tratto da quotidianopa.leggiditalia.it
Società partecipate: la giurisdizione per danno erariale della Corte dei Conti si estende anche agli amministratori
di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 31775, del 5 dicembre 2019, ha affermato che è la Corte dei Conti l’organo giurisdizionale chiamato a decidere in caso di danno erariale derivante da omissioni dei versamenti delle imposte comunali, riscosse da società partecipate e private.
Il fatto
Un Comune stipulava con una società mista con partecipazione maggioritaria dello stesso comune, una convenzione della durata di 20 anni avente ad oggetto l’affidamento in via esclusiva dei servizi di gestione, liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi locali e delle entrate patrimoniali dello stesso nonché di riscossione delle sanzioni amministrative, l’esecuzione del servizio pubbliche affissioni con la riscossione dei relativi diritti, la gestione patrimoniale e finanziaria del patrimonio immobiliare comunale e dei relativi servizi, la posa in opera e la gestione dell’arredo urbano sul territorio comunale, nonché la sistemazione e la ristrutturazione delle aree verdi.
A sua volta, la SRL conferiva mandato con rappresentanza ad una società, in quanto non disponeva di personale operativo e di mezzi per lo svolgimento dei servizi che le erano stati affidati.
A seguito di denuncia da parte del Sindaco di un Comune la Procura regionale della Corte dei conti citava in giudizio, per il ristoro del danno erariale, le due società, in solido fra loro, per gravi illiceità e inadempienze consistenti nell’omesso versamento di ingenti somme riscosse a titolo di entrate comunali e per minori somme riscosse a titolo di ICI.
Successivamente la stessa Procura regionale, apprese ulteriori circostanze relative a tale vicenda e alla quantificazione del relativo pregiudizio, spiccava un atto di citazione integrativo nei confronti delle due società e dei loro amministratori nonché degli amministratori dell’ente locale, con il quale contestava una serie di poste di danno relative a mancati riversamenti, alla tesoreria, delle riscossioni effettuate.
Il Procuratore regionale premetteva alcune considerazioni sui rapporti intercorrenti tra le due società, sottolineando che la SRL appariva come una “scatola vuota”, priva di dipendenti, e non aveva svolto alcuna attività, anche solo di controllo; ciò risultava in contrasto con lo spirito dell’istituto della società mista e con la sua finalità, consistente nel costituire un soggetto societario per il tramite del quale l’ente pubblico avrebbe dovuto tenere sotto controllo l’affidamento del servizio al socio privato, effettivo esecutore del servizio di riscossione.
In realtà, lo statuto societario era stato congegnato in modo tale da limitare la possibilità di esercitare un controllo sull’affidamento del servizio in quanto, da un lato, aveva fissato del tutto irragionevolmente regole di composizione del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale tali da garantire la maggioranza assoluta del socio privato minoritario in entrambi gli organi e, dall’altro, aveva richiesto per le decisioni più importanti riguardanti la vita della società, di competenza dell’assemblea, quorum così elevati da subordinarle all’assenza di veto del socio minoritario.
Il Procuratore regionale riteneva che, nonostante i rapporti tra la società e il Comune fossero condizionati dalle scelte degli amministratori del socio privato ciò non escludeva, comunque, il concorso di responsabilità degli amministratori nella causazione del danno erariale. La Procura, infatti, rimproverava loro di aver accettato troppo supinamente un ruolo passivo, operando in conflitto di interessi con la società di cui erano formalmente amministratori. Inoltre, secondo la Procura doveva affermarsi la responsabilità in solido degli amministratori, i soggetti che avevano ricoperto le cariche di Presidente e di amministratore delegato, perché con il loro comportamento omissivo avrebbero favorito il prodursi del danno complessivamente prodotto.
L’amministratore della SRL è ricorso alla Corte di Cassazione ritenendo che la Sezione centrale d’Appello della Corte dei conti avrebbe violato i limiti esterni riconosciuti alla giurisdizione contabile in ordine alle condotte ascritte allo stesso amministratore, avendo omesso di considerare come tali condotte che non avrebbero potuto in alcun modo considerarsi in relazione causale diretta, rispetto al danno patito dal Comune.
Secondo il ricorrente il giudice di appello avrebbe omesso di ricostruire la fattispecie teorica su cui si sarebbe dovuta radicare la giurisdizione del giudice contabile. Ad avviso del ricorrente, il Giudice d’appello avrebbe da un lato affermato che l’azione del Procuratore regionale è volta al ristoro di un danno diretto al Comune cagionato da soggetti in rapporto di servizio con l’amministrazione per omesso riversamento dei tributi riscossi, ritenendo quindi realizzata la giurisdizione della Corte dei conti.
Il giudice di appello avrebbe, però, omesso di compiere un analogo scrutinio in ordine all’individuazione delle ragioni che avrebbero potuto giustificare la giurisdizione contabile con riferimento ai distinti profili di responsabilità attribuiti in proprio ai consiglieri della società poi tralasciando di considerare l’assenza di poteri gestori e di controllo in capo allo stesso ricorrente. La società per stessa ammissione del Procuratore della Corte dei conti, era stata considerata una scatola vuota priva di qualunque potere sulla quale gli unici soggetti tenuti a vigilare erano gli organi dell’ente locale, socio della stessa.
