29/09/2023 – Il welfare aziendale è nel tetto del 2016? No, anzi sì. Ennesimo contrasto di un ordinamento al collasso

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Metti la cera, togli la cera. Considera il finanziamento del welfare aziendale fuori dal limite (sempre più assurdo e obsoleto) dell’articolo 23, comma 2, del d.lgs 75/2017consideralo invece entro tale tetto.

Le contraddizioni, i conflitti di interpretazione tra organi la cui competenza specifica non è nemmeno così chiara (perché il Mef o la Corte dei conti dovrebbero interessarsi di questioni che concernono l’autonomia negoziale degli enti locali?), si moltiplicano e il nuovo pomo della discordia – del quale tutti avrebbero volentieri fatto a meno – è il finanziamento del welfare aziendale.

La spesa connessa è dentro o fuori l’esiziale tetto del 2016, che poi è del 2018? Per la Corte dei conti no. E la magistratura contabile si è espressa sia in sede di controllo (parere da ultimo della Sezione Lombardia 174/2023), sia in sede giurisdizionale, sentenza 354/2023 della Sezione II di appello.

Ma, a conferma che l’ordinamento italiano è vittima di se stesso, della presenza di norme prive di senso (come il “tetto” alla contrattazione, che era funzionale ad un’armonizzazione dei trattamenti tra i vari comparti mai avvenuta), ma soprattutto dei troppi organismi, commissioni, autorità, organi giurisdizionali chiamati a dire la propria in base anche ad approcci diversi e contrapposti, ovviamente la parola della magistratura contabile non è la sola.

Ci si mette anche il Mef, che, naturalmente, esprime un avviso radicalmente opposto: il welfare è da comprendere nel tetto del 2016 che poi è del 2018.

Ne dà conto su NT+ del 27.9.2023 Gianluca Bertagna, nell’articolo “Il Mef: anche il welfare aziendale nel tetto al fondo decentrato”, che sintetizza i contenuti della nota 228052 del 18/09/2023.

Contenuti che appaiono

  1. condivisibili, ove si spiega che è il fondo delle risorse decentrate la fonte di finanziamento del welfare, sicchè in sede di contrattazione decentrata per attribuire risorse al welfare aziendale, occorre simmetricamente ridurre risorse di altro tipo;
    1. non condivisibili laddove confonde il welfare aziendale con un trattamento economico individuale. La Corte dei conti ritiene che il welfare aziendale non sia da contenere entro il tetto del salario accessorio per la dirimente ed evidente ragione che non si tratta di salario accessorio.

Ora, il solito problema: a chi debbono dare retta gli enti? Per altro, in presenza di contrasti così frontali vince la regola del “vale tutto”, che consente di fare un po’ quel che pare, contando sulla complessità e contraddittorietà della materia.

Del resto, il Mef, che gestisce anche le (tardive e spesso solo formalistiche) ispezioni sulla gestione del fondo delle risorse decentrate, come potrebbe sostenere l’irregolarità della sua costituzione, in presenza di orientamenti opposti a quelli espressi dal Mef stesso, anche considerando che sempre dette ispezioni poi è alla Corte dei conti che inviano i rapporti?

Chioserebbe Pirandello: Ma non è una cosa seria. Purtroppo, invece, è serissima, drammatica e ripetuta.

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