tratto da lasettimanagiuridica.it

Con la delibera n. 720 del 27 ottobre l’Autorità Anticorruzione viene chiamata a esprimere un parere riguardo ai seguenti punti:

  • l’applicazione dell’istituto dell’inconferibilità in caso di condanna per il reato di associazione a delinquere (art. 416 c.p.) poiché non compreso nell’elencazione prevista nell’articolo 3 del decreto legislativo 39/2013 che si limita a richiamare i delitti contro la pubblica amministrazione
  • l’applicazione dell’inconferibilità nel caso di sentenza di non luogo a procedere per prescrizione, con riferimento ai reati contro la pubblica amministrazione
  • l’applicazione della rotazione straordinaria nel caso di condanna di primo grado per associazione a delinquere, dopo la sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione.

Riguardo al primo punto l’Autorità evidenzia che il reato di associazione a delinque è di tipo associativo e si tratta di una “norma contenitore” riferito all’attuazione di condotte finalizzate all’effettuazione di “reati di fine”, tra i quali rientrano quelli contro la pubblica amministrazione. Tale prescrizione di legge – sostiene Anac – va applicata anche per reati associativi al compimento di reati contro la pubblica amministrazione. Infatti “anche il solo aspetto di partecipare all’associazione è idoneo a integrare la fattispecie delittuosa, pur se la pena è più lieve rispetto a quella prevista per coloro che promuovono, costituiscono e organizzano l’associazione”, afferma Anac nella delibera approvata in Consiglio il 27 ottobre 2021. Secondo l’Autorità “sarebbe ingiusto oltre che irragionevole, liberare dal divieto di conferimento degli incarichi pubblici un soggetto responsabile del delitto di associazione per delinquere di più reati contro la pubblica amministrazione, e assoggettarvi invece colui che sia responsabile di un solo delitto”.

Riguardo al secondo punto la delibera non fornisce indicazioni precise, pur affermando di avere risposto, facendo intendere (come alcuni commentatori hanno affermato) che la prescrizione dovesse essere considerata al pari della condanna. Ma è bene evidenziare che invece, già con l’orientamento n.55 del 3 luglio 2014, la stessa Autorità aveva affermato testualmente che “ai sensi dell’art. 3, comma 5 del d.lgs. n. 39/2013, le cause di inconferibilità cessano di diritto laddove intervenga, per il medesimo fatto, una sentenza di proscioglimento anche non definitiva, sia pure per prescrizione, restando comunque ferme le ragioni di opportunità e di cautela (previste dalla delibera n. 14/2013 di questa Autorità) che sconsigliano il conferimento di incarichi a coloro che sono stati raggiunti da precedenti condanne venute meno successivamente per intervenuta prescrizione“.

Riguardo al terzo punto nella delibera si afferma che “la questione è assorbita dall’inconferibiità dell’incarico”.

In realtà leggendo la deliberazione si evidenzia che, pur condividendo l’interpretazione dell’Autorità che considera il reato di associazione a delinquere di gravità pari a quelli richiesti dall’art. 3, tale affermazione, non corrispondendo a una esplicita disposizione normativa, né può considerarsi vincolante. E nel caso in cui venisse applicata, potrebbe essere oggetto di contenzioso o di rifiuto nell’applicazione da parte di qualche funzionario.

Riguardo agli altri punti presenti nel quesito, si rileva che l’Autorità non fornisce alcuna risposta certa o spendibile in modo sicuro:

  • equipara il “non luogo a procedere per intervenuta prescrizione” al “reato tentato”, operando così una nuova estensione nell’applicazione dell’inconferibilità rispetto alla precedente estensione delle fattispecie penale già effettuata con la deliberazione 447/2019
  • non si esprime in ordine agli effetti della prescrizione, mentre in precedenza, in modo deciso aveva affermato di non considerarla al pari dell’assoluzione
  • non fornisce alcuna indicazione riguardo alla rotazione straordinaria

Tuttavia è da considerare che l’Autorità non avrebbe potuto esprimersi diversamente (e ha fatto bene a non farlo) trattandosi di una situazione che non viene presa in esame in modo specifico dalle norme vigenti.

Semmai, spezzando una lancia a favore di ANAC è da affermare, trattandosi del conferimento di un incarico, la cui decisione è rimessa all’autonomia organizzativa dell’Ente, per quali quest’ultimo non adotti le opportune considerazioni piuttosto che trasferire all’Autorità ogni decisione al riguardo.

Non si può però evitare di considerare l’eventualità che l’ente non abbia la possibilità di ricorrere ad altro funzionario e che la richiesta avesse lo scopo di trovare una copertura per l’attuazione di scelte obbligate.

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