Tratto da: leautonomie.it

di Arturo Bianco

Negli enti locali, al pari di quanto previsto per tutte le amministrazioni pubbliche, si devono considerare pienamente legittimi i provvedimenti di collocamento in quiescenza per raggiungimento della anzianità pensionistica adottati per coloro che hanno maturato tali requisiti entro la fine del 2024, mentre non lo sono -e quindi vanno annullati- quelli adottati nell’anno precedente per dipendenti che raggiungono i requisiti per il collocamento anticipato sia di anzianità contributiva e/o di età anagrafica nell’anno 2025.

E’ questa la indicazione della Funzione Pubblica sull’applicazione della legge di bilancio 2025, in particolare dei commi 162 e seguenti, che riprende le indicazioni già fornite nella propria direttiva dello scorso mese di gennaio.

Si deve ricordare che con il comma 11 dell’articolo 12 del d.l. n. 25/2025 le amministrazioni hanno la possibilità di collocare in quiescenza i propri dipendenti che raggiungono i requisiti di anzianità contributiva e di età nel tetto massimo del 15% e che possono utilizzare questa previsione sulla base di proprie esigenze organizzative da motivare adeguatamente e da predeterminare con una disposizione avente natura regolamentare.

LE INDICAZIONI DELLA FUNZIONE PUBBLICA SUI PENSIONAMENTI ANTICIPATI

I provvedimenti di collocamento in quiescenza adottati dalle PA per coloro che entro la fine del 2024 avevano maturato i requisiti per il pensionamento anticipato sono validi, mentre non lo sono quelli adottati nei confronti di soggetti che raggiungono questi requisiti a partire dallo scorso 1 gennaio.

Sono queste le indicazioni contenute nel parere 15058 che è contraddistinto dal seguente titolo “Parere in merito alla validità dei provvedimenti di risoluzione unilaterale adottati ai sensi dell’articolo 72, comma 11, del d.l. n. n. 112/2008, a seguito dell’abrogazione dell’istituto, disposta ai sensi dell’articolo 1, comma 164, della legge n. 207/2024”.

Con la legge di bilancio 2025, legge n. 207/2024, articolo 1, comma 162, è stato disposto “l’innalzamento dei limiti ordinamentali dei rispettivi settori di appartenenza, ove inferiori, al requisito anagrafico per il raggiungimento della pensione di vecchiaia di cui al comma 6 dell’articolo 24 del d.l. n. 201/2011. In aggiunta a tale previsione il successivo comma 163 ha abrogato il comma 5 dell’articolo 2 del d.l. n. 101/2013. A seguito di tale abrogazione, a partire dal 1° gennaio 2025, è , quindi, venuto meno l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di collocare a riposo i propri dipendenti al compimento dei 65 anni di età, avendo gli stessi, a tale data, maturato i requisiti per il diritto al trattamento pensionistico anticipato (e dunque, 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne)”. Viene inoltre ricordato che la stessa legge di bilancio 2025 consente alle amministrazioni di trattenere in servizio propri dipendenti e dirigenti “per fare fronte ad attività di tutoraggio e di affiancamento ai nuovi assunti e per le esigenze funzionali non diversamente assolvibili”, disposizione che è stata illustrata dalla direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione del 20 gennaio 2025.

Deve essere, in primo luogo, “confermata la validità dei provvedimenti di cessazione dal servizio già adottati dalle amministrazioni per i dipendenti che hanno maturato il diritto alla pensione alla data del 31 dicembre 2024, cioè in presenza del previgente limite ordinamentale di 65 anni di età”.

La seconda indicazione è la seguente: “non possono essere considerati coerenti .. quei provvedimenti adottati entro il 31 dicembre 2024, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 24, comma 4, del d.l. n. 201/2011 e dell’articolo 2, comma 5, del d.l. n. 101/2013, nei confronti di coloro che, alla data del 31.12.2024, non avevano ancora raggiunto il previgente limite ordinamentale dei 65 anni di età, i quali, dunque, dovranno rimanere in servizio fino al raggiungimento della nuova soglia anagrafica introdotta dall’articolo 1, comma 162, della legge n. 207/2014, fatta salva la possibilità di rassegnare dimissioni volontarie”.

Con la legge di bilancio è stato abrogato “l’istituto della risoluzione unilaterale di cui all’articolo 72, comma 11, del d.l. n. 112/2008”, istituto che consentiva alle PA “,fino al 31.12.2024, di operare, con decisione motivata in riferimento alle esigenze organizzative e senza pregiudizio per la funzionale erogazione dei servizi, una risoluzione del contratto individuale di lavoro di quei dipendenti, anche dirigenti, che avessero maturato il diritto alla pensione anticipata, a prescindere dall’età anagrafica”. Questa possibilità, sulla base degli orientamenti formulati dalla Funzione Pubblica, era utilizzabile a condizione che gli enti avessero predeterminato, anche per “esigenze di riorganizzazione funzionale o razionalizzazione degli assetti organizzativi delle amministrazioni”, “criteri generali, calibrati a seconda delle proprie esigenze, in modo da seguire una linea di condotta coerente ed evitare comportamenti che conducessero a scelte contraddittorie”.

Da qui la conclusione che “non si ravvisano motivazioni giuridiche, scaturenti direttamente dall’entrata in vigore della predetta disposizione legislativa sopravvenuta, tali da pregiudicare la validità e l’efficacia dei provvedimenti risolutori già assunti”. 

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