tratto da quotidianopa.leggiditalia.it
Sezione autonomie: valori economici e resti assunzionali 2019-2021 per il personale dirigenziale e non dirigenziale
di Roberta Caiffa – Funzionario della Corte dei conti
La Corte dei conti, Sezione delle autonomie, con la deliberazione n. 17 dell’11 giugno 2019 (depositata il 17 luglio u.s.) ha dato risposta alla questione posta dalla Sezione di controllo per la Regione Puglia (n. 30/2019/QMIG), concernente la programmazione dei fabbisogni di personale per il triennio 2019-2021 ed, in particolar modo, relativamente alla possibilità di considerare “i valori economici delle capacità assunzionali 2019-2021 per il personale dirigenziale e non dirigenziale, riferiti alle cessazioni dell’anno precedente, nonché ai resti assunzionali del triennio precedente l’annualità di riferimento” in cumulo tra di loro “fra loro al fine di determinare un unico budget complessivo utilizzabile indistintamente per assunzioni riferite ad entrambe le tipologie di personale (dirigenziale e non) oppure se, per ognuna delle suddette due categorie, possa essere utilizzato ai fini assunzionali esclusivamente il budget calcolato per la categoria considerata”.
La richiesta di parere – posta dalla Commissione straordinaria del Comune di Manduria – in presenza di precedenti pronunce (SRC Lombardia n. 222/2018/PAR e SRC Lazio, n. 21/2018/PAR) che giungevano “a conclusioni differenti” è stata rimessa da parte della Sezione regionale di controllo al Presidente della Corte dei conti, che l’ha deferita alla Sezione delle autonomie, ai sensi dell’art. 6, comma 4, D.L. n. 174 del 2012.
Scendendo più nel particolare, «la Sezione regionale di controllo per la Lombardia … ha affermato che la capacità assunzionale di personale a tempo indeterminato da parte degli enti locali, di cui all’art. 3, comma 5, D.L. n. 90 del 2014 “non fa distinzione tra personale non dirigenziale e personale dirigenziale”», mentre la Sezione regionale di controllo per il Lazio, «ha concluso per la necessità di distinguere i due budget, sulla base di una ricostruzione sistematica dello statuto della dirigenza pubblica e della disciplina successiva al D.L. n. 90 del 2014, evidenziando che “la disciplina successiva al detto decreto, rimodulativa, in senso restrittivo, delle facoltà assunzionali delle Pubbliche Amministrazioni, da computarsi percentualmente sul turn over, è espressamente riferita dal legislatore al personale con qualifica non dirigenziale, con ciò introducendo un puntuale elemento di differenziazione rispetto alla capacità di reclutamento del personale con qualifica dirigenziale” e che “l’excursus delineato consente di affermare come necessitata la distinzione tra il profilo della dirigenza e quello del personale non dirigenziale nelle diverse fasi dell’attività preordinata al relativo reclutamento e alla conseguente gestione del rapporto di lavoro instaurato, essendo motivatamente rimessa alla discrezionalità amministrativa la rivalutazione dei fabbisogni di personale in ragione dei mutevoli obiettivi della generale azione amministrativa, con il conseguente obbligo di adeguamento, in primis, delle piante organiche” ».
