tratto da quotidianopa.leggiditalia.it
Emergenza Coronavirus: prime indicazioni giurisprudenziali sulle ulteriori restrizioni imposte dalle ordinanze sindacali
di Michele Deodati – Responsabile SUAP Unione Appennino bolognese e Vicesegretario comunale
 
A ormai più di un mese di distanza dall’adozione delle iniziali misure restrittive su scala nazionale, inizia ad affacciarsi la prima giurisprudenza in merito alla legittimità delle limitazioni disposte con provvedimenti contingibili ed urgenti adottati anche a livello locale, per limitare il diffondersi dell’epidemia da coronavirus.
Ad essere chiamato in causa sulla legittimità di restrizioni locali imposte da un Sindaco, è stato il T.A.R. di Cagliari, in sede di decreto presidenziale cautelare. Con tutte le limitazioni che ovviamente caratterizzano questo tipo di tutela, in termini di temporaneità e sommarietà delle valutazioni espresse, il giudice sardo si spende in alcune considerazioni interessanti e non prive di risvolti pratici sul fronte dei comportamenti di uscita e dei dispositivi di protezione da utilizzare.
I provvedimenti impugnati: due ordinanze sindacali
Due ordinanze sindacali, adottate proprio per fronteggiare l’espansione del contagio da Coronavirus a fronte di condotte inadeguate e potenzialmente pericolose, hanno disposto stringenti limitazioni ai comportamenti delle persone. In particolare, una prima ordinanza ha stabilito che la spesa presso le strutture di vendita (Market, Supermarket e Minimarket anche con superficie di vendita inferiore a 150 mq.) a prevalenza alimentare presenti nel territorio comunale, è consentita per un massimo di due ingressi complessivi a settimana e per un massimo di un soggetto, o suo delegato, per nucleo famigliare. Inoltre, con successivo provvedimento è stata ammessa l’uscita da casa per una sola volta al giorno di un singolo componente del nucleo famigliare ai fini della spesa alimentare nei panifici, macellerie, pescherie, frutta e verdura, purché siano esercizi commerciali non ricompresi e non all’interno dei Market, Supermarket e Minimarket.
L’evidente finalità di tali provvedimenti, è introdurre una limitazione alle uscite delle persone, considerato che molti utilizzano le possibilità di uscita in modo pretestuoso, recandosi al supermercato per piccoli acquisti anche più volte al giorno. Come si legge negli atti, continuavano infatti a registrarsi comportamenti personali in violazione delle disposizioni riguardanti il precetto di ogni forma di assembramento in particolar modo presso gli enti erogatori di servizi pubblici e presso gli esercizi commerciali di maggiore entità. Di conseguenza, il Comune ha ritenuto sussistenti i presupposti di urgenza e indifferibilità per adottare in via cautelativa ulteriori provvedimenti a tutela della salute pubblica, in coerenza con le disposizioni regionali e nazionali, ed in particolare per la regolamentazione delle operazioni di effettuazione della spesa presso gli esercizi commerciali di maggiore entità, con particolare attenzione alla frequenza massima settimanale per nucleo famigliare.
Alcuni soggetti, sanzionati per aver violato l’ordinanza del Sindaco che ha imposto tali limitazioni, hanno presentato ricorso al T.A.R. impugnando i provvedimenti sindacali, con contestuale istanza di sospensiva cautelare monocratica. A sostegno, hanno lamentato l’illegittimità degli atti e la loro idoneità a produrre danni alla cittadinanza anche prima dell’udienza cautelare, in quanto l’impugnata ordinanza è destinata ad avere effetti gravissimi e immediati nei confronti di tutti i cittadini, che vedranno gravemente compromessi il loro diritto alla riservatezza, la loro libertà di movimento e le loro possibilità di approvvigionarsi di beni di prima necessità.
