Riceviamo e pubblichiamo

Ho chiesto all’Associazione Vighenzi di concedermi un’opportunità, benchè amara, di riscatto con la pubblicazione delle mie riflessioni dal titolo Quello che le sentenze non dicono….”

La mia esperienza dimostra che essere un funzionario onesto, operare sempre in assoluta coscienza e buona fede e munirsi di una buona polizza che copra la” colpa grave” non rende immuni dalle pronunce della Corte dei Conti.

Dalla mia vicenda emerge che nel giudizio contabile il confine tra “colpa grave” e “dolo” non è netto, come dovrebbe, ma è assolutamente labile ed incerto e la sua individuazione è rimessa alla piena discrezionalità della Corte, discrezionalità che, in casi come quello che mi ha riguardato, sembra quasi sfociare nell’arbitrio.

La Sezione Prima Giurisdizionale Centrale d’Appello con la Sentenza N. 317/2020 è, difatti, giunta ad asserire che il “dolo” può ravvisarsi, sostanziarsi ed esaurirsi nella “mera espressione di un parere favorevole su un atto deliberativo” reputando non necessario provare con fatti, atti e circostanze dettagliate, la sussistenza del comportamento doloso.

Invito i colleghi a leggere l’interessantissimo articolo già pubblicato dall’Associazione Vighenzi lo scorso 3 febbraio 2021 dal titolo Il dolo contabile dopo l’art. 21 del decreto-legge semplificazioni fra contraddizioni e incoerenze di sistema…. Tratto dalla Rivista della Corte dei Conti. Nell’approfondita disamina del dolo contabile vi è un passaggio in cui gli stessi autori riconoscono che la modifica normativa che ha imposto   la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso sia il frutto delle sempre più pressanti lamentele e insofferenze manifestate dalla società civile rispetto ad un’azione della Corte dei conti non sempre lineare nei suoi contenuti. Basti pensare, in particolare, al progressivo fiorire di contrapposte e tra loro inconciliabili teorie in materia di dolo, che hanno suscitato negli anni sempre maggiore preoccupazione e sconcerto da parte dei diretti interessati, troppo spesso esposti con eccessiva facilità alle gravi ripercussioni sociali e giuridiche che generalmente si accompagnano all’accusa di avere agito dolosamente (15). Il tutto, peraltro e salvo isolate eccezioni (16), nella colpevole indifferenza della magistratura contabile pur a fronte alle evidenti ingiustizie e disuguaglianze che in tal modo si venivano a determinare. Inevitabile, allora, che la scure normativa si facesse carico di troncare, prima o poi, gli effetti perversi di tale irrisolutezza, optando per una nozione di dolo di matrice penalistica (17), decisamente più vicina all’eadem sentire della coscienza giuridica collettiva (18)”. Nota n. 18: Imputare a taluno a titolo di dolo un evento dannoso solo perché si sia violata consapevolmente una regola di condotta o un obbligo di servizio, come propugnato dalla teoria del c.d. “dolo contrattuale”, porterebbe inevitabilmente a riconoscere come dolose certe condotte anche quando l’autore del comportamento abbia agito nella assoluta convinzione di non provocare danno alcuno, ossia senza alcuna intenzionalità di cagionare danno all’amministrazione.

Ebbene, nel caso della Sentenza N. 317/2020, in fase di invito a dedurre, mi è stata contestata proprio un’improbabilissima ipotesi di “dolo civile contrattuale”, che ha peraltro dato il “la” ad un giudizio, che – altrimenti – sarebbe stato irrimediabilmente prescritto. Un “dolo civile contrattuale” che nel corso del giudizio è stato facilmente “smontato” in sede di difesa e che ha portato la Corte a rimodulare via via il dolo in modo diverso fino a giungere, per l’appunto, a ravvisarlo nella “mera espressione di un parere favorevole su un atto deliberativo”.

Ma la Sentenza n. 317/2020 lascia interdetti anche per un’altra circostanza: la Corte, sebbene con altre pronunce avesse affermato che l’esimente politica stabilita dall’articolo 1, comma 1-ter, della legge 14 gennaio 1994 n. 20  non si applica agli organi di governo che si siano assunti compiti di gestione, nel caso specifico, ha ritenuto di non evocare in giudizio i componenti della Giunta – né di considerare, in sede di quantificazione del danno, l’apporto dato dagli stessi al fine di ridurre proporzionalmente quello degli altri soggetti coinvolti –  e ciò nonostante il danno erariale contestato discenda proprio da un incarico professionale affidato con deliberazione di Giunta Comunale.

Con il coraggio della verità, che in quanto tale non è mai irriverente, provvederò a trasmettere le allegate considerazioni alla stessa Corte dei Conti, con l’auspicio che possano essere spunto di riflessione per l’azione futura affinché la Sentenza n. 370/2020 possa rimanere isolata e non fare da apripista ad un orientamento giurisprudenziale che si rivelerebbe dagli effetti devastanti, vanificando le finalità stesse del D.L. 76/2020 convertito nella Legge 120/2020.

 

Dott.ssa Maria Cesira Anna CELESTE

Segretario Comunale della Segreteria convenzionata di Biccari e Troia (FG)

 

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