusa, istituto al quale non viene neppur fatto formale riferimento).
In assenza dunque di una norma espressa che lo consenta, va ribadita l’impossibilità giuridica di applicare il cumulo alla rinfusa alle reti di imprese, in quanto istituto di carattere eccezionale valevole per i soli consorzi stabili e dunque insuscettibile – in assenza di formale previsione ad hoc – di applicazione al di fuori dei casi espressamente previsti.
Vale comunque evidenziare, per completezza, che la Rete ………………… non poteva essere equiparata ad un consorzio stabile tra imprese, alla luce dei principi in precedenza delineati, per carenza del presupposto dell’autonoma organizzazione di impresa, stante la dichiarazione resa dalla sua procuratrice speciale di non avere dipendenti, né risultando altrimenti dagli atti l’esistenza di una autonoma – ed autosufficiente, ai fini dell’erogazione del servizio posto a gara – struttura di impresa.
Va invero data continuità all’orientamento (ex pluribus, Cons. Stato, V, 28 marzo 2023, n. 3148) per cui elemento essenziale per poter attribuire al consorzio la qualifica di consorzio stabile è il c.d. elemento teleologico, ossia l’effettiva idoneità del consorzio, già esplicitata nello statuto consortile, di operare con un’autonoma struttura di impresa, capace di eseguire, anche in proprio, ovvero senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate, le presentazioni previste nel contratto, ferma restando la facoltà per il consorzio, che abbia tale struttura, di eseguire le prestazioni, nei limiti consentiti, attraverso le consorziate (così Cons. Stato, V, 2 maggio 2017, n. 1984; 17 gennaio 2018, n. 276).
Il richiamo espresso – contenuto nel Codice dei contratti pubblici – alla “comune struttura di impresa” dà atto di come tale elemento costituisca un predicato indefettibile dell’esistenza di una azienda consortile, intesa nel senso civilistico di complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa, utile ad eseguire in proprio – ossia senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate – le prestazioni affidate a mezzo del contratto (in termini, Cons. Stato, Ad. plen. 18 marzo 2021, n. 5; VI, 13 ottobre 2020, n. 6165).
Tale presupposto, non a caso, fonda la decisione della Corte di Giustizia UE (C-376/08, 23 dicembre 2009) di ammettere la contemporanea partecipazione alla medesima gara del consorzio stabile e della consorziata, ove quest’ultima non sia stata designata per l’esecuzione del contratto e non abbia pertanto concordato la presentazione dell’offerta (Cons. Stato, III, 4 febbraio 2019, n. 865).

