31/08/2015 – La vicenda dei segretari comunali e abrogazione del divieto di reformatio in peius e la sua applicazione retroattiva

La vicenda dei segretari comunali e abrogazione del divieto di reformatio in peius e la sua applicazione retroattiva

di Piergiuseppe Mariotti

Segretario generale del Comune di Civitanova Marche

La vicenda dei segretari comunali sembra essere giunta “tristemente” all’epilogo con le disposizioni contenute nell’art. 11 della legge 124/2015. Ora manca solo il colpo finale e sarà il decreto delegato a darlo.

Negli ultimi tempi comunque è stato un susseguirsi di provvedimenti “negativi” verso questa figura:

  • l’arbitraria applicazione delle norme della finanziaria 2014 (art. 1, commi 458 e 459, legge 147/2013) sulla così detta “abrogazione del divieto di reformatio in peius”;
  • la soppressione della quota dei diritti di segreteria riservata al segretario dirigente, contrattualmente prevista (art. 10 del d.l. 90/2014);
  • il cambio di “orientamento interpretativo” sui compensi per le convenzioni di segreteria;
  • ed ora la legge di riforma della p.a., sopra citata, che arriva a sopprimere la figura.

Devono essere dei veri “mascalzoni” questi segretari comunali e provinciali per giustificare tanto accanimento del legislatore nei loro confronti prodottosi in questi ultimi due anni, dopo che vi era stato invece un tentativo di rivalutazione del ruolo nell’ottica del controllo (sia pure interno) della legalità e della lotta alla corruzione nella p.a.

Forse il nuovo Governo ha finalmente individuato la vera causa dei mali che affliggono gli enti locali e vi ha posto un definitivo rimedio.

Al di la della facile ironia meritano invece degli approfondimenti le decisioni assunte ed anche le interpretazioni compiacenti subito offerte da quell’alta burocrazia statale, guarda caso, sempre esentata dai vari progetti di riforma della p.a.

Mi voglio riferire in particolare alla nota circolare n. 3636 del 9.6.2014 del Ministero dell’interno – Albo dei segretari comunali e provinciali, relativa alla applicazione, a quanto risulta, a questa sola figura, della nota abrogazione del “divieto di reformatio in peius” contenuta nel comma 458 dell’art. 1 della legge 14/2013.

La lettura di tale documento e le conclusioni a cui giunge non possono non suscitare un moto di sconcerto e disapprovazione per la superficialità con cui vengono trattate le vicende dei Segretari coinvolti che, a mente di chi ha predisposto l’atto suddetto, trarrebbero origine dalla legge di stabilità 2014 e dall’abolizione del suddetto divieto della reformatio in peius, conseguente all’abrogazione dell’art. 202 del d.P.R. 3/1957 (t.u. degli impiegati civili dello Stato).

Al fine di fare un quadro completo della vicenda occorre premettere che, con la delibera n. 275 del 2001, il Consiglio nazionale d’amministrazione dell’Agenzia autonoma per la gestione dell’Albo dei segretari comunali e provinciali regolava il trattamento economico dei segretari comunali che, per effetto di scelte di carriera personali o di scelte politiche fatte dai nuovi sindaci e presidenti (spoil system tanto auspicato dalla politica, rinvenibile in modo palese anche nella legge 124/2015), si trovavano o a prestare servizio in comuni di fascia inferiore o privi di sede e quindi in disponibilità.

Con molto acume e buon senso la deliberazione 275 stabiliva che: “i segretari comunali e provinciali, titolari di sedi di segreteria ovvero in posizione di disponibilità, possono essere nominati, in qualità di titolari, presso sedi di segreteria di classe immediatamente inferiore rispetto alla fascia professionale di appartenenza; in tale caso essi mantengono la qualifica funzionale posseduta al momento della nomina, l’iscrizione nella fascia di appartenenza, oltre ché il trattamento economico goduto nell’ultima sede di servizio secondo le modalità specificate nel suddetto provvedimento”.

