Ordinanza del 15/07/2024 n. 19339 – Corte di Cassazione – Sezione/Collegio 5
Intitolazione:
Accertamento con adesione non adempiuto – Associazioni non riconosciute – Responsabilità del socio ex art. 38 c.c. – Effetti sul coobbligato
Massima:
L’accertamento con adesione, avendo natura di concordato tra l’amministrazione ed il contribuente, ed essendo pertanto caratterizzato dal carattere volontario dell’adesione, può avere efficacia nei confronti del solo soggetto che tale adesione ha prestato, dovendo escludersi che possa acquisire valore, anche indiretto, nei confronti di chi abbia impugnato l’atto impositivo fondato sul valore accertato con adesione in relazione ad un diverso soggetto. A ciò consegue che l’estensione degli effetti dell’accertamento con adesione relativo ad altri coobbligati può ammettersi solo in bonam partem ed in assenza di una espressa volontà contraria del contribuente.
Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.
Testo:
Rilevato che
Alla associazione “Hockey Marzotto Valdagno A.S.D.”, al suo rappresentante legale B.B., nonché a A.A., quest’ultimo quale rappresentante legale p.t. nell’anno 2007 della associazione – nei cui confronti era stata eseguita una verifica con emersione di condotte evasive agli obblighi fiscali-, l’Agenzia delle entrate notificò il processo verbale di constatazione, cui seguì da parte della associazione sportiva il deposito del modello di comunicazione di adesione al pvc, con richiesta di rateizzazione del pagamento. L’Ufficio liquidò gli importi dovuti a seguito dell’adesione, ex art. 5 bis del D.Lgs. n. 218 del 1997 .
Il A.A. propose invece ricorso avverso quest’atto, chiedendone l’annullamento. La Commissione tributaria di Vicenza, con sentenza n. 98/07/2014, dichiarò non luogo a procedere.
Poiché, dopo il pagamento della prima rata del debito fiscale, definito ex art. 5 bis cit., l’associazione non provvide a pagare i restanti ratei, l’Agenzia delle entrate iscrisse a ruolo l’intero importo a carico sia della associazione, sia del A.A., e notificò loro la cartella di pagamento.
Quest’ultimo impugnò la cartella notificatagli dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Vicenza, che con sentenza n. 788/09/2014 ne accolse le ragioni. L’appello, con cui l’ufficio instò per il riconoscimento del proprio credito fiscale nei riguardi del A.A., fu rigettato dalla Commissione tributaria regionale del Veneto con sentenza n. 239/08/2017. La suddetta sentenza, con cui il giudice regionale, a fronte delle contestazioni elevate in merito ad irregolarità nella fatturazione di prestazioni pubblicitarie per l’anno d’imposta 2007 ed altre violazioni, aveva ritenuto insussistenti elementi idonei a ricondurne la responsabilità al A.A., fu censurata dinanzi alla Corte di cassazione (iscritta nel R.G. con n.r. 22121/2017) e contestualmente impugnata per revocazione dinanzi alla medesima Commissione regionale veneta.
Il giudice d’appello, con sentenza n. 891/02/2018, depositata il 7 settembre 2018, accolse il ricorso per revocazione, ma, quanto alla fase rescissoria, confermò la pronuncia di primo grado. A sostegno della decisione ha ritenuto che, una volta richiesta la definizione del rapporto con adesione al pvc, senza poi ottemperare all’accordo, l’associazione era il solo soggetto da dover chiamare in causa, senza alcun coinvolgimento del A.A.
Ha dunque dichiarato l’illegittimità della cartella esattoriale notificata al A.A. quale coobbligato. In ogni caso ha ritenuto che dagli atti prodotti non era emersa alcuna sua responsabilità ex art. 38 cod. civ. , che diversamente avrebbe dovuto essere contestata con rituale notifica di un avviso d’accertamento e a definizione dell’eventuale contenzioso.
L’Agenzia delle entrate ha censurato la decisione, di cui ha chiesto la cassazione, affidandosi ad un unico motivo. Il A.A. non ha inteso costituirsi, pur rituale destinatario della notificazione del ricorso.
All’esito dell’adunanza camerale del 15 febbraio 2024 la causa è stata riservata in decisione.
Considerato che
Con il motivo di ricorso l’ufficio denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 bis del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218 , nonché degli artt. 38 e 2697 cod. civ. , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. Il giudice regionale avrebbe errato nell’escludere l’applicazione al A.A. dei principi della responsabilità solidale, ai sensi dell’art. 38 cod. civ. , tanto più che lo stesso aveva partecipato alle operazioni di verifica. Sostiene che gli esiti della verifica avevano dimostrato la partecipazione dell’allora legale rappresentante alle condotte fiscalmente illecite. Evidenzia che la procedura di adesione disciplinata dall’allora vigente art. 5 bis del D.Lgs. n. 218 del 1997 prevedeva una adesione all’integrale contenuto del processo verbale di constatazione, nel quale si dava atto del ruolo del A.A., che pertanto non poteva essere scisso dal contenuto medesimo dell’adesione. Rappresenta che all’intimato entro la data del 31 dicembre 2012 fossero stati consegnati gli atti prodromici della cartella di pagamento, il processo verbale di costatazione e l’atto di definizione per adesione, così che, sopraggiunta l’inadempienza dell’associazione alle modalità di pagamento rateizzato del debito fiscale, il A.A. doveva risponderne nella qualità di coobbligato.
