tratto da giustizia-amministrativa.it
Il potere di annullamento straordinario ex art. 138 TUEL di un’ordinanza comunale: il Covid-19 non “chiude” lo stretto di Messina[1]
 
Sommario: 1. Il fatto. Il tentativo di isolare l’isola con un’ordinanza sindacale. – 2. La matrice storica dell’art. 138 TUEL – 3. La vigenza dell’art. 138 TUEL dopo la riforma del Titolo V. – 4. La natura multiforme del potere di annullamento straordinario. – 5.  Il parere del Consiglio di Stato e la motivazione. – 6. Il contraddittorio. – 7. L’interesse del Governo all’annullamento e non alla mera dichiarazione di inefficacia.
 
 
1. Il fatto. Il tentativo di isolare l’isola con un’ordinanza sindacale.
Nel vortice emergenziale il Sindaco del Comune di Messina ha adottato ex art. 50 TUEL l’ordinanza n.105 del 5.4.2020 recante per “chiunque intende fare ingresso in Sicilia attraverso il Porto di Messina” (i) l’obbligo di registrazione on line 48 ore prima dell’orario previsto di partenza (dovendo quindi fornire una serie di dati identificativi personali e relativi alla località di provenienza, a quella di destinazione e ai motivi del trasferimento), ii) l’obbligo di attendere il rilascio da parte del Comune di un “nulla Osta allo spostamento”, inoltre (iii) per “chiunque intende fuoriuscire dalla Sicilia attraverso i collegamenti navali del Porto di Messina” l’obbligo di registrazione prima dell’imbarco.
L’ordinanza avrebbe avuto efficacia dalle ore 00.01 dell’8 aprile 2020 sino al 13 aprile 2020.
Tuttavia in data 7 aprile la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha tempestivamente inoltrato al Consiglio di Stato in sede consultiva la richiesta di parere del Ministro dell’Interno, approvata con deliberazione del Consiglio dei Ministri del 6 aprile, in merito alla proposta di annullamento straordinario della suddetta ordinanza, attivando così il procedimento previsto dall’art. 138 TUEL; la richiesta di parere è stata motivata alla luce di molteplici profili di illegittimità nonché dell’esigenza di salvaguardare in una situazione di crisi epidemiologica il ruolo dello Stato come garante dell’unità dell’ordinamento, nel quale deve ritenersi ammessa per i Comuni “esclusivamente la possibilità di intervenire con ordinanze all’interno e conformemente alla cornice delineata dai provvedimenti statali”.
La I sezione del Consiglio di Stato nella stessa giornata, riunendosi in videoconferenza, ha reso il proprio parere, ritenendo sussistenti, sotto plurimi profili, i presupposti per l’annullamento straordinario dell’ordinanza (parere 7.4.2020 n. 735 in www.giustizia-amministrativa.it).
In data 9 aprile il Consiglio dei Ministri, visto il parere favorevole, ha quindi deliberato (all’esito del Consiglio dei Ministri n. 40, terminato alle 11.45) nel senso dell’annullamento dell’ordinanza.
Il procedimento è stato quindi definito con il Decreto del Presidente della Repubblica del 9 aprile (già pubblicato in G.U. n. 96 del 10.4.2020), controfirmato dal Ministro dell’Interno proponente, che ha annullato l’ordinanza comunale, recependo integralmente le motivazioni del parere
È stato quindi attivato e concluso, con una tempistica ed un incisività superiore a quella che un qualunque cittadino avrebbe potuto ottenere con un provvedimento cautelare monocratico innanzi al giudice amministrativo in sede giurisdizionale, il procedimento relativo all’esercizio di un potere di annullamento straordinario, che forse avevamo dimenticato, in un sistema costituzionale pluralistico delle autonomie territoriali, e che, invece, la pandemia ha fatto riemergere.
L’istituto era stato soltanto mediaticamente minacciato, per quanto mai attivato, dal Ministro Salvini nei confronti dei Sindaci, che avevano pubblicamente dichiarato la volontà di adottare provvedimenti in contrasto con il d.l. n. 113/2018 (c.d. Decreto Salvini).