Nella parte motiva della deliberazione n. 275 non viene fatto nessun riferimento al divieto della reformatio in peius ed anzi il Consiglio di amministrazione della Agenzia nazionale produce una puntuale ricostruzione delle ragioni giuridiche di tali scelte, legate alla normativa regolamentare di disciplina dell’ordinamento dei segretari comunali e provinciali contenute del d.P.R. 465/1997 e nel C.C.N.L. del 1998/2001 di categoria, tendendo a tutelare la posizione dei segretari che, per scelta o per imposizione, si trovavano a prestare servizio in comuni di fascia inferiore rispetto a quella ove prestavano servizio in precedenza, tutelandone i diritti giuridici ed economici acquisiti.

Tutto questo viene chiaramente ignorato dalla circolare n. 3636/2014 che anzi, dall’abrogazione della norma di cui all’art. 202 del d.P.R. 3/1957, che sanciva un diritto dei lavoratori, fa derivare, come illogica conseguenza, il divieto di qualsiasi tutela anche negoziale di tale posizione giuridico/economica, con ciò ledendo l’autonomia di comuni e province che potrebbero operare scelte diverse volendo dotarsi di un segretario appartenente ad una fascia superiore, assumendone il costo (come previsto, per esempio, per i comuni in stato di dissesto ai quali è consentito scegliere segretari di fascia superiore, ex art. 11, comma 9, del d.P.R. 465/1997).

Ma la circolare giunge alla assurda conclusione per cui mentre il segretario che, avuta notizia che il sindaco neoeletto non voglia confermarlo, si ricolloca in un ente di fascia inferiore, perde il diritto a conservare il trattamento economico precedentemente goduto, mentre se scegliesse di farsi collocare in disponibilità e poi si facesse assegnare dall’Agenzia al nuovo comune, in quel caso manterrebbe il diritto a conservare il trattamento precedente, così come lo manterrebbe per tutta la durata della disponibilità, se solo scegliesse di rimanere in tale condizione di inattività o scegliesse di prestare servizio presso la stessa Agenzia o presso un Ministero.

Ho sempre pensato che quando una soluzione, portata al suo estremo, si appalesa paradossale, vuol dire che è una soluzione sbagliata. Ancor di più se si vuol sostenere che alla norma possa anche darsi applicazione retroattiva, come sostiene la circolare n. 3636/2014, anche ai contratti conclusisi prima che la legge 147 fosse entrata in vigore.

Afferma infatti la circolare: “Si evidenzia, infine, come, alla luce del chiaro tenore dell’articolo 1, comma 459, della legge 27 dicembre 2013, n.147, le amministrazioni interessate dall’applicazione della deliberazione n.275/200 1 debbano disporre, per quanto di competenza ed ove del caso, la revisione dei trattamenti economici dei segretari comunali e provinciali interessati, con decorrenza 1 gennaio 2014.”

Viene il dubbio che l’estensore non abbia saputo leggere il comma che richiama a fondamento della sua improvvida affermazione, infatti il tenore letterale dei due commi è il seguente:

458. L’articolo 202 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e l’articolo 3, commi 57 e 58, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, sono abrogati. Ai pubblici dipendenti che abbiano ricoperto ruoli o incarichi, dopo che siano cessati dal ruolo o dall’incarico, è sempre corrisposto un trattamento pari a quello attribuito al collega di pari anzianità.

459. Le amministrazioni interessate adeguano i trattamenti giuridici ed economici, a partire dalla prima mensilità successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, in attuazione di quanto disposto dal comma 458, secondo periodo, del presente articolo e dall’articolo 8, comma 5, della legge 19 ottobre 1999, n. 370, come modificato dall’articolo 5, comma 10-ter, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

Dunque una semplice interpretazione letterale della norma (vedi l’art. 12 delle preleggi al c.c.) dovrebbe rendere palese che il c.d. effetto retroattivo, ovvero l’obbligo di adeguare i trattamenti giuridici ed economici in essere, dovrebbe essere limitato alle sole ipotesi del secondo periodo del comma 458, ovvero a quei pubblici dipendenti che abbiano ricoperto ruoli o incarichi temporanei in altre pubbliche amministrazioni in posizione di comando, fuori ruolo o altre analoghe posizioni (incarichi politici o tecnici di supporto ad organi di governo delle p.a.) (vedi Cons. Stato, sez. IV, n. 3037/2001), analogamente al “professore o ricercatore universitario rientrato nei ruoli [a cui] è corrisposto un trattamento pari a quello attribuito al collega di pari anzianità” espressamente considerato dalla stessa norma (articolo 8, comma 5, della legge 19.10.1999, n. 370).

