tratto da lasettimanagiurdica.it - autore Santo Fabiano

Consiglio di Stato 2089/2021

(SF) Il diritto di accesso dei consiglieri comunali non può considerarsi come un “diritto tiranno” nei confronti di altre situazioni meritevoli di tutela e non può considerarsi “incondizionato”. È quanto affermano i giudici di Palazzo Spada chiamati a esprimersi riguardo una richiesta di un consigliere finalizzata a ottenere l’elenco dei cittadini che hanno chiesto di ottenere i benefici economici disposti dalla normativa relativa alla emergenza Covid.

Il richiedente, ottenendo dal Comune un i dati aggregati sulle erogazioni dei benefici e un elenco epurato dai nominativi, ma con il riferimento al protocollo, non si è ritenuto soddisfatto e ha presentato ricorso al TAR che lo ha accolto.

Il Comune si è rivolto, quindi, al Consiglio di Stato che ha ritenuta corretta la decisione del Comune “La conoscenza dei nominativi dei soggetti in condizione economica disagiata, non strumentale all’esercizio delle funzioni di indirizzo politico-amministrativo si tradurrebbe quindi in un inutile sacrificio delle ragioni di riservatezza di questi ultimi.”

Peraltro i giudici di Palazzo Spada affermano che “non induce in contrario rispetto a quanto finora rilevato il fatto che ai sensi dell’art. 43, comma 2, t.u.e.l. il consigliere comunale sia tenuto al segreto sui dati e le informazioni di cui è venuto a conoscenza all’esito dell’accesso agli atti dell’amministrazione (diversamente quindi da quanto ritenuto da questa Sezione nella sentenza del 5 settembre 2014, n. 4525, richiamata dall’originario ricorrente a fondamento del proprio ricorso).

In termini generali il segreto è un obbligo che si riferisce all’uso di dati e informazioni legittimamente acquisiti, mentre nel presente giudizio si controverte proprio sulla legittimità di tale acquisizione. Nel caso specifico l’obbligo del consigliere comunale di attenersi al segreto comporta che i dati e le informazioni acquisite siano utilizzati esclusivamente per l’esercizio del suo mandato e a vietare per contro qualsiasi uso privato.

Lo stesso obbligo non tutela invece la riservatezza delle persone, la quale verrebbe comunque lesa se l’accesso venisse consentito. A conferma di ciò va evidenziato che la strumentalità del diritto previsto dall’art. 43, comma 2, t.u.e.l. alla carica consiliare comporta, per la pubblicità delle sedute dell’organo consiliare, nella quale le prerogative di indirizzo e controllo sull’operato degli uffici comunali sono destinate ad essere esercitate, una potenziale conoscibilità erga omnes dei dati e delle informazioni riservate, con inerente aggravamento della lesione della riservatezza delle persone che solo il diniego di accesso può salvaguardare.

A giudizio di chi scrive l’ultimo periodo è una forzatura rispetto alla questione, poiché  la richiesta non riguardava la pubblicazione dei nomi in Consiglio. Peraltro, la decisione adottate riguarda il diniego rispetto all’elenco. Ma non potrà essere negato al Consigliere l’accesso a una singola pratica, tra quelle elencate e di cui viene fornito il numero di protocollo.

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