 
 
2. La matrice storica dell’art. 138 TUEL
Il Consiglio di Stato nella prima parte del proprio parere (Considerato nn. 1-2) richiama sinteticamente l’attuale quadro normativo.
Deve essere rammentato come l’annullamento straordinario sia un residuo della Monarchia, che, come altri istituti di tale forma di Stato, transitati e sopravvissuti in quello democratico (si pensi al ricorso straordinario o alla controfirma ministeriale), ha posto molteplici problematiche di adattamento e di individuazione del fondamento costituzionale.
L’art. 114 r.d. 30.12.1923 n. 2839 (riproducendo testualmente l’art. 164 r.d. 12.2.1911 n. 297) attribuiva al Governo del Re la facoltà “in qualunque tempo” di dichiarare per decreto reale, “sentito il Consiglio di Stato” la nullità degli atti o provvedimenti che contenessero “violazioni di leggi o di regolamenti generali o speciali”. Tale disposizione è stata riproposta, nella sostanza, con l’art. 6 r.d. 3.3.1934 n. 383, recante il Testo unico della legge comunale e provinciale, che attribuiva al Governo la facoltà di annullare, “in qualunque tempo” (anche in questa formulazione, “d’ufficio o su denuncia”), “sentito il Consiglio di Stato”, i provvedimenti viziati da violazione di legge, incompetenza o eccesso di potere. Evidentemente si trattava della previsione di un potere di annullamento che s’inseriva in un contesto ordinamentale centralistico nel quale gli Enti locali dovevano ritenersi amministrazioni indirette dello Stato.
Tale disposizione, pur non espressamente abrogata, è stata superata e attualizzata, nel sistema costituzionale, dall’art. 2, 3° comma, let. p) della l. 23.8.1988 n. 400, che ha attribuito espressamente al Consiglio dei Ministri (in applicazione del diritto vivente formatosi a partire dalla Ad. Pl. n. 6.12.1968 n. 30), “a tutela dell’unità dell’ordinamento”, il potere di annullamento degli atti amministrativi illegittimi (di qualsiasi amministrazione pubblica), previo parere del Consiglio di Stato e, nei soli casi di annullamento dei provvedimenti delle Regioni e delle Provincie autonome, anche della Commissione parlamentare per le questioni regionali (per quanto la Corte costituzionale con la sentenza n. 229/1989 abbia dichiarato incostituzionale la disposizione proprio nella parte in cui prevedeva l’annullamento dei provvedimenti delle Regioni, ritenendo lesa l’autonomia regionale).
L’art. 138 Dlgs. n. 267/2000 (TUEL)[2], in specifica applicazione dell’art. 2, 3° comma, let. p), ne ha riproposto il contenuto con riferimento ai provvedimenti degli Enti locali (dovendo intendersi quelli elencati dall’art. 2 del TUEL: Comuni, Provincie, Città Metropolitane, Comunità Montane, Comunità isolane, Unione dei Comuni; un catalogo quindi più ampio di quello dell’art. 114 Cost.); con specifico riferimento ai provvedimenti del Comune possono dirsi oggetto dell’annullamento straordinario tutti gli atti sia degli organi politici (Sindaco, Giunta, Consiglio) sia degli organi amministrativi.
In sintesi, la disposizione prevede sotto il profilo procedimentale: a) la proposta di annullamento del Ministro dell’Interno; b) il parere del Consiglio di Stato, da ritenersi obbligatorio ma non vincolante; c) la deliberazione del Consiglio dei Ministri; d) il Decreto del Presidente della Repubblica; sotto il profilo teleologico esige, invece, la sussistenza di un interesse pubblico ulteriore, rispetto al mero ripristino della legalità (che legittimava, invece, il potere di annullamento ex art. 6 r.d. n. 383/1934), ossia quello alla tutela dell’unità dell’ordinamento giuridico, che configura il potere di annullamento straordinario come un potere esercitabile “in qualunque tempo”.  