Per la risoluzione del quesito posto la Sezione delle autonomie si concentra sulle seguenti disposizioni normative: art. 3, comma 5, D.L. n. 90 del 2014 (assunzioni per Regioni ed enti locali negli anni 2014-2015 per una spesa pari al 60% del personale di ruolo cessato nell’anno precedente; 80% negli anni 2016 e 2017 e 100% a decorrere dall’anno 2018; dal 2014 è consentito il cumulo delle risorse destinate alle assunzioni per un arco temporale non superiore a cinque anni, con possibilità di utilizzo dei residui disponibili delle quote percentuali delle facoltà assunzionali riferite al quinquennio precedente; riduzione graduale della percentuale tra spese di personale e spese correnti) che, ad ogni modo, è stato recentemente modificato dall’art. 14-bis, comma 1, lett. a), D.L. n. 4 del 2019 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 26 del 2019), secondo cui “al comma 5, quinto periodo, le parole: “tre anni” sono sostituite dalle seguenti: “cinque anni” e le parole: “al triennio precedente” sono sostituite dalle seguenti: “al quinquennio precedente”. Ai sensi del comma 3 del medesimo art. 14-bis, inoltre, “Le previsioni di cui alla lettera a) del comma 1 si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”. “Ne deriva, dunque, che dal 2019 la base di riferimento per i cd. resti assunzionali non sarà più il triennio, ma il quinquennio precedente. “
La Sezione delle autonomie evidenzia quindi “che la previsione normativa di cui all’art. 3, comma 5, D.L. n. 90 del 2014 disciplina la facoltà assunzionale, in rapporto ad una percentuale di spesa parametrata a quella relativa al personale di ruolo cessato nell’anno precedente, senza prevedere alcuna distinzione di budget tra le tipologie di personale. Gli ulteriori vincoli che il Legislatore ha previsto sono, difatti, riconducibili alle disposizioni previste dall’art. 1, commi 557, 557-bis e 557-ter, L. 27 dicembre 2006, n. 296 e al rispetto della programmazione del fabbisogno e di quella finanziaria e contabile, con riferimento al cumulo delle risorse relativamente ai cd. resti assunzionali”.
Inoltre, per l’art. 1, comma 228, L. n. 208 del 2015, “Le amministrazioni di cui all’art. 3, comma 5, D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114, e successive modificazioni, possono procedere, per gli anni 2016, 2017 e 2018, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato di qualifica non dirigenziale nel limite di un contingente di personale corrispondente, per ciascuno dei predetti anni, ad una spesa pari al 25 per cento di quella relativa al medesimo personale cessato nell’anno precedente”.
Riguardo alle precedenti pronunce della Sezione delle autonomie, in tema di facoltà assunzionali sono citate le deliberazioni n. 28/SEZAUT/2015/QMIG, 16/SEZAUT/2016/QMIG e 25/SEZAUT/2017/QMIG. La Sezione procede a rappresentare che “come anticipato, l’art. 3, comma 5, D.L. n. 90 del 2014 reca la disciplina normativa delle facoltà assunzionali, ancorandola ad una percentuale di spesa parametrata a quella relativa al personale di ruolo cessato nell’anno precedente (cd. turn over), senza prevedere alcuna distinzione di budget tra le tipologie di personale”; “non sembra ragionevole, dunque, prevedere vincoli ulteriori, quali la creazione di budgetdifferenziati per personale dirigente e non dirigente, atteso che, quando il Legislatore ha inteso porre limiti e vincoli agli enti lo ha fatto esplicitamente; “la stessa previsione di cui all’art. 1, comma 228, L. n. 208 del 2015, difatti, che poneva vincoli espressi alle assunzioni di personale di qualifica non dirigenziale, va contestualizzata e circoscritta al solo triennio 2016-2018 e, dunque, può considerarsi, ai fini che ci occupano, come norma transitoria, ormai superata”.
Viene citata anche «la recente previsione di cui all’art. 35-bis, D.L. n. 113 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla L. 1 dicembre 2018, n. 132 per la quale “oltre al superamento della logica del cd. turn over, ciò che rileva è il focus che il Legislatore pone – in merito alla futura disciplina delle capacità assunzionali – sulla coerenza con i piani triennali dei fabbisogni di personale, sul rispetto pluriennale dell’equilibrio di bilancio asseverato dall’organo di revisione, nonché sul riferimento “ad una spesa complessiva per tutto il personale dipendente”, non facendo alcun tipo di riferimento a tipologie di personale e relativi budget assunzionali differenziati. Ne deriva, pertanto, che, anche in logica prospettica e di sistema, l’interesse del Legislatore sulle capacità assunzionali si concentra sulla “tenuta finanziaria” degli enti, con un riferimento espresso al “personale a tempo indeterminato”, nonché ad una spesa complessiva per “tutto il personale dipendente”».
