Edilizia – Abusi – Condanna ex art. 28, l. n. 689 del 1981 – Natura – Conseguenza in termini di prescrizione
Sia che si ritenga che la previsione di cui all’art. 167, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 vada ascritta al novero delle “sanzioni amministrative” disciplinate dalla l. 24 novembre 1981, n. 689 sia che si privilegi la tesi per cui l’obbligazione prevista ex art. 167 citato abbia natura risarcitoria-ripristinatoria od indennitaria le conseguenze, in punto di prescrizione del diritto dell’Amministrazione a pretendere la somma dovuta dal responsabile non mutano; nel primo caso, la disciplina si rinverrebbe sub art. 28, l. n. 689 del 1981, conm conseguente applicabilità della prescrizione quinquennale; nel secondo caso, una volta che la competente amministrazione abbia deliberato la compatibilità esercitando la propria lata discrezionalità tecnica investente il profilo della non rilevante compromissione del paesaggio ed il quantum che costituisce alternativa all’obbligo del ripristino, pur sempre inizierebbe a prescriversi il diritto della stessa a pretendere il pagamento della somma suddetta; laddove la richiesta di nulla osta rivolta alla Soprintendenza si inserisca in una vicenda condonistica, il provvedimento espresso di nulla osta (e quindi di compatibilità dell’abuso con il paesaggio) o il silenzio assenso formatosi, ed anche l’eventuale contestuale determinazione discrezionale della somma dovuta dal privato non integrano (ancora) il dies a quo a partire dal quale inizierebbe a maturare la prescrizione della pretesa pecuniaria avanzata ex art. 167 citato: essa decorre invece dal rilascio del condono da parte dell’amministrazione comunale: nei casi in cui, invece, il nulla osta della Soprintendenza (ed annesso, discrezionale, giudizio di compatibilità) sopravvenga al provvedimento di concessione in sanatoria, il dies a quo di maturazione della prescrizione quinquennale coincide con l’esercizio della valutazione da parte dell’Autorità preposta al vincolo paesaggistico (1).
(1) Ha chiarito il C.g.a. che parte della giurisprudenza ha ritenuto che la disposizione di cui all’art. 167, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 si ascriva nel novero delle sanzioni amministrative (Cons. Stato, sez. V, 24 aprile 1980, n. 441; id. 24 novembre 1981, n. 700 e 702; id., sez. VI, 29 marzo 1983 n. 162; C.g.a, sez. cons., 16 novembre 1993, n. 452; id., sez. giur., 13 marzo 2014, n. 123; id. 17 febbraio 2017, n. 58; 23 marzo 2018, n. 168).
Detta tesi, si fonda principalmente sulla considerazione che tanto l’art. 15, l. 29 giugno 1939, n. 1497 (antesignano storico della disposizione in esame) quanto il successivo art. 164, d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 facevano riferimento al concetto di “indennità” (e non di sanzione) e si riferivano al “trasgressore” mentre sub art. 167, comma 5, d.lgs. n. 42 del 2004si esplicita la nozione di “sanzione”. Tale disposizione, quindi, (espressiva di un precetto prima previsto dall’art. 15, l. n. 1497 del 1939) non avrebbe natura risarcitoria ma di sanzione amministrativa applicabile a prescindere dal danno ambientale effettivamente arrecato (Cons. Stato, sez. II 4 maggio 2020, n. 2840; id. 13 luglio 2006, n. 4420; id., sez. IV, 17 settembre 2013, n. 4631; id., sez. II, 12 febbraio 2020, n. 1090). Limitando l’esposizione agli elementi che rilevano nella causa in esame, si ritiene, la applicabilità alla fattispecie del principio di cui all’art. 28, l.24 novembre 1981, n. 689 (manifestando tuttavia qualche difformità di vedute circa il momento di individuazione del dies a quo a partire dal qual far decorrere la prescrizione).
Altro orientamento riconosceva la natura “risarcitoria ripristinatoria” della fattispecie in esame, e purtuttavia, si riteneva (in punto di prescrizione) pur sempre applicabile la l. n. 689 del 1981 (e segnatamente l’art. 28: “Il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione. L’interruzione della prescrizione è regolata dalle norme del codice civile.”) in quanto detta sanzione prevista dall’art. 167 è determinata in una somma pecuniaria.
Come è noto, più di recente, ha trovato affermazione una linea di tendenza che, è pervenuta a conclusioni almeno in parte difformi, spingendosi sino a sostenere che l’obbligazione prevista ex art. 167 citato abbia natura risarcitoria-ripristinatoria od indennitaria, ed alla stessa non possano applicarsi i precetti di cui alla l. n. 689 del 1981.
Ad avviso di tale approccio interpretativo (Cons. Stato, sez. IV, 31 agosto 2017, n. 4109 e, più di recente Cons. Stato, II, 30 ottobre 2020, n. 6678) posto che alle sanzioni pecuniarie sostitutive di una misura ripristinatoria di carattere reale, per consolidata giurisprudenza non si applica la l. n. 689 del 1981 (Cons. Stato, sez. VI, 20 ottobre 2016, n. 4400) una volta riconosciuta tale natura a quella sub art. 167, d.lgs. n. 42 del 2004 deve escludersi che i precetti di cui alla citata legge generale sulle sanzioni amministrative possano trovare applicazione a tal riguardo.
Dalla stessa dovrebbe per coerenza conseguire l’inapplicabilità del citato art. 28.
C.g.a. 9 febbraio 2021, n. 95 – Pres. Taormina, Est. Caleca
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