Il Procuratore Generale rappresentante il Pubblico Ministero presso la Corte dei conti, richiamando la giurisprudenza consolidata della giurisprudenza contabile, osserva che il giudice contabile, specialmente nella pronuncia di primo grado, poi confermata in sede d’appello, avrebbe compiuto un’attenta analisi delle diverse partite di danno contestate dalla Procura agli amministratori del Comune e delle società, al fine di verificare la sussistenza della sua giurisdizione.
La sentenza della Cassazione
Per la Corte di Cassazione il motivo è infondato e per taluni aspetti inammissibile secondo quanto di seguito meglio specificato.
Occorre, preliminarmente, ricordare che la Corte dei conti partecipa nei casi e nelle forme stabilite dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, e riferisce direttamente alle Camere sul risultato del riscontro eseguito (art. 100, comma 2 Cost.), alla stessa risultando attribuita la giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge (art. 103, comma 2 Cost.).
Ora, il contenuto ed i limiti della giurisdizione della Corte dei conti in tema di responsabilità trovano la loro base normativa nella previsione dell’art. 13R.D. n. 1214/1934, secondo cui la Corte giudica sulla responsabilità per i danni arrecati all’erario da pubblici funzionari nell’esercizio delle loro funzioni. 
Tali limiti sono stati successivamente ampliati dall’art. 1, comma 4, L. n. 20/1994, che ha esteso il giudizio della Corte dei conti alla responsabilità di amministratori e dipendenti pubblici anche per i danni cagionati ad amministrazioni o enti pubblici diversi da quelli di appartenenza. All’interno di tale giurisdizione vengono tradizionalmente ricompresi i giudizi in materia di responsabilità amministrativa e contabile dei pubblici funzionari. Il fondamento dell’attribuzione alla Corte dei conti di funzioni giurisdizionali è rinvenibile nella necessità di verificare, sia ex ante con un sistema di controlli, sia ex post con decisioni di un organo neutrale – qual è il giudice -, l’operato di chi maneggia risorse della collettività e di chi agisce per conto di una pubblica amministrazione (Cass. civ., S.U., 15 gennaio 2010, n. 519).
E’ utile a tal punto ricordare che i limiti esterni della giurisdizione della Corte dei conti sono stati tradizionalmente individuati in relazione alla netta distinzione tra l’area del pubblico e quella del privato.
Le Sezioni Unite, nel riconoscere la giurisdizione contabile nei giudizi di responsabilità amministrativa per fatti commessi dopo l’entrata in vigore della L. n. 20/1994 nei confronti di amministratori e dipendenti di enti pubblici economici (Cass. civ. , S.U., 22 dicembre 2003, n. 19667) hanno, inoltre, ritenuto che una società per azioni costituita con capitale maggioritario del comune in vista dello svolgimento di un servizio pubblico ha una relazione funzionale con l’ente territoriale, caratterizzata dall’inserimento della società stessa nell’iter procedimentale dell’ente locale e dal conseguente rapporto di servizio che si viene così a determinare (Cass. civ., S.U., 26 febbraio 2004, n.3899). Ne consegue che l’affidamento da parte di un ente pubblico ad un soggetto esterno, da esso controllato, della gestione di un servizio pubblico integra una relazione funzionale incentrata sull’inserimento del soggetto medesimo nell’organizzazione funzionale dell’ente pubblico e ne implica, conseguentemente, l’assoggettamento alla giurisdizione della Corte dei conti per danno erariale, a prescindere dalla natura privatistica dello stesso soggetto e dallo strumento contrattuale con il quale si sia costituito ed attuato il rapporto, anche se l’estraneo venga investito solo di fatto dello svolgimento di una data attività in favore della pubblica amministrazione ed anche se difetti una gestione del danaro.
La Corte di Cassazione osserva che in questa prospettiva, si è quindi giunti a riconoscere la giurisdizione contabile con riguardo alla responsabilità del concessionario privato di un pubblico servizio o di un’opera pubblica, quando la concessione investe il privato dell’esercizio di funzioni obiettivamente pubbliche, attribuendogli la qualifica di organo indiretto dell’amministrazione, onde egli agisce per le finalità proprie di quest’ultima (cfr. Cass. civ., S.U., 22 febbraio 2007, n. 4112).
E’ stato, quindi, affermato che si esercita attività amministrativa non solo quando si svolgono pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando, nei limiti consentiti dall’ordinamento, si perseguono le finalità istituzionali proprie dell’amministrazione pubblica mediante un’attività disciplinata in tutto o in parte dal diritto privato; con la conseguenza che, nell’attuale assetto normativo, il dato essenziale che radica la giurisdizione della corte contabile è rappresentato dall’evento dannoso verificatosi a carico di una pubblica amministrazione.
Si è così affermato che spetta alla Corte dei conti la giurisdizione in ordine alla domanda di risarcimento danni avanzata da un comune nei confronti della società concessionaria per la mancata riscossione dei relativi tributi. Infatti, poiché la gestione e la riscossione delle imposte comunali hanno natura di servizio pubblico e l’obbligazione, a carico della società concessionaria, di versare all’ente locale le somme a tale titolo incassate ha natura di servizio pubblico, il rapporto tra società ed ente si configura come rapporto di servizio, in quanto il soggetto esterno si inserisce nell’iter procedimentale dell’ente pubblico, come compartecipe dell’attività pubblicistica di quest’ultimo.
La Corte di Cassazione, in conclusione, afferma che il ricorso va rigettato.

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