tratto da lasettimanagiuridica.it - autore Vito Antonio Bonanno

A seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge 21 settembre 2021, n.127, con il quale a decorrere dal 15 ottobre prossimo al personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni è fatto obbligo di possedere ed esibire la certificazione verde ai fini dell’accesso ai luoghi di lavoro, il Presidente del consiglio dei ministri con decreto del 23 settembre 2021 ha stabilito che dalla medesima data “la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle amministrazioni pubbliche è quella svolta in presenza”. Vi è una chiara correlazione tra i due provvedimenti normativi, come si evince dalle premesse del Dpcm ove si legge che “l’estensione della certificazione verde Covid-19 anche ai lavoratori del settore pubblico incrementa l’efficacia delle misure di contrasto al fenomeno epidemiologico già adottate dalle amministrazioni pubbliche”. Viene, così, archiviato lo smart working emergenziale introdotto dall’art. 87, comma 1, del d.l 18/2020, come strumento straordinario finalizzato ad evitare la diffusione del contagio e, pertanto, disciplinato in deroga alle regole vigenti sul lavoro agile dettate dalla legge n. 81 del 2017. In particolare, il legislatore dell’emergenza ha previsto la deroga alle norme sull’accordo individuale, sugli obblighi informativi ai fini assicurativi e previdenziali, nonché sull’obbligo datoriale di fornire gli strumenti tecnologici assumendo la responsabilità sotto il profilo della sicurezza e del buon funzionamento (cfr. art. 87, comma 1, lett. b) e comma 2). In buona sostanza, lo smart working emergenziale è diventato lo strumento attraverso il quale eseguire la prestazione lavorativa a domicilio (lo abbiamo definito, infatti, home working) in tutti i casi in cui ragioni di indifferibilità non imponevano, anche in relazione alla situazione emergenziale, di eseguirla in presenza.

In effetti, occorre evidenziare che già dal 15 settembre 2020 ha cessato di avere effetto la previsione di cui alla lett. a) del comma 1 dell’art. 87 del d.l. 18/2020, in quanto l’art. 263 dell’originario testo del d.l. 34/2020 nell’abrogare espressamente tale disposizione ha previsto che il lavoro agile semplificato (cioè, senza accordo individuale e senza comunicazioni) è applicato “al 50 per cento del personale  impiegato nelle attività che possono essere svolte in tale modalità”. Sotto questo profilo è bene, ancora ricordare, che il DM 19.10.2020 ha introdotto l’obbligo di mappatura dei processi lavorativi, onerando i dirigenti di effettuare una verifica preventiva delle attività cd. smartabili,  autorizzando l’esecuzione della prestazione lavorativa in modalità agile solo al 50% del personale addetto a quei procedimenti. Da ultimo, il d.l. 56/2021, ha eliminato dal testo dell’art. 263 del d.l. 34/2020 il riferimento al tetto del 50% del personale e ha chiarito che l’autorizzazione allo svolgimento del lavoro agile semplificato può essere adottata dal dirigente a condizione che l’erogazione dei servizi resi dal personale avvenga con regolarità, continuità ed efficienza e nel rispetto dei tempi di legge.

Il regime dello smart working emergenziale, in base all’art. 87 del d.l. 18/2020, è previsto “fino alla cessazione dello stato di emergenza” o “fino ad una data antecedente stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su  proposta  del  Ministro per la  pubblica  amministrazione”. Con il Dpcm del 23 settembre scorso è stata esercitata dal Capo dell’esecutivo la facoltà attribuitagli dalla legge di anticipare al 15 ottobre 2021 la cessazione della vigenza del regime emergenziale del lavoro agile. Il Dpcm, al di là della sua formulazione letterale, costituisce esercizio della delega contenuta nell’art. 87 citato, prevedendo che il regime dello smart working in deroga alla legge n. 81/2017 perde efficacia prima della cessazione dello stato di emergenza (oggi, prorogato al 31.12.2021 dall’art. 1 del d.l. 105/2021, convertito dalla legge 126/2021), proprio in considerazione dell’avvenuta estensione dell’obbligo di certificazione verde in capo a tutti i dipendenti pubblici.

Qual è l’effetto pratico di tale decreto?

Stando alla lettera dell’art. 87, comma 1, del d.l. 18/2020, dal 15 ottobre 2021, una volta entrato in vigore il Dpcm 23.9.2021, la previsione della lett, b) di tale articolo perde efficacia, e quindi l’organizzazione del lavoro in modalità agile nella pubblica amministrazione non può più derogare alle previsioni degli articoli da 18 a 23 della legge 81/2017, risultando necessario per eseguire la prestazione lavorativa in modalità agile stipulare un accordo individuale tra lavoratore e pubblica amministrazione ed assolvere tutti gli obblighi comunicativi previsti dalla legge. Lo smart working emergenziale, infatti, consiste(va) nell’automatica sua applicazione a tutti i rapporti di lavoro, ad eccezione di quelli da rendere indifferibilmente in presenza (previsione abrogata dal 15.9.2020) e dalla deroga all’obbligo dell’accordo individuale e delle comunicazioni ai fini della assistenza e previdenza. Questo sistema avrebbe esaurito la propria efficacia il 31 dicembre 2021; con il Dpcm in commento la cessazione degli effetti è stata anticipata dal 15 ottobre 2021. Al lavoro agile si applicano, quindi, le disposizioni di cui all’art. 14 della legge 124 del 2015, introdotte dall’art. 263 del d.l. 34/2020, in base alle quali le pubbliche amministrazioni ( compresi gli enti locali, secondo l’interpretazione della Funzione Pubblica) sono obbligate ad adottare il POLA individuando i servizi in cui è possibile organizzare il lavoro in modalità agile e le relative misure organizzative e di rendicontazione dei risultati; in assenza del Pola deve essere garantito il lavoro agile ad almeno il 15 per cento dei dipendenti che ne fanno richiesta.