 
 
3. La vigenza dell’art. 138 TUEL dopo la riforma del Titolo V
Il Consiglio di Stato ha quindi in via preliminare (par. 4) riconosciuto la perdurante attualità e vigenza del potere straordinario di annullamento dei provvedimenti degli Enti locali, “pur dopo” la riforma del Titolo V della II Parte della Costituzione, “in quanto compatibile con le prerogative riconosciute agli Enti locali, se applicate nelle materie riservate alla competenze esclusiva dello Stato” (citando alcuni precedenti della I sezione: pareri nn. 1588/2010, 1675/2009, 1796/2008, 1707/2007, 1481/2006, 9771/2005, 1313/2003). Tale orientamento è stato confermato a fortiori in una situazione di emergenza sanitaria, nella quale l’esigenza di tutela dell’unità dell’ordinamento giuridico si impone in modo ancor più intenso.
Il parere quindi assume come risolta, in continuità con i precedenti della Sezione, senza una particolare diffusione motivazionale (vista anche la ristrettezza dei tempi in cui il parere è stato reso), una problematica complessa.
In realtà deve rilevarsi come non fosse del tutto pacifica la sopravvivenza dell’art. 138 TUEL alla l. cost. n. 3/2001 e comunque come rimanga critica la sua conformità all’attuale quadro costituzionale, posto che la costituzionalizzazione dell’autonomia degli Enti locali (art. 114 Cost.) ha indotto la dottrina[3], anche più di recente[4], a ritenere tale disposizione implicitamente abrogata o a formulare considerazioni analoghe a quelle sulla base delle quali la Corte costituzionale (con la sentenza n. 229/1989) aveva dichiarato incostituzionale il potere di annullamento dei provvedimenti delle Regioni e delle Provincie autonome.
Il Consiglio di Stato da subito ha ritenuto di sostenere la tesi della sopravvivenza dell’art. 138 TUEL sulla base di una ritenuta differenza tra autonomia regionale e autonomia locale nonché del riconoscimento del fondamento costituzionale di tale potere, che dovrebbe rinvenirsi nell’art. 95 Cost., che attribuisce al Presidente del Consiglio l’obbligo di “assicurare il mantenimento dell’unità di indirizzo politico e amministrativo, nel quadro di unità e di indivisibilità della Repubblica, di cui all’art. 5 Cost.” (Cons. St., sez. I, 2.4.2003 n. 1313). Successivamente il Consiglio di Stato (sez. I, 20.10.2004 n. 9771) si è posto in modo più problematico rispetto alla individuazione del fondamento costituzionale del potere straordinario di annullamento, precisando come non possa ritenersi decisiva in senso ostativo la mancanza di una disposizione costituzionale espressa, “perché la fonte legittimante può essere implicita nelle norme o nei principi costituzionali, dovendo l’autonomia costituzionalmente garantita, armonizzarsi con i precetti e i principi tutti ricavabili dalla Costituzione”. In questa logica il fondamento implicito è stato rinvenuto, non tanto nell’art. 95 Cost. (e quindi nell’unità dell’indirizzo politico e amministrativo ma) nell’art. 117, 2° comma, Cost., che attribuisce alcune materie alla potestà legislativa esclusiva statale, e nell’art. 117, 6° comma, Cost, che in tali materie attribuisce al Governo il potere regolamentare, dovendo desumersi da tali disposizioni un principio di unitarietà dell’ordinamento, nei limiti del quale deve vivere anche l’autonomia locale (art. 114, 2° comma, Cost.); ne deriva che “nei settori la cui cura è affidata in via primaria alla responsabilità dello Stato la situazione non è dissimile da quella precedente riforma, sicché, come allora, nulla si oppone a che lo Stato, nel regolamentare la materia, preveda la possibilità di un suo intervento diretto a tutela della unitarietà dell’ordinamento”.
Non può negarsi, però, come nello stesso parere citato si ammetta, riconoscendo l’opinabilità di tale ricostruzione, che “la parola risolutiva spetterà” alla Corte costituzionale “se e quando verrà investita della questione”.
In realtà quest’ultima evocazione non ha trovato seguito. Non risultano sollevate questioni di legittimità costituzionale in tal senso.
In ogni caso la giurisprudenza del Consiglio di Stato in sede consultiva è rimasta granitica (cfr., oltre ai precedenti citati nel parere, anche Cons. St., sez. I, 4145/2006;  551/2006, 2848/2007).
