Consiglio di Stato, Sez. VI, sent. 15/02/2021, n. 1354 (link).
Nell’ordinamento italiano non può trovare tutela risarcitoria il mero interesse procedimentale, inteso quale interesse alla correttezza della complessiva gestione del procedimento da parte della P.A., poiché tale interesse si pone come situazione meramente strumentale alla tutela di una posizione di interesse legittimo; l’interesse procedimentale non è di per sé qualificabile come bene della vita, suscettibile di autonoma protezione mediante il risarcimento del danno e resta avulso da ogni riferimento alla spettanza dell’interesse sostanziale, al cui conseguimento il procedimento stesso è finalizzato (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, sent. 03/01/2020 n. 61; Sez. V, sentt. 18/03/2019 n. 1740 e 10/10/2018 n. 5834; Sez. IV, sentt. 23/06/2017 n. 3068 e 2/11/2016 n. 4580);
L’ordinamento riconosce invece il ristoro dei danni provocati dall’attività provvedimentale della P.A., anche con riferimento ai tempi entro i quali l’amministrazione avrebbe dovuto provvedere e non ha provveduto tempestivamente, per il cui riconoscimento è però indispensabile la prova rigorosa della spettanza del bene della vita preteso, in stretta correlazione con il giudicato (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sent. 10/02/2015 n. 675; Sez. IV, sent. 20/01/2015 n. 131; Sez. V, sent. 29/12/2014 n. 6407 e sent. 01/04/2011 n. 2031).
Nel caso di tardivo diniego di trasferimento di un dipendente (in regime di diritto pubblico), il trasferimento è il bene della vita cui aspira l’interessato e, nel caso di conclusione con provvedimento negativo, il ritardo procedimentale è risarcibile solo qualora sia illegittimo (per vizi diversi dal ritardo, che vizio non è) il provvedimento conclusivo di diniego (verifica di spettanza del bene della vita).
Nessun tag inserito.