tratto da luigioliveri.blogspot.it
Irragionevoli le Linee Guida sul Rup
C’era da temere che l’Anac non avrebbe cambiato rotta sulle linee guida relative al responsabile unico del procedimento, mantenendo così ferma la propria visione degli appalti, chiaramente a misura di stazioni appaltanti di enormi dimensioni, con dovizia di dipendenti.
Saltano, dunque, all’occhio almeno tre evidentissime indicazioni da considerare del tutto irragionevoli.
1. Rup e commissario/presidente della commissione giudicatrice. La più clamorosa delle previsioni irragionevoli delle linee guida 3/2016 riguarda il problema della compatibilità tra ruolo di Rup e quello di commissario o presidente della commissione giudicatrice: ovviamente, si parla dell’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Le linee guida affermano: “Il ruolo di RUP è, di regola, incompatibile con le funzioni di commissario di gara e di presidente della commissione giudicatrice (art. 77, comma 4 del Codice), ferme restando le acquisizioni giurisprudenziali in materia di possibile coincidenza”.
Un clamoroso esempio di soft law, talmente soft da non essere nemmeno law, ma un’affermazione del tutto vuota: una linea guida che non guida, ma lascia aperto il problema a qualsiasi eventualità e alle decisioni della giurisprudenza.
Per un verso, l’Anac stessa conferisce alla propria indicazione una fisionomia di genericità e assenza di vincolatività, nel momento in cui la accompagna alla formula “di regola”, come noto utilizzata quando un determinato precetto risulti per sua natura non vincolante. Strano: il Consiglio di stato, sicuramente in modo inopportuno, ha considerato le previsioni delle linee guida sul Rup come vincolanti, anche se ha limitato questa indicazione al solo comma 5 dell’articolo 31 del d.lgs 50/2016 (scatenando così i problemi connessi all’ulteriore irragionevole contenuto delle linee guida 3/2016 sui requisiti professionali, come vedremo dopo).
Per altro verso, sempre l’Anac oltre ad invitare, sostanzialmente, ciascuna amministrazione a fare come meglio crede, alza le mani e richiamando “le acquisizioni giurisprudenziali” già formatesi, così da accogliere il pressante invito del Consiglio di stato, rinuncia totalmente a fare da “guida”. Infatti, nella sostanza, l’Anac rimette alla giurisprudenza la ricostruzione della questione.
La conclusione, quindi, è che le linee guida 3/2016 non forniscono alcuna indicazione precisa sulla questione della compatibilità del ruolo del Rup con quello di presidente o commissario della commissione giudicatrice. Le linee guida potevano e dovevano essere l’occasione per fornire un vademecum finalmente chiaro su un tema delicatissimo. Invece, sono una resa incondizionata al caos e allo sviluppo incontrollato del contenzioso.
2. Qualificazione professionale. Purtroppo il Consiglio di stato non ha avuto nulla da ridire in merito alle indicazioni dell’Anac sui requisiti professionali obbligatori dei Rup.
Il problema si pone in maniera gravissima per gli affidamenti di servizi e forniture. Riportiamo quanto ha stabilito l’Anac: “Per i servizi e le forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’art. 35 del Codice, il RUP è in possesso di diploma di istruzione superiore di secondo grado rilasciato da un istituto tecnico superiore al termine di un corso di studi quinquennale e un’anzianità di servizio ed esperienza di almeno cinque anni nell’ambito dell’affidamento di appalti e concessioni di servizi e forniture; Per i servizi e le forniture pari o superiore alle soglie di cui all’art. 35 del Codice, il RUP è in possesso di diploma di laurea triennale, magistrale o specialistica e di un’anzianità di servizio ed esperienza di almeno cinque anni nell’ambito dell’affidamento di appalti e concessioni di servizi e forniture. Possono svolgere, altresì, le funzioni di RUP coloro che sono in possesso di diploma di istruzione superiore di secondo grado rilasciato da un istituto tecnico superiore al termine di un corso di studi quinquennale e un’anzianità di servizio ed esperienza di almeno dieci anni nell’ambito dell’affidamento di appalti e concessioni di servizi e forniture”.
Non si capisce nella maniera più assoluta perché, secondo l’Anac, il Rup addetto a procedure di acquisizione di beni o servizi debba necessariamente possedere:
a) un diploma tecnico;
b) oppure, la laurea.
Le linee guida escludono del tutto diplomi non tecnici, come quelli rilasciati dai licei classici o scientifici. Come se tali diplomi non consentano di avere la qualificazione per comprare sul Me.Pa. carta o cancelleria o come se presso gli istituti tecnici sia insegnamento comune il codice dei contratti e il ruolo e le funzioni del Rup.
Si tratta di indicazioni totalmente irragionevoli e assurde, capaci solo di mettere in gravissima difficoltà gli enti di dimensioni medie e piccole, nei quali risulterà non poco difficoltoso reperire esattamente le professionalità così puntualmente pretese dall’Anac.