Deve comunque essere rilevato come il Consiglio di Stato non avrebbe potuto in sede consultiva (nell’ambito del procedimento dell’art. 138 TUEL) sollevare questione di legittimità costituzionale; sarebbe spettato in ipotesi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale o al giudice amministrativo di primo grado sollevare questione di legittimità in via incidentale nell’ambito di un giudizio di impugnazione, attivato da un Ente locale, della delibera del Consiglio dei Ministri recante l’annullamento straordinario[5].
Tuttavia ad oggi permangono alcuni profili critici, con cui il Consiglio di Stato in sede consultiva, in un’occasione meno emergenziale e contingentata, dovrà confrontarsi:
a) in primo luogo la differenziazione tra autonomia regionale e autonomia locale (art. 5, 114 Cost.), ai fini dell’art. 138 TUEL, appare debole; b) rimane da verificare fino in fondo la coerenza della sopravvivenza di questo potere con i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 229/1989; c) inoltre il richiamo all’art. 95 Cost. (che è presente anche nel parere in questione) tende a sovrapporre la nozione di “unità dell’indirizzo politico ed amministrativo” alla nozione di “unità dell’ordinamento” giuridico (contenuta nell’art. 138 TUEL), maggiormente assimilabile alla nozione di “unità giuridica” contenuta nell’art. 120 Cost.; d) inoltre sembra non decisivo il richiamo all’art. 117, 2° comma, Cost., quale matrice unitaria, posto che dopo la riforma del Titolo V non può certamente dirsi che le competenze legislative statali siano uscite rafforzate; e) emerge forse l’esigenza di ricondurre in modo espresso il potere straordinario di annullamento proprio nell’alveo del potere sostitutivo ex art. 120, 2° comma, Cost., dovendo però arrivare a riconoscersi che il potere sostitutivo possa essere esercitato non soltanto in caso di inerzia ma anche, a fini demolitori, in caso di adozione di provvedimenti espressi illegittimi da parte degli Enti locali (per quanto l’esito non sia pacifico anche alla luce della giurisprudenza costituzionale).
In questa prospettiva l’art. 138 TUEL costituirebbe una sorta di procedimentalizzazione dell’art. 120, 2° comma, Cost., nella dimensione (non dell’omesso esercizio del potere ma) dell’esercizio del potere.
 
 
4. La natura multiforme del potere di annullamento straordinario
Il parere si sofferma altresì sulla natura giuridica del potere di annullamento (par. 5), dando atto della molteplicità delle opzioni ermeneutiche maturate intorno ad essa.
Non può negarsi, infatti, come finanche nella giurisprudenza costituzionale, sviluppatasi sul previgente art. 6 r.d. n. 383/1934, siano emersi indirizzi diversi; l’annullamento straordinario in alcuni casi è stato qualificato come “controllo sugli atti” (Corte cost. n. 24/1957), in altri come atto di “alta amministrazione” (Corte cost. nn. 73, 74/1960; Corte cost. n. 4/1966), in altri ancora come atto di “autotutela amministrativa” (Corte cost. n. 23/1959; 128/1963), per quanto preordinato a tutelare le esigenze unitarie dell’ordinamento.
In realtà il Consiglio di Stato nel parere in questione, valorizzando il contenuto della sentenza della Corte costituzionale n. 229/1989 (rimasta in ombra, invece, sotto altro profilo, come visto sopra), arriva a riconoscere una natura multiforme, nella quale convivono sia profili propri del controllo (posteriore) di legittimità (vista l’abrogazione dei controlli preventivi ex art. 130 Cost.) sia profili di amministrazione attiva, generatrice di atti di alta amministrazione[6] (in questo senso già Ad. Pl. n. 30/1968; Cons. St., sez. IV, 23.4.1969 n. 133), come confermato anche dal coinvolgimento procedimentale della Presidenza della Repubblica, come organo costituzionale rappresentativo della “unità nazionale” (art. 87 Cost.) e quindi anche dell’unità ordinamentale.
