tratto da ildirittoamministrativo.it - TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, sent. 14 settembre 2021, n.278.

È pacifico e incontestato che il reato ambientale oggetto della mancata dichiarazione era, al momento della domanda di partecipazione alla gara dell’impresa ricorrente, già estinto. Non è applicabile alla fattispecie, dunque, la giurisprudenza che condiziona gli effetti dell’estinzione nell’ambito delle procedure di affidamento alla dichiarazione del giudice dell’esecuzione penale (Cons. Stato, sez. III, 13 febbraio 2020, n.1174). Tale orientamento muove infatti dal presupposto, in questo caso insussistente, dell’intervenuta condanna (anche in forma di patteggiamento) e quindi dell’esistenza di un accertamento del reato, da superare attraverso una pronuncia del giudice dell’esecuzione; né, ovviamente, ad una declaratoria di estinzione può equipararsi quoad effectum il decreto di archiviazione del giudice delle indagini preliminari.

Ciò premesso, si ritiene che il reato estinto fuoriesca dal perimetro degli obblighi dichiarativi cui è tenuta l’impresa partecipante ad una gara ai sensi dell’art. 80 del d.lgs. 50 del 2016. Si osserva, infatti, che con riguardo alle specifiche ipotesi di reato elencate dall’art. 80 comma 1 del Codice, il successivo comma 3, ultimo periodo afferma che “l’esclusione non va disposta e il divieto non si applica … quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna ovvero in caso di revoca della condanna medesima”, così privando la stazione appaltante del potere di apprezzarne la relativa incidenza a fini partecipativi. Da ciò consegue, quale logica e necessaria conseguenza, l’insussistenza di un onere dichiarativo in capo al partecipante (Cons. Stato, sez. V, 28 agosto 2017, n. 4077). Riconosciuta, dunque, l’attitudine dell’estinzione a neutralizzare il rilievo, anche dichiarativo, delle ipotesi delittuose di particolare pregnanza tipizzate dal comma 1, al cui riscontro conseguirebbe l’automatica esclusione dell’operatore dalla procedura, non possono legittimarsi soluzioni difformi per altre (e meno gravi) ipotesi di reato rilevanti ai sensi del comma 5, quindi alla stregua di circostanze liberamente apprezzabili dalla stazione appaltante. Anche per queste, dunque, deve riconoscersi che l’abrogatio criminis, privando la stazione appaltante del potere di valutare i fatti sottostanti, esoneri il concorrente dal correlato obbligo informativo (Tar Piemonte, sez. I, 29 marzo 2021, n. 349).

Per le stesse ragioni si ritiene che la concorrente non fosse tenuta ad informare la stazione appaltante della precedente esclusione disposta da altro committente pubblico, in quanto dipendente dal medesimo reato ambientale ora estinto. L’esclusione ha rappresentato, infatti, nient’altro che una particolare conseguenza giuridica di un episodio illecito che l’estinzione ha privato di ogni rilievo per l’ordinamento. Imporre al partecipante una dichiarazione in tal senso finirebbe di fatto per vanificare l’effetto neutralizzante da riconoscersi, per le ragioni esposte al precedente paragrafo, all’estinzione del reato, consentendo allo stesso fatto di incidere comunque, sotto altra veste giuridica (quella del “grave illecito professionale”) sulle valutazioni della stazione appaltante.

TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, sent. 14 settembre 2021, n.278

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