tratto da leautonomie.it – a cura di Luigi Oliveri –
Nel leggere quanto molto bene evidenziato da Matteo Barbero nell’articolo “Ritardati pagamenti, un’altra stretta (ma funzionerà?)” si resta alquanto interdetti nel verificare la montagna burocratica messa in opera per “garantire” la puntualità dei pagamenti.
Pare, infatti, trattarsi di un sistema manifestamente velleitario, che crea solo organismi e adempimenti nuovi, senza assolutamente andare al cuore del sistema.
Proviamo a riassumere i passaggi a carico di comuni con almeno 60.000 abitanti nonchè province/città metropolitane aventi alla data di vigenza del decreto un indicatore di ritardo annuale dei pagamenti superiore a dieci giorni, con un commento connesso:
Primo adempimento : analisi delle cause, anche di carattere organizzativo, che non consentono il rispetto dei tempi di pagamento dei debiti entro 30 giorni dalla vigenza del decreto. commerciali | Appare certo necessaria l’analisi organizzativa. Tuttavia, considerando che ormai da un anno è in vigore l’articolo 4-bis del d.l. 13/2023, sembra assolutamente scontato che ogni ente, e non solo quelli citati dal nuovo decreto, debba necessariamente aver già svolto l’analisi richiesta. Altrimenti, non si capirebbe in radice come potrebbe riuscire ad individuare le responsabilità connesse. |
Secondo adempimento: realizzare sempre entro 30 giorni il Piano degli interventi ritenuti necessari per il superamento del ritardo | Anche in questo caso, la realizzazione di un piano finalizzato al ritardo va pretesa, e da un anno, da ogni ente. Nella sostanza, i due adempimenti nascondono evidentemente come una foglia di fico la diffusa situazione di enti locali che pagano in ritardo e non si sono attrezzati per rimediare, nè hanno ancora chiarito a se stessi come provare ad organizzarsi allo scopo. |
Terzo adempimento: nominare un responsabile del procedimento. | Qui il velleitarismo tipico ormai di molte norme raggiunge uno dei suoi apici. Non si capisce, infatti, quale sia il “procedimento” di che trattasi. Un’analisi organizzativa non è certo un procedimento e malissimo fa il legislatore, mentre si predica la managerialità come metodo, a qualificare come procedimento un sistema di organizzazione, richiedendo la nomina di un responsabile, che sa tanto di forzosa individuazione di un “parafulmine”. |
Quarto adempimento: redigere il Piano. | Secondo il decreto legge il piano deve giungere alla maggiore efficienza ed alla la semplificazione delle procedure di spesa. Prego? Sull’efficienza organizzativa possiamo anche essere d’accordo, ma allora comunque al di là dell’analisi organizzativa quel che occorre non è un piano, ma il risultato e andare al sodo: quindi occorre con fretta modificare gli assetti degli uffici. Ma, quanto alle procedure, al di là di eventuali sovrabbondanze di passaggi interni, per altro condizionati nella realtà dai software in uso, molto difficilmente modificabili, se si consente la semplificazione dovrebbe essere obiettivo del Legislatore e non del singolo ente. Facile scaricare il barile e additare gli enti come autori dei ritardi a causa di loro disorganizzazioni e complicazioni. Ma, chi scrive queste norme conosce le norme sulla contabilità pubblica? Ha idea di quanti fondi ormai incontrollabili sono da costituire e gestire? Pensa che le fasi della spesa le abbiano inventate gli enti, o siano invece imposte dalla legge? Conosce i principi contabili, quanti sono, quanto sono lievitati negli anni, quanto sono involuti, contraddittori, complessi, indecifrabili tali da essere la conferma che la causa prima dei ritardi sta nelle norme, mentre solo accessorie sono inefficienze (sia pure innegabili) a livello di singolo ente? In secondo luogo, si chiede che col piano si inserisca, nell’organizzazione comunale, “una struttura dedicata”, preposta al pagamento nei termini di legge dei debiti commerciali, ad assicurare il puntuale rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 183, comma 8 del TUEL, con particolare riguardo al programma dei pagamenti, nonché alla corretta iscrizione del fondo crediti di dubbia esigibilità nel bilancio di previsione annuale. Occorre uno scoop per chi ha scritto la norma: questa “struttura dedicata” esiste da sempre e si chiama Servizio Finanziario. Negli enti locali è il servizio finanziario che effettua i pagamenti, come detto da sempre. Ed è proprio questa particolarità a rendere complicatissimo attuare le norme sulle sanzioni per ritardo, in quanto gli intrecci procedurali interni disaggregano le responsabilità e le tempistiche tra i vari soggetti che operano. Lo stesso vale per il programma dei pagamenti e l’iscrizione nel fondo crediti di dubbia esigibilità. |