Allora perché se la norma è di chiara interpretazione (Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse) si vuole pervicacemente insistere in una interpretazione estensiva a specifico e unico danno della categoria dei segretari comunali e provinciali. Forse perché sono finalmente ritornati “sotto il maglio” del governo ministeriale e prefettizio a cui erano stati inopinatamente sottratti dalla riforma “Bassanini” del 1997?

Ma ancora di più vi è da chiedersi se la norma in questione sia minimamente applicabile alla casistica dei segretari comunali soggetti ad uno spietato spoil system, e quindi aventi una disciplina ordinamentale del tutto specifica (d.P.R. 465/1997), poiché il c.d. divieto di reformatio in peius di cui all’art. 202 del t.u. impiegati civili dello Stato, abrogato dal comma 458, non costituisce un principio generale del nostro ordinamento, bensì è da riferire solo alle ipotesi di mobilità tra amministrazioni, oggi disciplinate dall’art. 30 del d.lgs. 165/2001. In tale senso è la giurisprudenza prevalente. Da vedere al riguardo la sentenza della Cass. civ., sez lavoro, 16.4.2012, n. 5959, ma anche le sentenze del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 2271/2007; sez. VI, n. 4187/2007; sez. VI, n. 854/2009; sez. VI, n. 5044/2003.

Tutte tali casistiche considerate fanno riferimento alla mobilità tra amministrazioni e presuppongono la “cessione di contratto” propria di tale mobilità. Nel caso del passaggio di un segretario comunale da una amministrazione ad un’altra non vi è nessuna cessione di contratto, bensì viene ad istaurarsi un nuovo contratto, che ha vita autonoma rispetto al precedente, soggetto anche ad una facoltà di definizione concordata dei contenuti, anche economici, nei limiti dei contratti nazionali e decentrati (vedi in particolare il contratto integrativo del 2003 che consente una variabilità della maggiorazione della retribuzione di posizione), nel rispetto del ruolo negoziale di regolazione del rapporto riconosciuto al comune dall’art. 15 del d.P.R. 465/1997: “Spettano al sindaco e al presidente della provincia le attribuzioni in ordine al rapporto funzionale del segretario con l’ente locale presso il quale il segretario presta servizio e in ordine agli istituti contrattuali connessi con tale rapporto.”

Solo in un caso ai segretari comunali si applica il principio della reformatio in peius, oggi abrogato, ed è proprio l’ipotesi della loro mobilità volontaria verso altre amministrazioni disciplinata dall’art. 18, comma 11, dello stesso d.P.R. 465/1997 (Cass. civ., sez. lavoro, 8.5.2006, n. 10449).

Dunque le conclusioni a cui giunge la circolare contestata, che fanno discendere dall’abrogazione dell’art. 202 del t.u. 3/1957, appaiono illogiche e contrarie ai principi giuridici, di buon senso e di buona fede. Ancor più se ad esse voglia assegnarsi una efficacia retroattiva.

Secondo tale interpretazione illogica e irrazionale infatti il taglio della retribuzione dovrebbe applicarsi anche a chi sia passato da un ente di fascia superiore ad uno di fascia inferiore ben prima dell’entrata in vigore della norma contestata, contando, in perfetta buona fede, di poter mantenere il trattamento economico percepito nella sede di provenienza, perché altrimenti, anche se perdente posto per rinnovo della compagine politica, non avrebbe mai fatto domanda di incarico presso altra sede di fascia inferiore, ove avesse solo immaginato di venir retribuito in maniera difforme e sostanzialmente inferiore, aspettando di potersi ricollocare in altra sede solo dopo un periodo, anche breve, di disponibilità, che gli avrebbe consentito di mantenere invariato il trattamento economico già in godimento.

Concludendo questa specifica disamina di una casistica particolare e ritornando alla generale situazione di una categoria professionale sempre più bistrattata, visto l’ormai certo epilogo della vicenda dei segretari comunali, almeno è da auspicare che ne siano salvaguardati i fondamentali diritti acquisiti in tanti anni di onorato servizio.

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto