tratto da leautonomie.asmel.eu.it

Condividiamo un articolo a cura di M. Balducci apparso il 19.06.2023 su riskcompliance.it

Negli ultimi giorni i media hanno fatto da cassa di risonanza ad uno scontro tra organi dello Stato la cui gravità sembra essere sfuggita a molti.

Nell’iter di conversione in Legge del Decreto Legge 76 del 2023, alla Camera, all’art 1 comma 12 quinquies alla lettera a) la sospensione della responsabilità erariale degli amministratori (introdotta con il DL 76 2023) viene prorogata dal 30/06/23 al 30/06/24 e, cosa ancora più pregnante, all’art. 1 comma 12 quinquies lettera b) viene esclusa la possibilità per la Corte dei Conti di esercitare il controllo così detto “concomitante” sui programmi e progetti finanziati dal PNRR.

Queste variazioni hanno scatenato le opposizioni e gli stessi magistrati della Corte dei Conti i quali hanno dichiarato che continueranno ad esercitare il controllo concomitante così come “previsto dalla Costituzione”.

Sul tema del “controllo concomitante” il Governo ha motivato la propria scelta sostenendo che i controlli concomitanti vengono già esercitati, nel caso del PNRR, dalla Commissione UE.

La proroga della sospensione della responsabilità erariale viene giustificata con la necessità di superare il terror firmae dei dirigenti, visti i tempi stretti imposti dal PNRR.

Le scaramucce tra il governo, da una parte, e le opposizioni e la Corte dei Conti, dall’altra, sono il frutto di alcuni malintesi culturali che stanno pestiferando tutta la nostra azione pubblica. Costituzionalisti di grande vaglia sono intervenuti nel dibattito mancando, comunque, il nocciolo della questione. Il nocciolo duro del problema è rappresentato dalla domanda: “che cosa si intende per controllo concomitante”?

Per rispondere a questa domanda dobbiamo fare alcune considerazioni di tipo linguistico e, quindi, culturale. Il termine “controllo” in Italiano ha due significati ben distinti.

  1. Nella frase “le forze militari italiane controllano in Kossovo la regione di Pristina” il termine controllo indica una relazione di potere, indica il fatto che i militari italiani “tengono sotto controllo” la regione di Pristina.
  2. Nella frase “il maestro controlla i compiti degli alunni” ci si riferisce ad una analisi di congruità. Il maestro verifica se i compiti degli alunni rispettano le regole di grammatica, sintassi etc. Qui non è in gioco nessun rapporto di potere. Tecnicamente si tratta di una analisi mirante a verificare la compliance dei compiti realizzati dagli alunni con le norme, definite in via preventiva, di grammatica, sintassi etc.(1)

Questi due tipi di controllo si estrinsecano in due attività completamente diverse e non sovrapponibili, per le quali in Inglese esistono due termini ben distinti:

  1. il termine control che, in inglese, si riferisce all’azione di qualcuno o qualcosa che tiene sotto controllo qualcun altro (i militari italiani e il territorio di Pristina) o qualcosa d’altro (ad esempio l’aspirina serve a tener sotto controllo la febbre).
  2. In Inglese il concetto di “controllo come verifica” viene espresso con la parola oversight e, talvolta, supervision.

Queste precisazioni linguistiche ci sono indispensabili per sbrogliare la matassa che vede i partiti, la corte dei conti e il governo impegnati in un dibattito privo di qualunque senso.

  1. Tecnicamente quando ci riferiamo al controllo di gestione ci riferiamo al primo significato (rapporto di potere). La definizione in Inglese è managerial control, cioè gli strumenti del potere manageriale.
  2. Nel caso del secondo significato ci riferiamo ad attività di auditing, di verifica della compliance di certi comportamenti con degli standards predefiniti.

Orbene la nostra Corte dei Conti intende come controlli concomitanti attività riconducibili esclusivamente alla categoria del managerial control, del controllo direzionale nel gergo comune definito come controllo di gestione.(2) La Corte dei Conti è venuta maturando la definizione di controllo concomitante nel tempo prendendo le mosse da quello che definiva controllo sulla gestione.(3) Orbene il controllo direzionale, sia esso strategico e o di gestione, non può essere esercitato da un ente esterno all’amministrazione ma esclusivamente dalla catena gerarchica, cioè da chi detiene il potere manageriale o managerial control.(4) Alla Corte dei Conti spetta esclusivamente l’auditing, non a caso in Inglese la Corte dei Conti è definita come Court of Auditors.

Questa confusione concettuale si inserisce in un quadro ben più vasto di nebbie concettuali, quadro che possiamo articolare in tre componenti che si intersecano e rafforzano a vicenda dando vita ad una situazione in cui i principi dello Stato di diritto si sono diluiti e sono andati persi. Vediamo queste tre componenti della generale confusione istituzionale.

1. Innanzi tutto l’errore secondo cui efficienza ed efficacia si raggiungono automaticamente rispettando la legge. I “nuclei di valutazione”, istituiti sulla base del Dlgs 29/1993, originariamente ricondotti alla tutela tecnica del CIVIT, sono stati trasformati in Organismi Indipendenti di Valutazione (O.I.V.) e sottoposti alla tutela dell’Autorità Anticorruzione (ANAC). Qui bisogna prendere consapevolezza del fatto che il rispetto della norma non è garanzia di successo manageriale. L’assenza di corruzione non è garanzia di efficienza ed efficacia. Un comportamento “onesto” non è necessariamente un comportamento efficacie. Essere onesti non basta, bisogna anche essere bravi. Il che non significa che, se si è bravi, si è autorizzati ad essere disonesti. La Corte dei Conti qui ha le idee abbastanza confuse e pretende di esercitare un controllo di legittimità ma anche di efficienza ed efficacia. Orbene alla Corte dei Conti non può spettare alcun controllo di efficienza ed efficacia sia perché tale controllo va separato dal controllo di legalità sia perché la Corte dei Conti non ha la competenza professionale per esercitare tale controllo. Sotto la copertura del controllo di legalità si tende ad esercitare un vero controllo di merito.