Quinto adempimento: approvare il piano con delibera di giunta. | Il piano, oggettivamente, non serve a molto. La giunta è, comunque, l’organo effettivamente competente a rivedere l’organizzazione degli uffici. |
Sesto adempimento: trasmettere il piano entro il 31 marzo 2024 ad un costituendo Tavolo tecnico centrale, ai fini della valutazione dell’adeguatezza delle misure proposte rispetto agli obiettivi di riduzione dell’indicatore dei tempi di ritardo. | Poteva mancare un “tavolo tecnico” o almeno un “osservatorio”? Certo che no. Ecco, quindi, la costituzione dell’ennesimo organismo di dubbia utilità e la creazione di un altro segmento della filiera operativa, con tanti saluti alla semplificazione. |
Settimo adempimento: approvazione o approvazione con modifiche del piano accettate dal comune. | Se il Tavolo accoglie il piano oppure propone modifiche che l’ente accetti, nei 15 giorni successivi alla trasmissione del piano al Tavolo stesso scatta il successivo ottavo adempimento. Viene sottoscritto, ai sensi dell’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, un accordo tra il Sindaco del comune interessato e il Ministro dell’economia e delle finanze che recepisce il contenuto del Piano. |
Ottavo adempimento: accordo tra vertice monocratico dell’ente interessato e Ministro dell’economia e finanze che recepisce il contenuto del piano, ai sensi dell’articolo 15 della legge 241/1990. | Questo è l’apice dell’assurdità tecnico giuridica. Per un verso, si attiva un adempimento totalmente inutile: l’articolo 15 della legge 241/1990 serve a far sì che due amministrazioni collaborino nella gestione comune di alcune funzioni o servizi. Nel caso di specie, invece, l’accordo recepisce una modifica organizzativa, senza che il Ministero presti nessuna collaborazione operativa. Non solo si vìola, quindi, l’articolo 15 della legge 241/1990, richiamato senza alcuna base, ma soprattutto si vìola l’autonomia dei comuni garantita dalla Costituzione, con lesione di almeno due articoli della Carta. L’articolo 114, che prevede la pari dignità istituzionale tra gli enti territoriali che costituiscono la Repubblica; e l’articolo 117, comma 6, che attribuisce piena autonomia agli enti locali nel regolamentare organizzazione e funzioni. |
Nono adempimento: competenza del Tavolo a monitorare l’attuazione del Piano. | Si attribuisce a questo fantomatico Tavolo, con ulteriore chiarissima lesione dell’autonomia locale, il compito di accertare disallineamenti rispetto al piano o di ritenere necessari interventi d’intesa con altre pubbliche amministrazioni. In questi casi, il Tavolo comunica le proprie valutazioni (nemmeno pare assicurato un contraddittorio), per il tramite del Ministro dell’economia e delle finanze, alla Cabina di regia per il PNRR. Non è ovviamente dato comprendere cosa concretamente possa fare, poi, questa Cabina di regia. Il vulnus all’autonomia locale, invece, resta ben chiaro. |
Nono adempimento-bis: valutazione negativa della proposta di Piano da parte del Tavolo o mancata sottoscrizione dell’accordo entro trenta giorni dalla data di comunicazione al comune degli esiti dell’istruttoria. | Sempre con vistosissima lesione dell’autonomia locale, il Tavolo informa, attraverso, il Ministro dell’economia e delle finanze, la già vista Cabina di Regia per il PNRR, per le valutazioni e le iniziative di competenza. Che non si sa bene in cosa possano consistere. |
L’architettura alla base di tutto ciò non solo è barocca, come suggerisce Matteo Barbero, ma marcatamente contraria ad ogni principio di semplificazione e frontalmente in contrasto con la Costituzione.
Ancora una volta, ci si trova di fronte a non soluzioni al problema del ritardo dei pagamenti, per la semplicissima ragione che non vengono affrontati e risolti i veri nodi.