Il motivo è inammissibile.
La sentenza impugnata ha fondato la sua statuizione su due ragioni, quella secondo cui la richiesta dell’associazione di definizione con adesione del rapporto fiscale ha “definito il termine della questione sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo” e che pertanto a dover rispondere del mancato adempimento sia solo l’associazione, essendo invece estraneo il A.A. alle condizioni previste nell’accordo (primo capoverso di pag. 5 della sentenza); quella per cui, dagli atti prodotti, non risulta la prova della responsabilità del A.A., che avrebbe potuto emergere solo da un procedimento amministrativo culminato in un avviso d’accertamento, e all’esito dell’eventuale contenzioso.
La seconda delle due ragioni non è stata censurata dall’Amministrazione finanziaria.
Peraltro, per completezza, va richiamato il principio secondo cui la responsabilità solidale non viene meno per effetto dell’adesione di uno dei coobbligati alla definizione per adesione, essendo necessario che ad essa segua l’integrale estinzione del debito tributario, come definito in sede di adesione (nei confronti del coobbligato aderente), ovvero accertato in sede giudiziale (nei confronti del coobbligato non aderente) (Cass., 18 gennaio 2019, n. 1298, in tema di imposta di registro). Si è tuttavia anche chiarito che l’accertamento con adesione, avendo natura di concordato tra l’amministrazione ed il contribuente, ed essendo pertanto caratterizzato dal carattere volontario dell’adesione, può avere efficacia nei confronti del solo soggetto che tale adesione ha prestato, dovendo escludersi che possa acquisire valore, anche indiretto, nei confronti di chi abbia impugnato l’atto impositivo fondato sul valore accertato con adesione in relazione ad un diverso soggetto. A ciò consegue che l’estensione degli effetti dell’accertamento con adesione relativo ad altri coobbligati può ammettersi solo in bonam partem ed in assenza di una espressa volontà contraria del contribuente (Cass., 25 giugno 2021, n. 18351, in tema di plusvalenza contestata sulla base di un accertamento con adesione sul valore dell’atto negoziale ai fini dell’imposta di registro).
Ebbene, qualunque sia la natura che voglia riconoscersi all’accertamento con adesione disciplinato dall’art. 5 bis cit., o alle forme attualmente vigenti, se è vero che l’istituto non fa venir meno la responsabilità solidale del coobbligato, è altrettanto incontestabile che quest’ultimo, ancorché si tratti di una solidarietà ex lege per previsione dell’art. 38 cod. civ. , non può rispondere del credito erariale accertato a seguito di verifica, quando abbia manifestato contrarietà alla definizione con adesione e non sia stato messo in condizione di contestare la pretesa erariale. L’obbligazione solidale esige pur sempre la sussistenza dei presupposti previsti dagli artt. 1176 e 1218 cod. civ. , nonché, per un verso la definitività del debito tributario dell’associazione, che non può certo coincidere con la manifestazione di adesione, non seguita dall’adempimento dell’obbligo assunto, per altro verso la mancata prova, da parte del coobbligato, della sua estraneità alla GN 8439/2019 partecipazione e gestione dell’ente nel periodo di relativa investitura (cfr. Cass., 9 febbraio 2021, n. 3093; 24 febbraio 2020, n. 4747; 15 ottobre 2018, n. 25650; cfr. anche Cass., 26 maggio 2021, n. 14570).
È pertanto necessario che l’Amministrazione finanziaria ponga le condizioni per la formazione di un titolo nei suoi riguardi, sia esso rappresentato dalla definitività di un atto d’accertamento, oppure, per l’ipotesi di impugnazione dell’atto, una pronuncia passata in giudicato.
Nel caso di specie nessun avviso d’accertamento è stato notificato al A.A., né possono costituire atti prodromici alla cartella di pagamento il processo verbale di constatazione o l’atto di definizione con adesione (peraltro impugnato dall’intimato ma con declaratoria di inammissibilità da parte del giudice investito). Neppure la cartella erariale poteva sostituire l’avviso d’accertamento, e peraltro, dalla sentenza ora al vaglio della Corte, di essa si evince l’assoluta inidoneità della motivazione a soddisfare il diritto alla difesa.
Il ricorso va in conclusione dichiarato inammissibile.
Nulla va statuito in ordine alle spese, non avendo inteso controdedurre il contribuente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il giorno 15 febbraio 2024.
Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2024.