tratto da lavoripubblici.it

Appalti pubblici e caro materiali: senza adeguamento prezzi procedura da rifare

Nuova sentenza del TAR Campania: illegittimo un bando i cui importi fanno riferimento a prezzari del 2021 e non tengano conto del Decreto Aiuti

Non solo le Regioni sono obbligate ad aggiornare annualmente i prezzi, intervenendo sui relativi prezzari regionali, ma le stesse stazioni appaltanti devono accertare l’adeguatezza e l’effettiva rispondenza di quelli applicati ai reali valori del mercato di riferimento. Di conseguenza, eventuali procedure di gara con prezzi che non tengano conto dei prezzari aggiornati e della revisione dei prezzi così come stabilita in via eccezionale dal D.L. n. 50/2022 (cd. “Decreto Aiuti”) sono da ritenersi illegittime.

Lo ha ribadito il TAR Campania, con la sentenza n. 3775/2023, in accoglimento del ricorso proposto da ANCE Campania e ANCE Benevento e di alcune imprese di costruzioni contro una stazione appaltante, per l’annullamento del bando relativo a un appalto integrato con prezzario del 2021.

Nel valutare la questione, il TAR ha richiamato la precedente sentenza n. 7596/2022 secondo la quale “Rientra nei generali principi di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione, sanciti dalla Costituzione, nonché nei canoni comunitari di proporzionalità e trasparenza, l’obbligo – nelle procedure ad evidenza pubblica – di stabilire compensi remunerativi capaci di mettere i concorrenti nella condizione di presentare un’offerta sostenibile ed affidabile, evitando il serio rischio di distorsioni nelle dinamiche concorrenziali e dell’effettuazione di lavori o erogazione di servizi di scarsa qualità”

In questo senso, gli appalti devono pur sempre essere aggiudicati ad un prezzo che consenta un adeguato margine di guadagno per le imprese, giacché le acquisizioni in perdita porterebbero inevitabilmente gli affidatari ad una negligente esecuzione, oltre che ad un probabile contenzioso.

Laddove i costi non considerati o non giustificati siano tali da non poter essere coperti neanche tramite il valore economico dell’utile stimato, è evidente che l’offerta diventa non remunerativa e, pertanto, non sostenibile, con ovvie conseguenze sulla veridicità della stessa.

Su queste premesse di ordine generale, il TAR ha ritenuto illegittimo l’operato della SA per violazione del regime ordinario di determinazione dei prezzi a base di appalto come fissato dagli artt. 23, comma 16, 30, comma 1, e 95, comma 1, del D. lgs n.  50/2016, avendo l’Amministrazione– per il calcolo della base d’asta – assunto a riferimento prezzi significativamente inferiori rispetto ai correnti prezzi di mercato.

Ricorda il giudice amministrativo che l’art. 30 d. lgs 50/2016 – in continuità con il previgente codice dei contratti pubblici – ha sancito il principio secondo cui: “L’affidamento e l’esecuzione di appalti di opere, lavori, servizi, forniture e concessioni ai sensi del presente codice garantisce la qualità delle prestazioni e si svolge nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza. Nell’affidamento degli appalti e delle concessioni, le stazioni appaltanti rispettano, altresì, i principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice”.

L’art. 95, comma 1, del medesimo codice, inoltre, ha fissato il principio di effettività del confronto concorrenziale, sancendo che “i criteri di aggiudicazione garantiscono la possibilità di una concorrenza effettiva”.

Nel caso dell’affidamento di lavori, proprio per assicurare il rispetto di questi principi, il legislatore ha inteso individuare uno standard certo ai quali i prezzi a base d’asta devono agganciarsi.

Ai sensi dell’art. 23, comma 16, 3° e 4° periodo, del codice, infatti: “Per i contratti relativi a lavori il costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni è determinato sulla base dei prezzari regionali aggiornati annualmente. Tali prezzari cessano di avere validità il 31 dicembre di ogni anno e possono essere transitoriamente utilizzati fino al 30 giugno dell’anno successivo, per i progetti a base di gara la cui approvazione sia intervenuta entro tale data”.

Pertanto, evidenzia il TAR, l’aggiornamento dei prezzi ai reali valori di mercato ha carattere imperativo, in quanto posto a presidio di interessi di rilievo pubblicistico quali le condizioni di serietà dell’offerta, la qualità delle prestazioni, l’effettiva concorrenzialità e convenienza economica dell’appalto.

Proprio per questo, in applicazione del citato art. 23, comma 16, del codice, non solo le Regioni sono obbligate ad aggiornare annualmente i prezzi, intervenendo sui relativi prezzari regionali, ma le stesse stazioni appaltanti devono accertare l’adeguatezza e l’effettiva rispondenza di quelli applicati ai reali valori del mercato di riferimento.

La sussistenza dell’obbligo in capo alle stazioni appaltanti trova conferma nell’art. 26, comma 4, del codice, ai sensi del quale, conclusa la progettazione, l’Amministrazione, in fase di validazione del progetto, è tenuta a un’ulteriore verifica degli elaborati progettuali prima dell’avvio della gara, accertandone la regolarità anche per i profili della “coerenza e completezza del quadro economico in tutti i suoi aspetti” e della “adeguatezza dei prezzi unitari utilizzati” (26, comma 4, lett. b e lett. h, d. lgs. 50/2016).