Le linee guida, per altro, non si sono dilungate a spiegare, come avrebbero dovuto, che il diplomato al classico, se possiede la laurea, come è in grado di svolgere le funzioni di Rup per le procedure sopra soglia, altrettanto lo può essere per le procedure sotto soglia. Il possesso del diploma deve essere considerato necessariamente come requisito minimo, assorbito chiaramente dalla laurea.
Per fortuna, le linee guida si astengono dal chiedere una laurea particolare.
Tuttavia, l’Anac dispone che “Per appalti che rivestono particolare complessità, vale a dire che richiedano necessariamente valutazioni e competenze altamente specialistiche, è necessario, il possesso del titolo di studio nelle materie attinenti all’oggetto dell’affidamento”. Anche in questo caso le linee guida restano piuttosto generiche: appare evidente come sia rimesso alla valutazione totalmente discrezionale delle amministrazioni valutare se l’appalto possa richiedere “necessariamente” valutazioni e competenze altamente specialistiche.
Inoltre, “per gli acquisti attinenti a categorie particolari di prodotti o servizi (es. dispositivi medici, dispositivi antincendio, sistemi informatici) la stazione appaltante può richiedere, oltre ai requisiti di anzianità di servizio ed esperienza di cui alle lettera a) e b), il possesso della laurea magistrale o quinquennale, di specifiche competenze e/o abilitazioni tecniche o dell’abilitazione all’esercizio della professione, se previsto dalle vigenti disposizioni di legge”. In questo caso, le indicazioni appaiono meno azzardate e più aderenti a necessità operative.
3. Qualifica di Project Manager. Il terzo punto di rilevante irragionevolezza emergente dalle linee guida è il seguente: “In ogni caso, a decorrere dalla data di entrata in vigore del nuovo sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti di cui all’art. 38 del Codice, a prescindere dall’importo del contratto, il RUP dovrà possedere, oltre ai requisiti già indicati nella presente lettera, la qualifica di Project Manager, essendo necessario enfatizzare le competenze di pianificazione e gestione dello sviluppo di specifici progetti, anche attraverso il coordinamento di tutte le risorse a disposizione, e gli interventi finalizzati ad assicurare l’unitarietà dell’intervento, il raggiungimento degli obiettivi nei tempi e nei costi previsti, la qualità della prestazione e il controllo dei rischi”.
Sarebbe il caso di informare l’Anac che la “qualifica” di project manager nella contrattazione collettiva pubblica nemmeno esiste. E’ una previsione, quella delle linee guida, totalmente estranea dalla realtà, che finirà per creare notevoli difficoltà.
Infatti, occorrerà:
1. mettersi d’accordo sui contenuti della “qualifica professionale” in oggetto e sulle mansioni ad essa connesse. Ribadito che nell’ambito della contrattualistica pubblica non esiste il riferimento, per capire di cosa si tratti, si può cercare nel sito dell’Isfol (Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori) http://professionioccupazione.isfol.it/ per verificare se esista una professione codificata alla quale ricondurre il project manager evocato dall’Anac. La professione c’è codificata come segue: “2.5.1.2.0 – Specialisti della gestione e del controllo nelle imprese private”. Come si nota, si tratta di una figura che lo stesso Isfol conferma non esistere nell’ambito pubblico. A conferma che all’Anac l’espressione “project manager” deve essere piaciuta molto, perché “fa tanto aziendalismo”, ma evidentemente senza aver prima verificato se la qualifica esista e cosa occorra per rivestirla. L’Isfol informa che le competenze richieste sono:
a. valutare e innovare le procedure di gestione dell’impresa
b. valutare i risultati economici dell’impresa
c. analizzare dati sulle vendite e produrre report
d. eseguire controlli di gestione (monitoraggio del budget, controllo dei costi, ecc.)
e. analizzare le operazioni finanziarie o gli investimenti
f. formulare previsioni economiche
g. controllare e supervisionare i processi produttivi o le attività svolte.
Chi sta pensando che queste mansioni hanno poco a che vedere con le attività principali del Rup ha, ovviamente, ragione. L’Anac vuole evidentemente calcare la mano sulla funzione di pianificazione finanziaria che dovrebbe caratterizzare il Rup, più ancora della funzione amministrativa.
2. Individuare un sistema di formazione e rilascio dell’attestato di qualifica. Posto che la qualifica non è ancora regolamentata da nessuna parte, si dovranno individuare le unità formative necessarie, le materie, i metodi di insegnamento, le prove di verifica e i sistemi di rilascio degli attestati, certificati da qualcuno. Il tutto, evidentemente, determinerà un costo immenso, visto che qualcuno dovrà pagare l’attività formativa, ed il rischio che nelle fasi iniziali del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti, moltissimi utilizzeranno corsi proposti a caro prezzo dai soggetti più disparati, con seri problemi di validità e credibilità degli attestati.
Il dato concreto è, purtroppo, che la soft law si conferma sempre di più estremamente deludente, poco incisiva, astratta dalla realtà e foriera di problemi e costi.
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