tratto da luigioliveri.blogspot.com
Trasparenza: obblighi sospesi solo per i dirigenti, non per i politici
Gli obblighi di pubblicazione della situazione patrimoniale sono da considerare sospesi per il 2020 e riguardano i dirigenti e i titolari di incarichi di vertice, ma non i politici.
Le modifiche alle previsioni dell’articolo 14, comma 1, lettera f), del d.lgs 33/2013, rese indispensabili ed obbligatorie dalla sentenza della Corte costituzionale 20/2019, e introdotte dal d.l. 162/2019, sono utilizzate dalla stampa generalista per una “campagna” che urla all’attentato contro la trasparenza, il cui esito è soltanto tanta confusione.
Da ultimo, su Il Sole 24 ore del 13 gennaio 2020 è un articolo a firma di Antonello Cherchi dal titolo “Accesso civico, la legge fa e il milleproroghe disfa” a suggerire una lettura dell’articolo 1, comma 7, del decreto “milleproroghe” secondo la quale esso sospenderebbe per tutti, anche gli organi di governo, gli obblighi di pubblicità previsti dal d.lgs 33/20913.
Tale tesi, tuttavia, non è condivisibile: la previsione contenuta nell’articolo 1, comma 7, del d.l. 162/2019, certamente non troppo chiara, va in un’altra direzione.
Sul piano strettamente letterale, la disposizione sospende apparentemente solo l’applicazione degli articoli 46 e 47 del d.lgs 33/2013. Il primo, sanziona “l’inadempimento degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente e il rifiuto, il differimento e la limitazione dell’accesso civico, al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 5-bis”, che viene considerato elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all’immagine dell’amministrazione e possibile spunto per incidere sulla retribuzione di risultato. L’articolo 47 interviene espressamente con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 10.000 euro e pubblicazione del provvedimento sul sito internet dell’amministrazione o organismo interessato nel caso di mancata comunicazione dei dati patrimoniali.
Si sta diffondendo la tesi secondo la quale la sospensione travolge tutti gli obblighi di pubblicazione e le sanzioni incombenti sui dirigenti, visto che l’articolo 46 parla di inadempimento di tutti gli obblighi “previsti dalla normativa vigente”.
Tale conclusione non è corretta. La sospensione non può che riguardare il solo obbligo di pubblicazione della situazione patrimoniale e non certo tutti gli altri obblighi di pubblicità a carico dei dirigenti. Lo spiega, sebbene solo implicitamente, lo stesso comma 7 nell’indicare quale sia il fine delle proprie previsioni: la necessità di adottare “provvedimenti di adeguamento alla sentenza della Corte costituzionale 23 gennaio 2019, n. 20”.
Tale sentenza ha stabilito che la pubblicazione dei dati patrimoniali può considerarsi costituzionalmente legittima solo per i dirigenti dei massimi vertici amministrativi dei ministeri, in quanto essi per un verso contribuiscono alla determinazione dell’indirizzo politico e per altro verso ricevono l’incarico anche in relazione all’esplicita “personale adesione” al medesimo indirizzo politico. Tali dirigenti, quindi, al pari degli organi di governo, debbono l’incarico almeno in parte all’espressione del consenso elettorale e, quindi, per la Consulta un controllo sull’evoluzione dei loro patrimoni non è lesivo della privacy.
Lo è, al contrario, per gli altri dirigenti: la sentenza, comunque, ha assegnato al Legislatore il compito di specificare se e quali dirigenti pubblici siano gravati da tali obblighi.
La precisazione contenuta nel comma 7 dell’articolo 1 del d.l. 162/2019, quindi, dimostra che la sospensione della vigilanza e delle sanzioni non riguarda gli organi di governo e che è limitata alla sola pubblicazione dei dati reddituali e patrimoniali. Del resto, la sentenza 20/2019 della Corte costituzionale riguarda esclusivamente i dirigenti pubblici. Ogni lettura tendente ad estendere la sospensione degli obblighi di pubblicazione oltre la sfera dei dirigenti pubblici appare solo una forzatura.
Che non si tratti di una mera sospensione della vigilanza e delle sanzioni, ma di una sospensione proprio degli obblighi lo dimostra la circostanza che il Legislatore in modo espresso dichiara di voler attuare la sentenza 20/2019 della Corte costituzionale mediante un regolamento delegato di delegificazione, col quale sancisce due fondamentali criteri: a) gli obblighi di pubblicazione dei dati saranno graduati in proporzione alla rilevanza esterna ed ai poteri concreti dei dirigenti; b) comunque, i dati patrimoniali non saranno più oggetto di pubblicazione nei siti, ma solo di deposito presso le amministrazioni di appartenenza.
Il Legislatore, tuttavia, ha esteso la sospensione degli obblighi e delle sanzioni e della vigilanza sugli obblighi concernenti i dati patrimoniali anche ad una categoria di soggetti non presa in considerazione dalla Corte costituzionale: i “titolari di incarichi o cariche di amministrazione, di direzione o di governo comunque denominati”, menzionati insieme ai dirigenti dall’articolo 14, comma 1-bis, del d.lgs 33/2013.
Non si tratta di organi di governo elettivi. L’articolo 1, comma 7, del d.l. 162/2019 con la delega regolamentare di fatto sottende ad un riordino complessivo della materia e poiché detti titolari degli organi di vertice (quali, ad esempio, direttori generali, amministratori delegati o cariche simili di enti pubblici economici e non) hanno molte affinità con i dirigenti di massimo vertice dei ministeri, ai quali pure per il 2020 si applica la “moratoria”, correttamente il legislatore ha esteso anche a tali soggetti la sospensione delle sanzioni e degli obblighi. L’ultima parola la dirà il regolamento.
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