Edilizia – Atti unilaterali d’obbligo – Nullità – Disciplina.
Edilizia – Atti unilaterali d’obbligo – Area non completamente urbanizzata – Violazione artt. 11, l. n. 10 del 1977, 16, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001 e 28, l. n. 1150 del 1942 – Esclusione.
Gli atti unilaterali d’obbligo associati alla concessione ad aedificandum, siccome propedeutici al rilascio del permesso di costruire in area priva di idonea urbanizzazione, vanno letti in ottica procedimentale e quindi pubblicistica, di guisa che una loro eventuale nullità sia ricondotta al paradigma normativo di cui all’art. 21 septies, l. n. 241 del 1990 e verificata non guardando all’atto unilaterale d’obbligo nella sua potenziale veste negoziale quanto invece valorizzandone il profilo teleologico che lo attrae alla piattaforma provvedimentale. (1).
Il rilascio di atti unilaterali d’obbligo da parte del richiedente un titolo edilizio in area non completamente urbanizzata, per la loro natura servente ed endoprocedimentale, non collide né con l’art. 11, l. n. 10 del 1977 (ora art. 16, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001) né con l’art. 28, l. n. 1150 del 1942: non con il primo, perché esso trae fondamento dall’elemento volontaristico che sottende la stessa domanda edificatoria, altrimenti non accoglibile; non con il secondo, perché la mancata previsione urbanistica della necessaria interposizione della pianificazione di dettaglio non elide l’esigenza – alla quale soggiace l’impegno surrogatorio della parte privata – di portare a compimento il processo di urbanizzazione dell’area (2).
(1) Ha chiarito la Sezione che gli atti d’obbligo, proprio in quanto ‘unilaterali’, presentano peculiarità tali da aver meritato nel tempo un autonomo spazio nel dibattito dottrinario e giurisprudenziale. Essi, cioè, pur appartenendo al più ampio genus degli atti negoziali e dispositivi coi quali il privato assume obbligazioni, si caratterizzano per essere teleologicamente orientati al rilascio del titolo edilizio nel quale sono destinati a confluire. E’ stato pertanto affermato che essi non rivestono un’autonoma efficacia negoziale, ma incidono tramite la stessa sul provvedimento cui sono intimamente collegati, tanto da divenirne un “elemento accidentale”, mutuando la terminologia di cui alla nota sistematica civilistica che distingue tra essentialia e accidentalia negotii (Cons. Stato, sez. IV, 26 novembre 2013, n. 5628; Cass., Sez. Un., 11 luglio 1994, n. 6527; id. 20 aprile 2007, n. 9360).
I più recenti arresti convergono piuttosto sulla accentuazione della funzione di individuazione convenzionale del contenuto di un provvedimento che l’amministrazione andrà ad emettere a conclusione del procedimento preordinato all’esercizio della funzione urbanistico-edilizia, appunto. Si è perciò affermato che la convenzione, stipulata tra un Comune e un privato costruttore, con la quale questi, al fine di conseguire il rilascio di un titolo edilizio, si obblighi ad un facere o a determinati adempimenti nei confronti dell’ente pubblico (quale, ad esempio, la destinazione di un’area ad uno specifico uso, cedendola), non costituisce un contratto di diritto privato, ma neppure ha specifica autonomia e natura di fonte negoziale del regolamento dei contrapposti interessi delle parti stipulanti, configurandosi come atto intermedio del procedimento amministrativo volto al conseguimento del provvedimento finale, dal quale promanano poteri autoritativi della pubblica amministrazione”.
Si lascia quindi preferire un’impostazione pubblicistica, che, ponendo in luce il carattere accessivo dell’atto unilaterale d’obbligo, consente di escludere che esso si esaurisca nel modulo negoziale non avendo una funzione autonoma quanto servente ai fini del rilascio del titolo; e ciò in disparte l’oggetto dell’obbligo di parte privata, ora consistente nella diretta realizzazione delle opere di urbanizzazione ora nella cessione di un’area ora, infine, nella costituzione di una servitù di uso pubblico.