Sul punto, la Corte evidenzia inoltre che “ai fini della determinazione del budget assunzionale da parte degli enti, particolare rilievo assume la programmazione dei fabbisogni di personale, che ogni amministrazione è tenuta ad effettuare, attraverso lo strumento del piano triennale dei fabbisogni di personale (PTFP)” (art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 165 del 2001) «creandosi così un sistema sinergico tra la programmazione dei fabbisogni di personale, la performance dell’amministrazione e la pianificazione pluriennale delle attività. Il riferimento, poi, alle risorse destinate all’attuazione del piano viene effettuato con riguardo alle “risorse quantificate sulla base della spesa per il personale in servizio e di quelle connesse alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente”»
La Sezione «riassuntivamente … ribadisce che: a) entrambe le disposizioni richiamate si caratterizzano per la loro dimensione finanziaria (hanno come obiettivo la riduzione della spesa di personale per esigenze di finanza pubblica); b) l’art. 3, comma 5, D.L. n. 90 del 2014 è una norma a regime e prevede la possibilità, dal 2018, di reintegrare interamente le cessazioni dell’anno precedente, (il 100 per cento della spesa) senza distinzioni tra categorie di personale. Nel triennio 2016-2018 la percentuale era inferiore e crescente (60 per cento della spesa negli anni 2014 e 2015 e 80 per cento della spesa negli anni 2016 e 2017); c) l’art. 1, comma 228, L. n. 208 del 2015 è una norma transitoria, limitata al triennio 2016 -2018 e prevede la possibilità di effettuare assunzioni a tempo indeterminato di personale non dirigente nella misura del 25 per cento della spesa delle corrispondenti cessazioni dell’anno precedente; d) la Sezione delle autonomie (n. 16/2016) ha stabilito che, nel triennio 2016-2018, la disposizione di cui al punto c), più restrittiva, dovesse prevalere su quella di cui al punto b), “sostituita e da disapplicare”; e) la Sezione delle autonomie (n. 25/2017) precisa che: la facoltà assunzionale è uno “spazio finanziario”; vale la norma vigente nell’anno che fissa la “capacità di competenza”, cui si sommano i resti assunzionali; i resti assunzionali sono quelli maturati nel triennio precedente in base alle norme vigenti ratione temporis» e che”la richiamata norma transitoria nel triennio 2016 del 2018 produce due effetti: sulla capacità assunzionale rende possibili assunzioni a tempo indeterminato di personale non dirigenziale pari a un quarto della spesa per cessazioni dell’anno precedente; sui resti assunzionali produce uno spazio finanziario pari al 25 per cento della spesa, utilizzabile, nel 2019, dalla norma a regime, che non prevede differenziazioni”.
La Sezione delle autonomie della Corte dei conti pronuncia con la deliberazione n. 17/2019/QMIG il principio di diritto secondo il quale:
“I valori economici delle capacità assunzionali 2019-2021 per il personale dirigenziale e non dirigenziale riferiti alle cessazioni dell’anno precedente, ai sensi dell’art. 3, comma 5, D.L. n. 90 del 2014, possono essere cumulati fra loro al fine di determinare un unico budget complessivo utilizzabile indistintamente per assunzioni riferite ad entrambe le tipologie di personale, dirigenziale e non, in linea con la programmazione dei fabbisogni di personale, ai sensi dell’art. 6, D.Lgs. n. 165 del 2001, e nel rispetto dei vincoli finanziari previsti dalla legislazione vigente. Tale principio vale anche ai fini dell’utilizzo dei cd. resti assunzionali, per i quali si fa presente che, alla luce delle recenti novità legislative di cui all’ art. 14-bis, comma 1, lett. a), D.L. n. 4 del 2019, il riferimento “al quinquennio precedente” è da intendersi in senso dinamico, con scorrimento e calcolo dei resti, a ritroso, rispetto all’anno in cui si intende effettuare le assunzioni”.
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