L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta all’Istanza d’interpello n. 56 del 25 gennaio 2021, ha fornito chiarimenti in ordine all’applicazione del regime agevolativo sui “dpi” ex art. 124 del Dl. n. 124/2020 ai beni da considerare “accessori” ai sensi dell’art. 12 del Dpr. n. 633/1972.
La Società istante commercializza all’ingrosso dispositivi medici, apparecchiature e prodotti medicali di elevata qualità, innovazione e tecnologia, tra cui gli ossimetri e i pulsossimetri.
La Circolare n. 26/E del 15 ottobre 2020 ha confermato l’inclusione di tali beni tra la “strumentazione per diagnostica per Covid-19” e, quindi, l’applicabilità della disciplina di cui all’art. 124 del Dl n. 34/2020.
Oltre a tali beni, la Società commercializza materiale di consumo dedicato e necessario all’utilizzo dei beni stessi, ovvero:
- coprisonda monouso per termometri timpanici: materiale di consumo monouso dedicato all’utilizzo del termometro che consente di misurare la temperatura corporea sul paziente evitando qualsiasi possibilità di contaminazione;
- sensori per ossimetria cerebrale e somatica: sensori monouso destinati al monitoraggio della saturazione regionale di ossigeno che evitano qualsiasi possibilità di contaminazione;
- sensori a dito per pulsossimetri riutilizzabili e monouso: materiale di consumo necessario alla rilevazione dei parametri di ossigeno tramite pulsossimetro.
La Società ha chiesto se anche con riguardo ai beni sopra elencati trovi applicazione l’esenzione Iva disposta dalla disciplina in argomento, in quanto beni “accessori”.
L’Agenzia delle Entrate ha richiamato in primo luogo la citata Circolare n. 26/E del 2020, che al paragrafo 2.7 riporta quanto precisato dal Ministero della Salute: “che rientrano tra la ‘strumentazione per diagnostica per ‘Covid-19’ anche i saturimetri (pulsossimetri e ossimetri) in quanto sono dispositivi medici che permettono di diagnosticare una sofferenza a carico dell’apparato respiratorio di cui è responsabile ‘Covid-19’”. La Circolare precisa che, diversamente dall’Elenco allegato alla Decisione della Commissione UE 2020/491, “[…] in considerazione della formulazione della norma e dell’eccezionalità della stessa, l’Elenco di cui al comma 1 dell’art. 124 ha natura tassativa e non esemplificativa. Pertanto, solo i beni ivi indicati possono essere ceduti sino al 31 dicembre 2020 in esenzione da Iva e con applicazione dell’aliquota Iva del 5 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2021”.
Tuttavia, l’art. 12 del Decreto Iva stabilisce che “il trasporto, la posa in opera, l’imballaggio, il confezionamento, la fornitura di recipienti o contenitori e le altre cessioni o prestazioni accessorie ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, effettuati direttamente dal cedente o prestatore ovvero per suo conto e a sue spese, non sono soggetti autonomamente all’imposta nei rapporti fra le parti dell’operazione principale. Se la cessione o prestazione principale è soggetta all’imposta, i corrispettivi delle cessioni o prestazioni accessorie imponibili concorrono a formarne la base imponibile”. Il Principio di accessorietà appena riportato comporta che i corrispettivi relativi alle operazioni accessorie, per tali intendendosi quelli dovuti in relazione alle operazioni che assumono una posizione secondaria e subordinata rispetto all’operazione principale, concorrono a formare la base imponibile di quest’ultima, anche se addebitati separatamente dal prezzo pattuito per l’operazione principale [vedasi art. 78, paragrafo 1, lett. b), Direttiva Iva].
Secondo la Corte di Giustizia UE, ai fini Iva, “una prestazione è considerata accessoria ad una prestazione principale in particolare quando costituisce per la clientela non già un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore” (vedasi Corte di Giustizia UE, Sentenza 18 gennaio 2018, causa C-463/16; Sentenza 25 febbraio 1999 causa C-349/96; Sentenza 19 luglio 2012, causa C-44/11; Sentenza 16 aprile 2015 causa C42/14, Sentenza 8 dicembre 2016, causa C-208/15 e Risoluzione Agenzia delle Entrate 1° agosto 2008, n. 337).
Al riguardo, la Corte rileva come il fatto che sia pattuito un unico prezzo non sia elemento necessario, seppure tale eventualità possa costituire un indizio dell’unicità della fornitura. Ciò che rileva è la finalità per cui l’operazione è conclusa e l’esame di tale finalità va compiuto sia sotto il profilo oggettivo sia soggettivo, valutando cioè se l’operazione di per sé ha la funzione di integrare l’operazione principale, migliorando le condizioni per usufruire della stessa, e se nell’intenzione delle parti l’operazione non persegua un fine autonomo.
L’Amministrazione finanziaria, in via generale, ha chiarito in sede di prassi (vedasi Risoluzioni 3 ottobre 2008, n. 367/E; 1° agosto 2008, n. 337/E; 15 luglio 2002, n. 230/E; Risposta 3 giugno 2020, n.163) che perché un’operazione possa essere qualificata come accessoria è necessario che la stessa presenti le seguenti caratteristiche:
1) deve integrare, completare o rendere possibile l’operazione principale;
2) deve essere resa direttamente dal medesimo soggetto che effettua l’operazione principale ovvero da terzi, ma per suo conto e a sue spese;
3) deve essere resa nei confronti del medesimo soggetto (cessionario/committente) nei cui confronti è resa l’operazione principale.
Con riferimento al regime Iva di cui all’art. 124 del Dl. n. 34/2020, l’Agenzia ha avuto modo di chiarire che “al ricorrere delle condizioni previste dall’art. 12 del Decreto Iva, il medesimo trattamento spetti anche alle operazioni accessorie alle cessioni dei beni individuati dall’art. 124. …, al di fuori dei casi di applicazione del citato art. 12, la cessione dei singoli pezzi di ricambio nonché dei beni accessori andrà valutata caso per caso, anche in sede di interpello” (Circolare n. 26/E del 2020, paragrafo 2.13).
Alla luce di quanto sopra esposto, l’Agenzia ha ritenuto che i beni oggetto del presente Interpello possano beneficiare del medesimo trattamento ai fini Iva previsto per la cessione del bene principale, di cui sono accessori.
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