Non si tratta evidentemente di atti politici del Governo, in quanto tali insindacabili in sede giurisdizionale (art. 7, 1° comma, c.p.a.), ma di provvedimenti amministrativi, sindacabili in sede giurisdizionale, caratterizzati da una forte discrezionalità e preordinati al soddisfacimento di un interesse pubblico qualificabile come un meta-interesse costituzionale, ossia quello dell’unità dell’ordinamento. Tale elemento finalistico assume certamente una funzione prevalente rispetto all’accertamento del mero vizio di legittimità (inteso come annullabilità o nullità) del provvedimento amministrativo oggetto di annullamento straordinario. In questa prospettiva per l’esercizio del potere di annullamento straordinario non soltanto non è sufficiente la sussistenza di un vizio di legittimità, e quindi l’interesse al mero ripristino della legalità, ma non è neppure sufficiente la rilevazione di un qualsiasi interesse pubblico ulteriore, pur di rango costituzionale, essendo necessario che tale interesse ulteriore sia quello predeterminato dall’art. 138 TUEL.
Tuttavia anche in questa prospettiva l’ampiezza della clausola normativa necessita, secondo i canoni dell’interpretazione costituzionalmente conforme, di una ponderazione seria alla luce del contenuto dell’art. 5 Cost. (e dell’art. 120 Cost,), nel quale può dirsi che “non può ledere le autonomie il ripristino da parte dello Stato della legalità turbata da atti degli Enti pubblici” (Corte cost. n. 23/1959).
Non vi è dubbio che questa peculiare natura, assieme alla formulazione espressa dell’art. 138 TUEL, escluda che il procedimento possa arrestarsi con il parere del Consiglio di Stato (come è avvenuto sino alla Ad. Pl. 6.12.1968 n. 30), essendo indispensabile la deliberazione del Consiglio dei Ministri e la relativa assunzione di responsabilità politica.
Lo stesso fine della tutela dell’unità dell’ordinamento giuridico configura il potere di annullamento straordinario come un potere inesauribile, quindi esercitabile “in qualunque tempo” (diversamente, ad esempio, dal mero potere di annullamento in autotutela, oggi esercitabile entro il termine di 18 mesi di cui all’art. 21 nonies l. n. 241/1990); il potere di annullamento è da ritenersi esercitabile anche in pendenza di un ricorso giurisdizionale avverso il medesimo provvedimento (Ad. Pl. 1.7.1959 n. 11).
Peraltro nessuna rilevanza in senso limitativo può assumere la collocazione del Comune di Messina all’interno di una Regione a statuto speciale (come è stato già affermato in passato in sede giurisdizionale; cfr. Cons. St., sez. V, 22.11.1974, n. 552).
 
 
5. Il parere del Consiglio di Stato e la motivazione
Nel caso di specie il Consiglio di Stato ha ritenuto sussistenti i presupposti di cui all’art. 138 TUEL (par. 6-9), rilevando:
a) una molteplicità di vizi di legittimità dell’ordinanza: i) un vizio di competenza territoriale, vista la produzione degli effetti anche al di là del territorio comunale; ii) la violazione dell’art. 23 Cost., imponendo delle prestazioni non previste dalla legge; iii) la violazione dell’art. 3 Cost., introducendo una disparità di trattamento tra la generalità dei cittadini e quelli che per motivi legittimi hanno necessità di attraversare lo stretto; iiii) la violazione degli artt. 13 e 16 Cost., limitando, in assenza di presupposti costituzionali, la libertà personale e quella di circolazione; iiiii) la violazione della normativa sulla privacy, imponendo la indicazione di una pluralità di dati personali; iiiii) la violazione della competenza esclusiva statale in materia di ordine e sicurezza pubblica; iiiiii) la violazione dell’art. 117, 2° comma, let. q), invadendo la competenza legislativa statale in materia di profilassi internazionale; iiiiiii) la violazione dell’art. 3 d.l. 25.3.2020 n. 19, che delimita il potere di ordinanza comunale, nonché il DPCM 22.3.2020 e il D.M. 17.3.2020, sotto specifici profili attinenti alla disciplina emergenziale;
b) quanto, invece, all’interesse ulteriore alla tutela dell’unità dell’ordinamento, il parere appare assai sintetico, presupponendo quasi un auto-evidenza di tale interesse: “in presenza di emergenze di carattere nazionale, dunque, pur nel rispetto delle autonomie costituzionalmente tutelate, vi deve essere una gestione unitaria della crisi per evitare che interventi regionali o locali possano vanificare la strategia complessiva di gestione dell’emergenza, soprattutto in casi in cui non si tratta solo di erogare aiuti o effettuare interventi ma anche di limitare le libertà costituzionali”.