E’ proprio la dimensione funzionale degli atti unilaterali di obbligo che deve guidare la ricerca del suo fondamento legale non traducendosi in una sorta di obbligo a contrarre quanto nella inserzione, nella rinnovata complessità del provvedimento abilitativo, di un elemento accidentale che risponde all’esigenza propria dell’Amministrazione di assicurare una completa ed esauriente urbanizzazione consentendo così quella edificazione privata altrimenti preclusa.
L’intervento del privato a tali fini assume quindi una valenza surrogatoria e di supplenza della mano pubblica, che ben si inquadra in quella consensualità del potere che storicamente si è affermata in materia urbanistica prima con la lottizzazione convenzionata, quindi con l’ampio e multiforme fenomeno della perequazione urbanistica. Calato in siffatto contesto, l’atto unilaterale d’obbligo non solo perde quella carica autoritativa di cui l’appellante discorre, auspicando la ricerca di un suo specifico referente normativo, quanto riflette una dimensione funzionale che lo atteggia ad elemento propedeutico al rilascio del titolo edilizio invece che un atto a sé stante frutto di una determinazione eteroimposta. Deve quindi concludersi sul punto nel senso che la deduzione di nullità per difetto assoluto di attribuzione non trova riscontro ab origine in quanto è lo stesso potere autoritativo che non si configura nel caso di specie, assumendo l’atto unilaterale d’obbligo il valore di atto strumentale al rilascio del titolo edilizio che, in disparte ogni altra considerazione, è atto emesso su istanza di parte. L’assunzione dei compiti di completamento dell’urbanizzazione dell’area consente infatti il rilascio della concessione edilizia cui mira il privato, rilascio altrimenti precluso da tale mancanza. L’assunzione quindi libera e non coartata dell’obbligo di eseguire le opere di urbanizzazione – in disparte ogni riferimento alla disciplina localmente vigente – consente di ritenere la vicenda attratta alla norma di cui all’art. 11, l. n. 10 del 1977 (ora art. 16 del testo unico edilizia) la cui formula lessicale (“può obbligarsi”) riflette proprio quella carica volontaristica che, come detto, connota la fattispecie accessiva al rilascio del titolo edilizio. Ad opinare diversamente, il fatto che il legislatore discorra espressamente di subordinazione all’atto d’obbligo del rilascio del titolo solo in caso di lottizzazione convenzionata non significa che esso non abbia cittadinanza anche nel caso della edificazione diretta, ovverosia non mediata dalla necessaria pianificazione attuativa, proprio in considerazione del suo fondamento volontaristico che è associato alla stessa domanda edificatoria, stante l’ineludibile (e non contestata) necessità vuoi di realizzare ab initio vuoi di completare le opere di urbanizzazione già esistenti ma ancora insufficienti. In altre parole gli atti unilaterali d’obbligo non mutano natura a seconda che si tratti o meno di una lottizzazione convenzionata cosicché essi sono comunque sostenuti dalla volontà del richiedente il titolo.
La necessità di subordinare il suo rilascio alla realizzazione di parte delle opere di urbanizzazione si palesa allo stesso modo sia nel caso di un’area vergine che già parzialmente urbanizzata cosicché, pur a voler enfatizzare la necessità di rinvenire un preciso referente normativo nel panorama ordinamentale in grado di suffragare la “tipicità” degli atti unilaterali d’obbligo ai fini del rilascio dei titoli ad aedificandum in aree suscettibili di edificazione diretta, può essere valorizzato a tale scopo (anche) l’art. 28, l. n. 1150 del 1942. La valorizzata natura volontaristica dell’impegno di parte privata consente, per altro verso, di escludere ogni possibile violazione del principio di riserva di legge in materia di imposizioni tributarie.
Cons. St., sez. II, 6 aprile 2021, n. 2773 – Pres. Cirillo, Est. Sabbato
Nessun tag inserito.