TAR Campania, Sez. V, sent. del 09 giugno 2021, n. 3909.
Giova ripercorrere gli orientamenti affermatisi in giurisprudenza circa gli obblighi dichiarativi gravanti sugli operatori economici in sede di partecipazione alle gare d’appalto ai fini della valutazione dell’affidabilità professionale, nonché relativamente al carattere del giudizio de quo, riservato alla stazione appaltante, quali formatisi anche in relazione alla previgente disciplina dell’art. 80 comma 5 lett c) del D.lgs. 50/2016, e da ritenersi ancora validi in relazione alla formulazione vigente ratione temporis.
Come di recente compiutamente osservato da T.A.R. Lombardia – Milano, sez. I, 12/10/2020, n. 1881, sia pure in riferimento alla previgente formulazione dell’art. 80 comma 5 lett c) del D.lgs. 50/2016, “l’art. 80, comma 5 lett. c), trova diretta corrispondenza nell’art. 57, comma 4 lett. c), della direttiva 2014/24, che consente alle stazioni appaltanti di escludere i partecipanti che abbiano commesso “gravi illeciti professionali”, riconoscendo così un ampio potere valutativo alle amministrazioni aggiudicatrici;
– a ben vedere, la norma si pone in continuità con l’art. 38, comma 1 lett. f), del D. Lgs. n. 163 del 2006, il quale prevedeva la non ammissione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, ovvero inibiva l’affidamento di subappalti o ancora la stipulazione dei relativi contratti per coloro che “secondo motivata valutazione della stazione appaltante … hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo da parte della stazione appaltante”, con la precisazione che, anche in tal caso, la norma costituiva attuazione della disciplina eurounitaria, atteso che l’art. 45, comma 2 lettera d), della direttiva 2004/18/CE, del 31 marzo 2004, pur rimettendo agli Stati membri la definizione delle condizioni di applicazione, consentiva l’esclusione dalla partecipazione all’appalto di “… ogni operatore economico … che, nell’esercizio della propria attività professionale, abbia commesso un errore grave, accertato con qualsiasi mezzo di prova dall’amministrazione aggiudicatrice”;
– del resto, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sentenza n. 470, del 18 dicembre 2014) ha puntualizzato che la nozione di “errore nell’esercizio dell’attività professionale” attiene a “… qualsiasi comportamento scorretto che incida sulla credibilità professionale dell’operatore e non soltanto le violazioni delle norme di deontologia in senso stretto della professione cui appartiene tale operato”;
– ecco, allora, che la ratio dell’art. 80, comma 5, lett. c), cit. risiede “nell’esigenza di assicurare l’affidabilità di chi si propone quale contraente, requisito che si ritiene effettivamente garantito solo se si allarga il panorama delle informazioni, comprendendo anche le evenienze patologiche contestate da altri committenti …” (così già Consiglio di Stato, Sez. V, 11 aprile 2016, n. 1412);
– la norma tende a consentire alla stazione appaltante un’adeguata e ponderata valutazione sull’affidabilità e sull’integrità dell’operatore economico, sicché sono posti a carico di quest’ultimo i c.d. obblighi informativi: l’operatore è tenuto a fornire una rappresentazione quanto più dettagliata possibile delle proprie pregresse vicende professionali in cui, per varie ragioni, “gli è stata contestata una condotta contraria a norma” o, comunque, si è verificata la rottura del rapporto di fiducia con altre stazioni appaltanti (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 12 aprile 2019, n. 2407; Consiglio di Stato, sez. V, 4 febbraio 2019, n. 827; Id., 16 novembre 2018, n. 6461; Id., 24 settembre 2018, n. 5500; Id., 3 settembre 2018, n. 5142; Id., 17 luglio 2017, n. 3493; Id., 5 luglio 2017, n. 3288; Id., 22 ottobre 2015, n. 4870);
– la giurisprudenza ha precisato che anche “la violazione degli obblighi informativi può integrare, a sua volta, il grave illecito professionale endoprocedurale, citato nell’elencazione esemplificativa dell’art. 80, comma 5 lett. c), cit., come omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, con conseguente facoltà della stazione appaltante di valutare tale omissione o reticenza ai fini dell’attendibilità e dell’integrità dell’operatore economico” (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 3 settembre 2018, n. 5142; Consiglio di Stato, sez. III, 23 agosto 2018, n. 5040);
– la nozione di “grave illecito professionale” ex art. 80, comma 5 lett. c), cit. – ferma la necessaria valutazione discrezionale della stazione appaltante – ricomprende ogni condotta, collegata all’esercizio dell’attività professionale, contraria ad un dovere posto da una norma giuridica sia essa di natura civile, penale o amministrativa (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 24 gennaio 2019, n. 591; Consiglio di Stato, sez. III, n. 4192/17 e Id. n. 7231/2018);
