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Urbanistica. Sanatoria e sospensione del procedimento
Pubblicato: 14 Luglio 2020
Cass. Sez. III n. 19982 del 3 luglio 2020 (UP 17 gen 2020)

La sospensione del procedimento penale per violazioni edilizie, prevista dall’art. 45 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (in relazione all’art. 36 del citato d.P.R.), è limitata al termine di sessanta giorni dalla data del deposito della domanda di concessione in sanatoria, in quanto riguarda i tempi necessari per la definizione della procedura amministrativa, per la quale consumato detto termine senza che la domanda sia stata accolta, la stessa si intende esaurita per silenzio rifiuto. Il fatto che la norma faccia riferimento all’esercizio dell’azione penale legittima la conclusione che, qualora venga richiesto l’accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001, la mancata sospensione del procedimento da parte del giudice, in assenza di una espressa previsione normativa, non determina alcuna lesione al diritto di difesa, potendo l’interessato far valere l’esistenza o la sopravvenienza della causa estintiva del reato nei successivi gradi di giudizi

RITENUTO IN FATTO

    1. Il sig. Giovanni Vitale ricorre per l’annullamento della sentenza del 09/04/2019 della Corte di appello di Palermo che, rigettando la sua impugnazione, ha confermato la condanna alla pena di sei mesi di arresto e 16.100,00 euro di ammenda inflitta dal Tribunale di Marsala per il reato di cui agli artt. 81, primo comma, cod. pen., 44, lett. c), 95, d.P.R. n. 380 del 2001, 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004, accertato in Campobello di Mazara il 10/11 marzo 2015.

        1.1. Con il primo motivo lamenta la mancata sospensione del procedimento penale in attesa dell’esaurimento dei procedimenti amministrativi avviati il 09/04/2015 con la richiesta di permesso di costruire in sanatoria ed il 16/04/2015 con la richiesta di compatibilità paesaggistica.

        1.2. Con il secondo motivo lamenta la mancata applicazione art. 131-bis cod. pen. sotto il profilo del malgoverno della speciale causa di non punibilità e del vizio di motivazione carente e manifestamente illogica sul punto.

        1.3. Con il terzo motivo lamenta l’eccessiva severità del trattamento sanzionatorio e deduce l’erronea applicazione dell’art. 133 cod. pen. e vizio di motivazione carente e manifestamente illogica sul punto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

    2. Il ricorso è inammissibile.

    3. Il ricorrente non contesta la affermazione della sua responsabilità penale. E’ dunque certo che, senza essere in possesso del permesso di costruire e delle autorizzazioni delle autorità preposte ai vincoli paesaggistico e sismico gravanti sull’area e senza averne dato preavviso scritto all’ufficio tecnico della Regione,  procedette alla ristrutturazione di un fabbricato destinato a magazzino (mediante la realizzazione di una nuova copertura a falde, la collocazione di nuovi infissi, la predisposizione di un bagno e di un soppalco) e alla realizzazione ‘ex novo’ di una piattaforma in battuto cementizio.

        3.1. Oggetto del primo motivo è l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’art. 45, d.P.R. n. 380 del 2001, norma del tutto negletta dai giudici di merito che, afferma, non hanno sospeso il processo nonostante il 06/10/2017 il Comune di Campobello di Mazara avesse espresso parere favorevole alla sanatoria subordinatamente al rilascio del nulla osta della Sovrintendenza e del Genio civile, quest’ultimo ottenuto il 24/09/2018.

        3.2. Il rilievo è manifestamente infondato.

        3.3. Osserva, in primo luogo, il Collegio che l’art. 45, d.P.R. n. 380 del 2001, si applica ai soli procedimenti amministrativi di sanatoria menzionati dall’art. 36, stesso d.P.R., norma, quest’ultima, applicabile ai soli interventi realizzati in assenza di (o in difformità da) permesso di costruire (o altro titolo equipollente). Ne restano esclusi, pertanto, gli interventi realizzati in zona sismica in violazione degli artt. 93 e 94, d.P.R. n. 380 del 2001 e, naturalmente, quelli realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico in assenza di autorizzazione dell’autorità preposta al vincolo. Ne consegue che la sanatoria eventualmente rilasciata a fini antisismici non ha alcuna efficacia estintiva del reato previsto dall’art. 95, d.P.R. n. 380 del 2001.

        3.4. Costituisce, infatti, principio consolidato di questa Corte che il permesso di costruire in sanatoria estingue esclusivamente i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, non quelli previsti dalla normativa antisismica e sulle opere di conglomerato cementizio che hanno una oggettività giuridica diversa da quella riguardante il corretto assetto del territorio (Sez. 3, n. 54707 del 13/11/2018, Rv. 274212; Sez. 7, n. 11254 del 20/10/2017, Rv. 272546; Sez. 3, n. 38953 del 04/07/2017, Rv. 270792; Sez. F. n. 44015 del 04/09/2014, Rv. 261099; Sez. 3, n. 11271 del 17/02/2010, Rv. 261099).

        3.5. L’inizio del procedimento di accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi realizzati in assenza o in difformità dall’autorizzazione non determina alcuna sospensione del processo penale il quale non tollera sospensioni diverse da quelle previste dalla legge.

