di Nicola Niglio
La recente sentenza del 31 dicembre 2024, n. 4301 del Tar Sicilia –Catania, Sez. I concernente i limiti entro i quali possono essere sindacate in sede giurisdizionale le valutazioni espresse dalle commissioni dei concorsi pubblici ed in particolare sulla confutabilità o meno di esse mediante pareri pro-veritate.
Le valutazioni espresse dalle commissioni di esame in merito alle prove di concorso – nonostante siano qualificabili come analisi di fatti (correzione dell’elaborato del candidato con attribuzione di punteggio o giudizio) e non come ponderazione di interessi – costituiscono pur sempre l’espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l’idoneità tecnica e/o culturale, ovvero attitudinale, dei candidati, con la conseguenza che le stesse valutazioni non sono sindacabili dal giudice amministrativo, se non nei casi in cui sussistano elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico od un errore di fatto o, ancora, una contraddittorietà ictu oculi rilevabile.
Il giudizio espresso dalla commissione esaminatrice, comportando una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica dei candidati, attiene, dunque, alla sfera della discrezionalità tecnica, censurabile – unicamente sul piano della legittimità – per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità, laddove i predetti profili risultino emergenti dalla stessa documentazione e siano tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che con ciò il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione.
Ai fini della contestazione del giudizio negativo di una prova scritta di un concorso, la perizia di parte, così come un parere pro veritate, non può essere contrapposta all’attività di valutazione della commissione connotata da discrezionalità tecnica; valutazioni di tale genere sono sostanzialmente irrilevanti ai fini di confutare il giudizio della commissione, in quanto spetta a quest’ultima la competenza a valutare gli elaborati degli esaminandi e, a meno che non ricorra l’ipotesi residuale del macroscopico errore logico, non è consentito al giudice della legittimità sovrapporre alle determinazioni da essa adottate il parere reso da un soggetto terzo .