Può forse rilevarsi come la sinteticità della motivazione su tale profilo, richiamata nella delibera del Consiglio dei Ministri e nel D.P.R., non possa ritenersi auspicabile anche in altri casi, diversi dall’eccezionalità del momento, posto che il sacrificio dell’autonomia costituzionale degli Enti locali impone una solida motivazione del provvedimento amministrativo, a maggior ragione considerata la natura fortemente discrezionale di esso.
In ogni caso al fine di apprezzare la differenza tra il caso in esame e i precedenti, è sufficiente rammentare l’annullamento dei regolamenti comunali che prevedevano punteggi preferenziali per i cittadini residenti in determinate Regioni, ponendosi in contrasto con l’unità dell’ordinamento giuridico e con l’uguaglianza nell’accesso ai pubblici uffici (es. DPR 4.5.1998, DPR 3.11.1998, DPR 5.2.1999), oppure, secondo logica analoga, dei regolamenti che prevedevano punteggi preferenziali per l’accesso agli asili nido (DPR 25.8.1999); degli statuti comunali che attribuivano agli stranieri extracomunitari l’elettorato attivo e passivo nelle elezioni comunali (DPR n. 20.3.2006, 3.4.2006, 14.4.2006)[7]. Diversi i casi in cui la stravaganza e l’abnormità del provvedimento comunale, hanno palesato l’esigenza di tutelare l’unità dell’ordinamento. Si rammenti l’annullamento dell’ordinanza di un Sindaco che aveva vietato l’atterraggio di arei militari nell’aeroporto cittadino a tutela della pubblica incolumità, vista la presenza nei pressi dell’aeroporto di una raffineria (cfr. parere Cons. St., sez. I, 1313/2003).
 
 
6. Il contraddittorio
Il Consiglio di Stato ha peraltro ritenuto (par. 10) che non fosse necessario garantire la partecipazione del Comune di Messina al procedimento amministrativo, vista l’urgenza di provvedere alla tempestiva rimozione dall’ordinamento giuridico dell’ordinanza (sulle garanzie partecipative cfr. Cons. St., sez. I, 9771/2004).
Non vi è dubbio come nel caso di specie, vista anche la tempistica dell’ordinanza e la data in cui il parere è stato reso, l’art. 7 l. n. 241/1990 legittimi certamente il sacrificio del contraddittorio procedimentale (per quanto il Comune di Messina sia riuscito a far giungere direttamente al Consiglio dei Ministri del 9 aprile il proprio apporto procedimentale, ritenuto nel merito non decisivo).
Tuttavia, più in generale, riteniamo che la riconducibilità dell’art. 138 TUEL nell’alveo del potere sostitutivo ex art. 120, 2° comma, Cost. imporrebbe, quale bilanciamento della compressione dell’autonomia locale, un rafforzamento delle garanzie partecipative (finanche rispetto agli artt. 7 e 10 l. n. 241/1990), in conformità al principio di leale collaborazione ex art. 120, 3° comma, Cost. In questa logica potrebbe ritenersi applicabile in via analogica quanto previsto dall’art. 8, 1° comma, l. n. 131/2003, secondo cui è assegnato “all’ente interessato” un congruo termine per adottare “i provvedimenti dovuti o necessari”, dovendo intendersi con tale nozione ai fini dell’art. 138 TUEL (non quelli in luogo dell’inerzia ma) quelli di annullamento in autotutela dei provvedimenti precedentemente adottati; soltanto una volta decorso tale termine il Governo potrebbe esercitare il potere di annullamento straordinario.