– di conseguenza, la giurisprudenza consolidata precisa che l’elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti, contenuta nella lettera c) del comma 5 dell’art. 80 del D. Lgs. n. 50 del 2016, deve riguardarsi quale meramente esemplificativa, nel senso che, pur agevolando gli obblighi dimostrativi facenti carico alla stazione appaltante, qualora ritenga di addivenire all’esclusione dell’operatore economico per le fattispecie tipizzate, non ne limita, tuttavia, la riconosciuta discrezionalità nella valutazione di altre situazioni, che evidenzino la contrarietà ad un obbligo giuridico di carattere civile, penale ed amministrativo, ritenute tali da rendere dubbia l’integrità o l’affidabilità del concorrente (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 24 gennaio 2019, n. 591; Consiglio di Stato, sez. III, 27 dicembre 2018, n. 7231 e Id., sez. V, 3 settembre 2018, n. 5136);
– pertanto, la citata disposizione non contempla un numero chiuso di “gravi illeciti professionali”, ma ricomprende, sostanzialmente, quali fattispecie meramente esemplificative di tale categoria aperta, alcune situazioni già previste dal legislatore comunitario come specifiche cause di esclusione e ascrivibili, con ogni evidenza, alla generica voce generale di cui all’art. 57, comma 4 lett. c), della direttiva n. 24/2014/UE; […];
– in definitiva, l’obbligo dichiarativo “attiene ai principi di lealtà e affidabilità contrattuale e professionale che presiedono agli appalti e ai rapporti con la stazione stessa, né si rilevano validi motivi per non effettuare tale dichiarazione, posto che spetta comunque all’amministrazione la valutazione dell’errore grave che può essere accertato con qualunque mezzo di prova” (cfr,. ex multis, Consiglio di Stato, sez. III, 26 febbraio 2016, n. 802; Consiglio di Stato, sez. V, 5 maggio 2014, n. 2289; Consiglio di Stato, sez. III, 7 giugno 2013, n. 3123; Consiglio di Stato, sez. V, 11 dicembre 2014, n. 6105);
– quanto alla portata dell’obbligo dichiarativo, la giurisprudenza (sul punto, Tar Lombardia, Milano, sez. I, 15 novembre 2019, n. 2421) precisa che i concorrenti “devono dichiarare ogni episodio della vita professionale astrattamente rilevante ai fini della esclusione, pena la impossibilità per la stazione appaltante di verificare l’effettiva rilevanza di tali episodi sul piano della integrità professionale dell’operatore economico” (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 22 maggio 2019, n. 3331; Consiglio di Stato, sez. V, 24 gennaio 2019, n. 591; Id., 3 settembre 2018, n. 5142)”.
Nell’individuare la portata di tale obbligo, è evidente, in primo luogo, che deve trattarsi di fatti che siano stati formalmente contestati all’operatore interessato, tanto è vero che la giurisprudenza riferisce l’obbligo a vicende professionali in cui, per varie ragioni, è stata contestata all’operatore “una condotta contraria a norma” o, comunque, si è verificata “la rottura del rapporto di fiducia con altre stazioni appaltanti” (cfr., tra le altre, Consiglio di Stato, sez. V, 12 aprile 2019, n. 2407).
Ai soli fini dell’identificazione della sostanza dell’obbligo dichiarativo, la contestazione non si identifica con uno specifico provvedimento giurisdizionale o amministrativo, ma è integrata da qualunque atto con il quale l’Autorità competente riferisce un addebito specifico ad un soggetto determinato, in ragione della ritenuta violazione di un precetto penale, civile o amministrativo o di un altro settore dell’ordinamento, così da portare l’addebito nella sfera di conoscenza dell’interessato.
La vicenda deve riguardare condotte dell’operatore di cui viene denunciata la contrarietà a norme, civili, penali o amministrative, che vietano o impongono determinate condotte (cfr., per tutte, Consiglio di Stato, sez. V, 12 aprile 2019, n. 2407; Consiglio di Stato, sez. V, 24 gennaio 2019, n. 586; Consiglio di Stato, sez. V, 25 gennaio 2019, n. 591.
In tale contesto, è evidente che l’obbligo dichiarativo si estende ai fatti di rilevanza civilistica che siano contestati da un’altra stazione appaltante nel corso dell’esecuzione di un rapporto contrattuale.
Infatti qualsiasi condotta, di cui venga contestata la contrarietà alla legge e collegata all’esercizio dell’attività professionale, è di per sé potenzialmente idonea ad incidere sul processo decisionale rimesso alle stazioni appaltanti sull’accreditamento dei concorrenti come operatori complessivamente affidabili (così Consiglio di Stato, sez. III, 29 novembre 2018, n. 6787), sicché ciascun concorrente è tenuto a dichiarare qualunque circostanza che possa ragionevolmente avere influenza sul processo valutativo demandato all’amministrazione (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 12 marzo 2019, n. 1649; id. 24 settembre 2018, n. 5500).
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