Va, tuttavia, osservato che l’art. 11-bis del d.l. 56/2021 convertito dalla legge 87/2021 ha modificato il primo comma dell’art. 263 del d.l. 34/2021, prevedendo che “fino alla definizione della disciplina del lavoro agile da parte dei contratti collettivi, ove previsti, e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021….. le pubbliche amministrazioni organizzano il lavoro dei propri dipendenti….applicando il lavoro agile, con le misure semplificate di cui alla lettera b) del comma 1 del medesimo articolo 87.”  E’ evidente il difetto di coordinamento tra le due norme, in quanto la norma più recente sembra introdurre una diversa disciplina dello smart working, non più emergenziale ma meramente semplificato, fissando per la sua efficacia il termine del 31 dicembre 2021, sganciato da quello dello stato di emergenza e, soprattutto, da quello determinabile dal DPCM previsto dal primo comma dell’art. 87 del d.l. 18/2020. Tale regime semplificato consente al datore di lavoro, in deroga all’obbligo di accordo individuale e di effettuare le comunicazioni previste dalla legge 81/2017, di autorizzare lo svolgimento delle prestazioni lavorative in smart working, in assenza di tetti e contingentamenti “a condizione che l’erogazione dei servizi rivolti ai cittadini e alle imprese avvenga con regolarità, continuità ed efficienza nonchè nel rigoroso rispetto dei tempi previsti dalla normativa vigente”. Tale lettura, pure plausibile, rende tuttavia del tutto privo di effetti giuridici il Dpcm 23.9.202, posto che il suo unico effetto sarebbe quello di anticipare la cessazione degli effetti dello smart working emergenziale che, in tesi, non è più vigente essendo stato sostituito fino al 31 dicembre 2021 dallo smart working semplificato.

Detta in altre parole, il regime dello smart working semplificato (di cui al d.l. 56/2021), vigente fino al 31 dicembre 2021, si sostanzia nell’applicazione delle misure di cui alla lett. b) del comma 1 dell’art. 87 del d.l. 18/2021, le quali -tuttavia- dal 15 settembre 2020 sono le uniche misure che si applicano allo smart working emergenziale. L’unica concreta differenza tra i due istituti consiste nel fatto che l’autorizzazione al lavoro agile può essere adotta dai dirigenti a condizione che tale modalità di esecuzione della prestazione lavorativa non arrechi ritardi e perdite di efficienza.

E allora, in cosa consiste l’effetto pratico giuridicamente apprezzabile del Dpcm 23 settembre 2021?

E’ stato annunciato un decreto del Ministro della Funzione pubblica. Tuttavia, se al Dpcm vuole attribuirsi una efficacia giuridica, cioè l’effetto di modificare il quadro normativo vigente, non può che ritenersi che la decisione di anticipare la perdita di efficacia della disciplina sullo smart working emergenziale impatta sulla perdita di efficacia della lett. b) del comma 1 dell’art. 87 del d.l. 18/2020, il quale, dunque, non può essere più applicato nemmeno allo smart working semplificato di cui al comma 1 dell’art. 263 del d.l. 34/2021: dal 15 ottobre non esiste più lo smart working come una modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nel settore pubblico (introdotta come misura emergenziale di contenimento dei contagi) e, pertanto, gli enti dovranno approcciarsi a tale materia nel rispetto dell’art. 4 della legge n. 124/2015 e della l. 81/2017, cioè programmandone l’applicazione e dettando una cornice di regole per i controlli e la rendicontazione dei risultati. Nell’attesa degli annunciati rinnovi contrattuali che, tuttavia, nel mondo delle autonomie locali sono molto di là da venire.

Non pare superfluo, tuttavia, evidenziare che la Corte dei conti, sezione delle Autonomie, nello schema di referto sul funzionamento dei controlli interni approvato con deliberazione n. 13/2021 ha chiesto ai comuni di chiarire ( cfr. appendice 9), in coerenza con quanto già anticipato bella deliberazione n. 18/2020, se nel corso del 2020 si è proceduto a disciplinare il sistema di rendicontazione delle attività svolte in lavoro agile e se gli uffici deputati al controllo interno hanno verificato l’impatto del lavoro agile sulla continuità e qualità dei servizi; ciò a riprova che il regime semplificato del lavoro agile, soprattutto dal 15 settembre 2020, non è stato più una misura di contenimento del contagio ma uno strumento di organizzazione della prestazione lavorativa da attivare chiaramente in modalità semplificata ma senza creare rallentamenti e disservizi.

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