 
 
7. L’interesse del Governo all’annullamento e non alla mera dichiarazione di inefficacia
Nel parere (par. 9) si osserva altresì come la sanzione di inefficacia prevista espressamente dall’art. 3, 2° comma, d.l. n. 19/2020 per le ordinanze contingibili ed urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza in contrasto con le misure statali o eccedenti il limite di cui al 1° comma non faccia venir meno l’interesse dello Stato al tempestivo annullamento dell’ordinanza, viste la esigenza di rimozione dell’ordinanza per ragioni di “chiarezza e univocità dei precetti a cui i cittadini devono attenersi”.
Si tratta di un interesse che la giurisprudenza aveva già qualificato come un interesse statale che deve configurarsi come concreto e attuale sia al momento dell’attivazione del procedimento sia al momento della rimozione (cfr. già Tar Lazio, 4.7.1987 n. 1180; Tar Abruzzo, 2.9.1987 n. 312).
In altre parole la vicenda in esame palesa tutta l’inutilità giuridica della suddetta sanzione dell’inefficacia, al di fuori della tutela giurisdizionale demolitoria (attivabile da parte di un cittadino) e di quella demolitoria straordinaria (attivabile dal Governo), che analogamente producono effetti ex tunc nonché analogamente caducanti degli atti meramente consequenziali.
Nello stesso parere peraltro si fornisce un contributo alla delimitazione degli spazi residui per l’adozione del potere dei sindaci, individuando le seguenti condizioni (par. 8.5).
Il Comune di Messina, a seguito dell’annullamento, ha chiuso l’evocativo sito www.sipassaacondizione.comune.messina.it, sul quale venivano registrate le domande.
Nel sito oggi si legge “Preso atto della delibera del 9 aprile 2020 del Consiglio dei Ministri, con la quale è stata accolta la richiesta del Ministro dell’Interno avente ad oggetto l’annullamento straordinario ex art. 138 D. Lgs. N. 267/2000 dell’O.S. n. 105 del 5 aprile 2020; si sospende la piattaforma on-line, con disapplicazione delle domande di registrazione sulla detta banca dati fino alla definizione del procedimento”.
Lo stretto Messina non si “chiude”, almeno con ordinanza comunale.
 
Nicola Pignatelli
(Professore Associato di Istituzioni di Diritto Pubblico nell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”)
Pubblicato il 14 aprile 2020
 
 

[1] Il presente contributo è stato pubblicato in data 12.4.2020 in www.dirittiregionali.it
[2] Per un inquadramento dell’istituto cfr. A. Pertici, art. 138 TUEL, in C. Napoli, N. Pignatelli  (a cura di), Codice degli Enti locali, Roma, 2019, 774 ss.
[3] V. Cerulli Irelli, Commento all’art. 8, in AA.VV., La legge “La Loggia”, Rimini, 2003, 179; F. Pinto, Diritto degli Enti locali, Torino, 2003, 387; R. Cameli, Poteri sostitutivi del Governo e autonomia costituzionale degli Enti territoriali, in Giur cost., 2004, 3402; G. Vesperini, Gli Enti locali, Roma, Bari, 2004, 103; Brunetti, Considerazioni sul potere di annullamento di cui all’art. 138 TUEL e sulla riconducibilità all’art. 120, comma 2 Cost., in Dir. Amm., 2006, 721
[4] L. Sambucci, Annullamento governativo degli atti degli Enti locali e sistema costituzionale delle autonomie, in www.contabilitàpubblica.it, 2012, 11 ss.
[5] Sulla problematica del sollevamento della questione di costituzionalità nel processo amministrativo sia consentito rinviare a N. Pignatelli, Le “interazioni” tra processo amministrativo e processo costituzionale in via incidentale, Torino, 2008.
[6] In dottrina cfr. E. Cannada Bartoli, Annullabilità e annullamento, in Enc. dir., 1958, 492; F. Cuocolo, Conflitti di attribuzioni; interessi regionali; potere governativo di annullamento di atti amministrativi illegittimi, in Giur. cost., 1966, 58.
[7] Cfr. A. Pitino, Il potere governativo di annullamento straordinario degli atti amministrativi illegittimi, in Le Regioni, 2006, 1146 ss.

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