La portata dell’obbligo sancito dall’art. 23, comma 16, d. lgs n. 50/2016 dev’essere quindi interpretata in senso sostanziale, in ossequio ai principi di cui ai principi di cui all’art. 30 del medesimo Codice, nonché di quelli fondamentali anche di rango costituzionale ed europeo ad esso sottesi, per i quali le committenti sono obbligate ad effettuare una revisione dei prezzari disponibili – e, conseguentemente, dei progetti – ogniqualvolta sia riscontrabile una loro non aderenza al dato reale.

Il TAR inoltre ha specificato che il regime ordinario sopra descritto è stato integrato con le disposizioni di legge a carattere eccezionale di cui al D.L. 50/2022, convertito dalla L. n. 91 del 2022, volte a fare fronte agli eventi eccezionali che, a partire da febbraio 2022, hanno contraddistinto il quadro politico ed economico internazionale dal quale è derivato un incontrollato aumento di prezzi dei materiali da costruzione e dei relativi supporti energetici (cd. “caro materiali”).

Il legislatore, da un lato, ha inteso obbligare le principali Stazioni Appaltanti ad adottare con urgenza i nuovi prezzari 2022, dall’altro, ne ha previsto l’applicazione anche retroattiva relativamente alle lavorazioni in corso ed eseguite nell’anno 2022.

Il menzionato art. 26, al comma 2, dispone per l’appunto che:

“… Fermo quanto previsto dal citato art. 29 del D.L. n. 4 del 2022, in relazione alle procedure di affidamento delle opere pubbliche avviate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto e sino al 31 dicembre 2022, ai fini della determinazione del costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni, ai sensi dell’art. 23, comma 16, del D.L. n. 50 del 2016, si applicano i prezzari aggiornati ai sensi del presente comma. …”.

Nel caso di specie, la Stazione Appaltante non si è premurata di indagare né “la coerenza e completezza del quadro economico in tutti i suoi aspetti”, né “l’appaltabilità della soluzione progettuale prescelta”, né, tanto meno, “l’adeguatezza dei prezzi unitari utilizzati”, come richiesto dall’art. 26, comma 4, lett. b), c) e h), d. lgs 50/2016.

Con riferimento alla necessità che le Stazioni Appaltanti pongano a base di gara prezziari aggiornati e in linea con i correnti prezzi di mercato, la giurisprudenza amministrativa ha sottolineato che:

  • “l’impiego di parametri eccessivamente bassi (…), comunque non in linea con le caratteristiche reali del settore imprenditoriale (come declinate in concreto con riguardo ad un dato territorio ed uno specifico frangente temporale), è in grado, infatti, di alterare il gioco della concorrenza ed impedire l’accesso al mercato in condizioni di parità”;
  • “L’obbligo di porre a base di gara valori economici coerenti con l’attuale andamento del mercato trova la sua ragione nella necessità di evitare carenze di effettività delle offerte e di efficacia dell’azione della pubblica amministrazione, oltre che sensibili alterazioni della concorrenza tra le imprese. Una Amministrazione che non si adegua a tali regole penalizza soprattutto le imprese più competitive e virtuose, perché esse sopportano maggiori oneri per l’adeguamento dei costi del lavoro, per l’investimento, per la formazione, per la sicurezza”.

Corrisponde pertanto, ad un principio di responsabilità, economicità e buona amministrazione, l’obbligo per le Stazioni Appaltanti di non limitarsi ad adottare un prezzario aggiornato, ma effettuare una verifica attenta della congruità dei prezzi posti a base di gara, e ciò nell’ottica di salvaguardare la par condicio e la serietà del confronto concorrenziale, che deve basarsi su parametri tecnico economici attendibili e rispondenti al reale andamento dei prezzi di mercato.

L’urgenza di dar risposta a simili impellenti esigenze ha trovato conferma anche nell’ultimo intervento del Governo che, all’articolo 29, D.L. n. 4/2022 (cd. “Sostegni-ter”), ha espressamente ribadito, in attesa delle future linee guida MIMS in materia, che le Stazioni Appaltanti possono procedere anche in modo autonomo all’aggiornamento dei prezzari. Tale aggiornamento, per essere reale ed efficace non può che tener conto dei prezzi realmente praticati sul territorio regionale.

Ne deriva, secondo il TAR, che nel caso in esame non risponde quindi ai criteri di ragionevolezza la scelta dell’Amministrazione resistente di adottare a base di gara un computo redatto in base al prezzario regionale del 2021 (e ANAS 2021) con evidenti scostamenti rispetto ai prezzi di mercato correnti.

I prezzi posti dalla Stazione Appaltante a base d’appalto sono sensibilmente inferiori sia ai prezziari 2022 vigenti, sia ai prezzi realmente praticati sul mercato, non tenendo conto del “caro materiali” verificatosi negli ultimi mesi e che ha riguardato i costi delle principali materie prime utilizzate nell’ambito dei lavori pubblici.

Secondo le stime effettuate, si parla di prezzi inferiori del 33,70% rispetto all’importo valutato sulla base dei costi che l’impresa sosterrebbe realmente per la gestione dell’appalto in base agli attuali valori di mercato, motivo per cui il ricorso è stato accolto, determinando l’annullamento dell’intera procedura di gara.

Nessun tag inserito.

Torna in alto