La posizione del T.A.R. Cagliari: legittimità dei limiti a tutela della salute
Ma il Presidente, con il decreto n. 122 del 7 aprile 2020, non ha riconosciuto sussistere i presupposti per accordare la tutela cautelare monocratica, richiamando le considerazioni espresse recentemente dalla Terza Sezione del Consiglio di Stato (Decr. n. 1553 del 30 marzo 2020), secondo la quale “per la prima volta dal dopoguerra, si sono definite ed applicate disposizioni fortemente compressive di diritti anche fondamentali della persona – dal libero movimento, al lavoro, alla privacy – in nome di un valore di ancor più primario e generale rango costituzionale, la salute pubblica, e cioè la salute della generalità dei cittadini, messa in pericolo dalla permanenza di comportamenti individuali (pur pienamente riconosciuti in via ordinaria dall’Ordinamento, ma) potenzialmente tali da diffondere il contagio, secondo le evidenze scientifiche e le tragiche statistiche del periodo”. Ancora, ha argomentato spiegando che le ordinanze contingibili e urgenti impugnate risultano adottate in presenza dei presupposti di necessità e urgenza in materia sanitaria e non si pongono in contrasto con le disposizioni dettate a carattere nazionale e a livello regionale, peraltro richiamate nella stessa ordinanza. Va considerato che le ordinanze sindacali impugnate si limitano a rendere più stringenti alcune delle misure prese a livello nazionale e regionale con il dichiarato fine di evitare che il contagio nell’ambito comunale possa diffondersi attraverso comportamenti delle persone non in linea con l’obiettivo di limitare al massimo gli spostamenti e le uscite dalla propria abitazione per l’approvvigionamento dei necessari beni alimentari.
In conclusione, e con tutti i limiti delle valutazioni interinali espresse nell’ambito della tutela monocratica, quando ad essere in gioco è la salute, non è apparsa manifestamente irragionevole, nel contesto emergenziale, la contestata scelta di limitare il numero delle volte in cui può essere consentito al cittadino di recarsi in esercizi commerciali per l’approvvigionamento dei necessari beni alimentari (una volta al giorno nei piccoli esercizi e 2 volte alla settimana nei market). È importante segnalare che non è risultato illegittimo nemmeno l’obbligo di indossare all’interno degli esercizi commerciali guanti e mascherine. D’altra parte, va segnalato che i citati provvedimenti invitano gli esercizi commerciali a promuovere servizi di consegna a domicilio dei beni alimentari, ragion per cui l’uscita dall’abitazione non è l’unica modalità con cui la clientela può approvvigionarsi di alimenti.
Quanto al danno lamentato, il decreto del Tribunale sardo ha affermato che dalle limitazioni imposte con le ordinanze impugnate non emergono profili di danno di gravità tale, per i ricorrenti, da giustificare l’adozione di un provvedimento cautelare monocratico inaudita altera parte di sospensione degli effetti delle ordinanze stesse. Nella valutazione dei contrapposti interessi, nell’attuale situazione emergenziale, a fronte di una compressione di alcune libertà individuali deve essere accordata prevalenza alle misure approntate per la tutela della salute pubblica.
Un confronto con le ultime restrizioni contenute nel D.P.C.M. del 10 aprile 2020
Analizzando le misure stabilite dal D.P.C.M. 10 aprile 2020, che ha inteso razionalizzare l’ormai caotica proliferazione di atti governativi in materia di divieti e restrizioni, notiamo confronti stringenti, o quanto meno, una certa coerenza e continuità tra le limitazioni introdotte a livello locale e le prescrizioni sancite dall’ultima regolamentazione nazionale, contenuta nel D.P.C.M. 10 aprile 2020. In base ad esso, permane la possibilità di apertura al pubblico per negozi di alimentari, che sono tenuti ad assicurare, oltre alla distanza interpersonale di un metro, che gli ingressi avvengano in modo dilazionato e che venga impedito di sostare all’interno dei locali più del tempo necessario all’acquisto dei beni. Questa la disciplina già in essere in forza degli interventi precedenti. In aggiunta, si raccomanda l’applicazione delle misure di cui all’allegato 5 del decreto, che sono le seguenti:
1. Mantenimento in tutte le attività e le loro fasi del distanziamento interpersonale.
2. Garanzia di pulizia e igiene ambientale con frequenza almeno due volte giorno ed in funzione dell’orario di apertura.
3. Garanzia di adeguata aereazione naturale e ricambio d’aria.
4. Ampia disponibilità e accessibilità a sistemi per la disinfezione delle mani. In particolare, detti sistemi devono essere disponibili accanto a tastiere, schermi touch e sistemi di pagamento.
5. Utilizzo di mascherine nei luoghi o ambienti chiusi e comunque in tutte le possibili fasi lavorative laddove non sia possibile garantire il distanziamento interpersonale.
6. Uso dei guanti “usa e getta” nelle attività di acquisto, particolarmente per l’acquisto di alimenti e bevande.
7. Accessi regolamentati e scaglionati secondo le seguenti modalità: a) attraverso ampliamenti delle fasce orarie; b) per locali fino a quaranta metri quadrati può accedere una persona alla volta, oltre a un massimo di due operatori; c) per locali di dimensioni superiori a quelle di cui alla lettera b), l’accesso è regolamentato in funzione degli spazi disponibili, differenziando, ove possibile, i percorsi di entrata e di uscita.
8. Informazione per garantire il distanziamento dei clienti in attesa di entrata.

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