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Segretari comunali, il parere dell’Anac sulla revoca non può riguardare l’attività ordinaria

di Arturo Bianco

 

 

L’Autorità nazionale anticorruzione deve motivare solamente gli atti con cui esprime il proprio parere contrario alla revoca del segretario comunale invitando l’ente al riesame. Non occorre invece una specifica e accurata motivazione relativa alla mancanza di un nesso diretto e immediato con le attività svolte nella veste di responsabile anticorruzione nel caso in cui non ritenga di esprimere censure su questo tipo di provvedimento adottato da un ente locale. Possono essere così sintetizzate le principali indicazioni contenute nella sentenza della prima sezione del Tar del Lazio n. 10900 dello scorso 20 agosto. Il giudizio dell’Autorità non deve essere interpretato come un surrogato delle competenze della magistratura del lavoro a giudicare se la revoca sia o meno motivata rispetto al modo con cui il segretario ha svolto il suo ruolo.

I provvedimenti di revoca 

Occorre in premessa ricordare che, sulla base delle previsioni della legge n. 190/2012, la cosiddetta legge anticorruzione, i provvedimenti di revoca anticipata dei segretari devono essere trasmessi all’Anac che è chiamata a esprimere il proprio parere. Alla base di questa scelta legislativa è la volontà di evitare che i segretari siano revocati anticipatamente per lo svolgimento dei propri compiti di responsabile anticorruzione. Infatti, la disposizione stabilisce che qualora sia accertata tale correlazione l’Autorità invita l’ente locale a riesaminare il provvedimento. Si deve inoltre ricordare che la revoca anticipata dei segretari è consentita, dall’articolo 100 del Dlgs n. 267/2000, solamente nel caso della «violazione dei doveri d’ufficio» e deve essere preceduta da una specifica contestazione.

Il ruolo di validazione dell’Anac 

La sentenza parte dall’esame del dettato legislativo. Esso prevede che l’Anac debba svolgere, in termini sostanziali, un ruolo di “validazione” delle scelte compiute dalle amministrazioni. L’Autorità ha un potere di intervento solamente nel caso in cui riscontri una «correlazione tra attività svolta e prevenzione della corruzione». Si deve pervenire a questa lettura sulla base della considerazione che la norma dispone che il decorso del termine di 30 giorni dalla ricezione del provvedimento produce gli stessi effetti del parere positivo, quindi non ferma la revoca. 

Perché l’Anac possa invitare l’ente locale a riesaminare la revoca occorre che vi sia una correlazione, che si concretizza in un nesso di “causalità” e di immediatezza, tra il provvedimento di revoca e le attività svolte dal segretario quale responsabile anticorruzione. Nel caso in cui la revoca è stata disposta per addebiti precisi mossi al modo con cui viene svolta la normale attività di segretario, l’Anac non solo non è legittimata a intervenire, ma non deve neppure fornire una adeguata motivazione del proprio parere positivo.

Assai interessante è anche la notazione per la quale non è sufficiente il fatto che il segretario abbia messo in moto una iniziativa di contrasto in attività a elevato rischio di corruzione. Ciò non viene giudicato sufficiente, sulla base della documentazione e delle audizioni, in quanto la revoca è stata motivata dall’ente locale sulla base dei comportamenti messi in campo nello svolgimento delle attività tipiche del segretario. Giudicare se ciò corrisponda o meno al vero spetta al giudice ordinario e va al di fuori delle competenze dell’Anac.

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