Pubblicato il 29/11/2019
N. 08178/2019REG.PROV.COLL.
N. 08945/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8945 del 2013, proposto da
Lido Eden di Vellozzi Antonio e Alessandro e C. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Alfredo Zaza D’Aulisio, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Cardarelli in Roma, via Pierluigi Da Palestrina, n.47;
contro
Comune di Gaeta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Daniela Piccolo, con domicilio eletto presso lo studio Giancarlo Capozzi in Roma, via Cicerone,66;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima) n. 00298/2013, resa tra le parti, concernente diniego concessione edilizia in sanatoria
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Gaeta;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 26 novembre 2019 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti gli avvocati Alfredo Zaza D’Aulisio e Daniela Piccolo;
Rilevato in fatto che:
– la presente controversia ha ad oggetto l’appello proposto nei confronti della sentenza n. 298 del 2013 con cui il Tar Latina ha solo parzialmente accolto il ricorso proposto avverso la determinazione a firma del dirigente del VII Settore del Comune di Gaeta prot. n. 34137 del 14 novembre 2003, nella parte in cui reca parere negativo, in base all’art. 32 della l. n. 47/1985, per una parte delle opere oggetto di domanda di condono edilizio della ricorrente;
– in particolare, la sentenza impugnata respingeva le censure dedotte in relazione a tre rimanenti opere: il locale ad uso deposito realizzato in adiacenza alle cabine lato sud-est (lett. b), il manufatto aperto di carattere precario (lett. c) dell’originaria contestazione, la recinzione posta dal lato del mare e i camminamenti (lett. d);
– con il presente appello l’originario ricorrente riproponeva le censure sollevate in primo grado e respinte dal Tar, censurando le argomentazioni svolte dal giudice di prime cure, in relazione alle opere rimanenti, sopra riassunte;
– il Comune appellato si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del gravame;
– alla pubblica udienza di smaltimento del 26 novembre 2019 la causa passava in decisione.
Considerato in diritto che:
– l’appello è fondato in parte qua, in relazione alle opere rimanenti sul lettera d), cioè la recinzione posta dal lato del mare e i camminamenti;
– in linea di fatto la ricostruzione posta a fondamento della sentenza appellata appare corretta;
– in relazione ai manufatti sub lettere b) e c) predette il relativo ingombro rende condivisibile la valutazione negativa svolta dal giudice di prime cure, basata, nei limiti del sindacato giurisdizionale, su una adeguata valutazione dei fatti e priva di elementi di illogicità;
– al riguardo, assumono rilievo preminente ed insuperato gli elementi posti a base del parere contrario dell’esperto paesistico, fatto proprio dagli atti in contestazione;
– per un verso, relativamente al deposito in adiacenza alle cabine, rilevano l’estraneità di detto manufatto all’impianto di balneazione e l’impossibilità di (ri)assorbirlo dal punto di vista volumetrico nel contesto tutelato, dando esso luogo ad un eccessivo ingombro e ad un’eccessiva occupazione di aree scoperte;
– per un altro verso, relativamente al manufatto aperto, rilevano il carattere precario, il contrasto (per materiali e dimensioni) con i valori ambientali del luogo, la attuale totale trasformazione, che lo rende non riconducibile allo stato che aveva al 31 dicembre 1993, termine rilevante ai fini di condono in esame;
– a diverse conclusioni deve giungersi rispetto agli interventi rimanenti, privi di concreto impatto, quantomeno nei rilevanti termini invocati dalla p.a.;
– infatti, in assenza di elementi di ingombro rilevante, le generiche considerazioni poste a base della valutazione negativa si scontrano con il limitato impatto di tali interventi;
– per ciò che concerne la recinzione, costituisce jus receptum il principio per cui non è necessario un idoneo titolo edilizio per la realizzazione di una recinzione nel caso in cui sia posta in essere una trasformazione dalla quale, per l’utilizzo di materiale di scarso impatto visivo e per le dimensioni ridotte dell’intervento, non derivi un’apprezzabile alterazione ambientale, estetica e funzionale, pertanto la distinzione tra esercizio dello ius aedificandi e dello ius excludendi alios va riscontrata nella verifica concreta delle caratteristiche del manufatto (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. IV, 14 giugno 2018, n. 3661 e 15 dicembre 2017, n. 5908);
– nel caso di specie, la valutazione appare carente di approfondimento istruttorio e valutativo nei termini appena ricordati, in quanto l’affermazione circa la apparente schermatura appare generica e priva della necessaria verifica concreta della specifica consistenza e funzionalità del manufatto;
– per ciò che concerne il mutamento del manto erboso, non emerge un’alterazione paesaggisticamente rilevante, stante la palese omogeneità estetica del medesimo manto erboso nei termini di cui alla presente fattispecie;
– infatti, a fronte della permanenza del medesimo manto erboso, il diverso mero utilizzo, senza strutture di ingombro di rilievo, rende illogica e travisante la valutazione negativa, non potendo rilevare, ai fini in esame, elementi casuali e facilmente mutabili come sedie e tavoli;
– alla luce delle considerazioni che precedono l’appello è fondato in parte qua e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado in relazione alle restanti opere sub lettera d);
– va invece respinto in relazione alle restanti opere, sub lettere b) e c) predette;
– sussistono giusti motivi, stante la soccombenza reciproca, per compensare fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte qua, nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, accoglie nella medesima parte il ricorso di primo grado; lo respinge nella restante parte.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro, Presidente
Oreste Mario Caputo, Consigliere
Francesco Gambato Spisani, Consigliere
Raffaello Sestini, Consigliere
Davide Ponte, Consigliere, Estensore
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