        3.6. Resta dunque la questione relativa alla dedotta omessa sospensione del processo in conseguenza della presentazione della richiesta di rilascio di permesso di costruire in sanatoria. L’art. 45, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001, dispone infatti che «l’azione penale relativa alle violazioni edilizie rimane sospesa finché non siano stati esauriti i procedimenti amministrativi di sanatoria di cui all’art. 36». L’art. 36, comma 3, stabilisce che «sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata».

        3.7. Orbene, sarebbe sufficiente notare che, a distanza di quasi cinque anni dalla richiesta di permesso in sanatoria del 09/04/2015, tale provvedimento non risulta ancora rilasciato, con quanto ne consegue in termini di formazione del silenzio-rifiuto e di conseguente irrilevanza pratica della questione dedotta (sulla natura di silenzio-rifiuto dell’inutile decorso del termine di sessanta giorni, cfr. Sez. 3, n. 17954 del 26/02/2008, Termini, Rv. 240234; Sez. 3, n. 33292 del 28/04/2005, Pescara, Rv. 232181; Sez. 3, n. 16706 del 18/02/2004, Brilla, Rv. 227960; Sez. 3, n. 10640 del 30/01/2003, Petrillo, Rv. 224353). Deve essere aggiunto che l’art. 45, comma 1, d.P.R. n. 380, cit., fa riferimento all’esercizio dell’azione penale e che, nel caso di specie, l’azione è stata esercitata con decreto di citazione diretta a giudizio del 30/05/2016, atto successivo di ben oltre un anno dall’avvio del procedimento amministrativo.  

        3.8. Come reiteratamente ribadito da questa Corte, la sospensione del procedimento penale per violazioni edilizie, prevista dall’art. 45 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (in relazione all’art. 36 del citato d.P.R.), è limitata al termine di sessanta giorni dalla data del deposito della domanda di concessione in sanatoria, in quanto riguarda i tempi necessari per la definizione della procedura amministrativa, per la quale consumato detto termine senza che la domanda sia stata accolta, la stessa si intende esaurita per silenzio rifiuto (Sez. F, n. 34938 del 09/08/2013, Rv. 256714; Sez. 3, n. 17954 del 26/02/2008, Rv. 240233 – 01; Sez. 3, n. 33292 del 28/04/2005, Rv. 232181; Sez.  3, n. 16706 del 18/02/2004, Rv. 227960).

        3.9. Il fatto che la norma faccia riferimento all’esercizio dell’azione penale legittima la conclusione (che deve essere qui ribadita) che, qualora venga richiesto l’accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001, la mancata sospensione del procedimento da parte del giudice, in assenza di una espressa previsione normativa, non determina alcuna lesione al diritto di difesa, potendo l’interessato far valere l’esistenza o la sopravvenienza della causa estintiva del reato nei successivi gradi di giudizio (Sez. 3, n. 51599 del 28/09/2018, Rv. 274095; (Sez. 3, n. 33292 del 28/04/2005, Pescara, Rv. 232181, non massimata sul punto).

        3.10. Ad oggi, come detto, la detta causa estintiva non risulta sopravvenuta.

    4. Il secondo motivo è proposto per motivi non consentiti dalla legge nella fase di legittimità

        4.1. La Corte di appello ha rigettato la richiesta di applicazione della speciale causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. in considerazione delle dimensioni non irrilevanti del volume illecitamente realizzato e della pluralità e diversità degli interessi lesi con la realizzazione dell’opera.

        4.2. Il ricorrente deduce la natura modesta dell’intervento supportando tale affermazioni con allegazioni in fatto (testimonianza del dipendente dell’ufficio tecnico comunale) non ammissibili in questa sede. Ma la esiguità del pericolo (o del danno) è concetto ben diverso dalla “modesta gravità concreta” del fatto dedotta dal ricorrente. La natura esigua del danno (o del pericolo) concorre a rendere non punibile un fatto che è comunque offensivo, sicché essa non può essere confusa con le ipotesi di “lieve entità” o di “minore gravità” o, più in generale, la modestia del fatto che attenuano il reato, senza escluderne l’offensività. Si tratta di concetti non sovrapponibili che collocano la non punibilità per particolare tenuità del fatto nella angusta area tra la totale inoffensività della condotta e il reato attenuato dalla sua lieve entità, modestia o minore gravità. Si tratta, dunque, di accertamento che deve essere effettuato caso per caso, non potendosi escludere l’esiguità del danno (o del pericolo) in base a valutazioni astratte ma nemmeno in base a interpretazioni eccessivamente dilatate dell’istituto e distoniche rispetto alla sua finalità.

    5. Anche le censure relative al trattamento sanzionatorio, formulate con il terzo motivo, sono proposte per motivi non consentiti dalla legge nella fase di legittimità.

        5.1. In sede di legittimità, infatti, non conta come il giudice avrebbe potuto decidere ma come ha deciso. Ciò perché la determinazione della pena è affare esclusivo del giudice di merito il quale deve (solo) dar conto dell’esercizio della propria discrezionalità (art. 132 cod. pen.).

        5.2. Un motivo con cui si chiede alla Corte di cassazione di rideterminare e ridurre la pena non costituisce critica argomentata alla determinazione fatta dal giudice di merito e, sopratutto, costituisce un petitum più adeguato ad uno scritto difensivo diretto a un giudice di merito che al giudice di legittimità.

        3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 17/01/2020.

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