2. La seconda componente della confusione concettuale ed istituzionale riguarda il comportamento della Corte dei Conti nella valutazione della responsabilità erariale dei dirigenti. La lettura della legge 20 del 1994 indurrebbe a pensare che la Corte sia tenuta ad avere un comportamento favorevole al dirigente quando è chiamata a giudicare della responsabilità erariale.(5) I dirigenti hanno, ciononostante, paura ad apporre la propria firma perché sono quotidianamente testimoni di comportamenti brutali da parte della Corte dei Conti. A partire dagli anni ‘90 dello scorso secolo (in particolare a partire dal Dlgs 29/1993) si è affermato il principio delle tre “e” (efficienza, efficacia, economicità). Questo principio dovrebbe presupporre la libertà per i dirigenti di poter combinare i fattori della produzione liberamente, secondo la propria competenza professionale. Orbene tale libertà non sembra essere riconosciuta dalla Corte dei Conti che, da una parte, pretende di intervenire in itinere con giudizi di merito sulle decisioni della tecnostruttura e, dall’altra, non riconosce alla stessa tecnostruttura l’autonomia professionale per esercitare tali scelte.

3. In tutto questo marasma sta emergendo una terza componente: la Corte dei Conti tralascia i suoi doveri in quanto garante del rispetto della legalità amministrativa magari per affermare il proprio potere vincolis absolutus.(6)

Ci troviamo di fronte ad un problema molto serio e grave che sembra essere sottovalutato anche dagli osservatori più attenti. La confusione concettuale sta affievolendo l’istituzionalizzazione dei rapporti tra i vari funzionari (intesi come titolari di funzioni pubbliche) e l’organismo di cui ricoprono alcune funzioni, al punto che questi stessi organismi perdono il senso della loro funzione per ridursi, di fatto, a gruppi di potere in competizione reciproca.(7)

Il fatto è che in Italia i principi dello Stato di Diritto sono quotidianamente violati in maniera ben più pervasiva di quanto non succeda in Polonia e in Ungheria. Mentre in Polonia e Ungheria tali principi sono violati dai comportamenti del Governo e del Legislatore, in Italia tali principi sono violati quotidianamente in maniera interstiziale dalla macchina amministrativa(8), dalla magistratura e dalla Corte dei Conti.


Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

(1) Per una analisi dettagliata di questa problematica rinvio a M. BALDUCCI, Un gatto che si morde la coda ovvero le riforme della pubblica amministrazione, Milano, Guerini e Associati, 2023 pp 33-36 e pp. 123-125

(2) In effetti il controllo direzionale (o direzione per obiettivi) si articola in controllo strategico (che si sviluppa nel medio-lungo periodo ) e controllo di gestione (che si sviluppa nel breve periodo, convenzionalmente un anno).

(3) Nel dibattito odierno i magistrati della Corte dei Conti usano spesso l’etichetta controllo di gestione

(4) Qui dobbiamo chiederci che diavolo facciano quelle amministrazioni che hanno istituzionalizzato una struttura demandata al controllo di gestione. La confusione concettuale pervade le nostre strutture pubbliche determinando incertezza ed errori dirompenti

(5) Cfr. In particolare art. 1 comma 1 bis, art 1 comma 2 legge 20/1994

(6) Riporto qui un caso veramente eclatante. il «contratto integrativo dei collaboratori esperti linguistici» del 17 ottobre 2007 dell’univ. di Firenze non rispetta né il contratto collettivo nazionale, né la legge nazionale né l’ acquis communautaire; ai sensi del Dlgs 150/2009 tale contratto integrativo dovrebbe intendersi nullo; con la procedura di infrazione n° 2021.4055 la Commissione UE mette in mora l’Italia per questo contratto integrativo (che dovrebbe essere considerato nullo anche secondo la normativa italiana); la Corte dei Conti Regionale della Toscana (sez. Giur.) con la sentenza n. 110/2023 del 06.10.2022 condanna a un pesante risarcimento chi aveva ignorato (secondo il principio della gerarchia delle norme) il contratto collettivo integrativo, senza peraltro provocare alcun danno all’amministrazione. Non sembra fuor di luogo ipotizzare che, pur di affermare il proprio potere, la Corte dei Conti Regionale della Toscana rifiuta di prendere i provvedimenti richiesti dall’integrativo (da considerarsi nullo)e applica sanzioni senza basi legali con il forte rischio di vedere l’Italia condannata ad una pesante sanzione dalla UE!

(7) Cfr. M. BALDUCCI, Un gatto che si morde la coda… cit, pp. 21-25

(8) Rimando qui ad un contributo già pubblicato su questa piattaforma. M. BALDUCCI (2022), “Evasione fiscale, Compliance e Stato di Diritto”, Risk & Compliance Platform Europe; www.riskcompliance.it

LINK ALL’ARTICOLO: Quel pasticciaccio brutto dei controlli della Corte dei Conti (riskcompliance.it)

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